E’ tornato a Città di Castello, dove fu stampato nel 1539 da due tipografi ambulanti, Antonio Mazzocchi e Niccolò Gucci, il II libro dell’Eneide di Virgilio, tradotto in volgare da Ippolito de Medici. Una cinquecentina preziosa, ristampata ora in fedele copia facsimilare, all’interno di un cofanetto che ne contiene anche la trascrizione insieme a saggi critici sull’opera e sul suo autore, il cardinale Ippolito de’ Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico.
Il prezioso cofanetto “Alla ricerca dell’Eneide stampata in Civitate Castelli nel 1539”, editato in pieno lockdown dalla Pliniana Editrice, è stato curato dalla professoressa Giovanna Zaganelli, ordinario in Critica letteraria e Letteratura Comparata e in Semiotica del Testo all’Università per Stranieri di Perugia e coordinatore del Dottorato in Scienze letterarie, librarie, linguistiche e della comunicazione internazionale e da Sarah Bonciarelli, professore invitato all’Università di Louvain la Neuve (Belgio) e ricercatrice all’Università di Gand, nell’ambito del progetto di studio “Per una storia dei tipografi e librai: l’Alta Valle del Tevere”, sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Città di Castello in collaborazione con l’Università per Stranieri di Perugia. Un lavoro di quattro anni, condotto grazie al fondamentale supporto delle dottoresse di ricerca Chiara Gaiardoni e Martina Pazzi.
La presentazione di quest’opera è l’evento che ha aperto la 20esima edizione della Mostra del libro antico e della stampa antica di Città di Castello. Che quest’anno, a causa dell’emergenza Covid (www.mostralibroantico.it) è visitabile solo online fino a domenica 6 settembre.
La competenza e la determinazione di questo gruppo di ricerca tutto al femminile ha consentito anche di recuperare l’opera originale, conservata alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze, l’unica in Italia e una delle quattro esistenti al mondo: le altre tre copie, infatti, sono conservate, rispettivamente, a Londra, Harvard e Granada.
“In realtà è probabile che una tappa a Città di Castello – ha spiegato Giancarlo Mezzetti, direttore e curatore della Mostra – l’Eneide di Ippolito de Medici l’abbia fatta anche nel 1966, quando l’alluvione di Firenze colpì la Biblioteca nazionale centrale dove è conservata e molti volumi furono trasferiti nell’attuale museo Burri dei Seccatoi del tabacco”.
Di questa Eneide si erano perse le tracce e solo le fotocopie conservate nella Biblioteca di Città di Castello hanno spinto le curatrici a cercare questa cinquecentina introvabile. Ora disponibile, con la stampa del cofanetto, per studiosi e appassionati.
“Abbiamo scelto l’Eneide – ha detto a questo proposito Fabio Nisi, presidente della Fondazione Caricast e dell’Associazione Palazzo Vitelli a Sant’Egidio che promuove la Mostra in collaborazione con il Comune – per la sua storia speciale, diffusissima quando fu stampata e poi quasi persa. E perché creò un pubblico di lettori in volgare, cioè i primi lettori italiani. Ci è apparso – ha concluso Nisi – tutto molto connesso con la bibliofilia della Mostra e con l’opera di divulgazione della storia locale che stiamo portando avanti”.
Il volume, dedicato dal giovane cardinale Ippolito a Giulia Gonzaga, attraverso la similitudine tra l’incendio di Troia e l’incendio del suo cuore per la nobildonna, è una delle prime versioni cinquecentesche del poema latino, nella traduzione in endecasillabi sciolti, cioè liberi dalla rima.
“E’ un’opera interessantissima – ha spiegato la professoressa Zaganelli – dal punto di vista della fortuna di Virgilio, e segna il percorso del volgare, che diventa una lingua in grado di acquisire una sua autonomia, quando le tipografie diventano straordinari laboratori di cultura e di diffusione della lingua stessa. E dunque una ulteriore conferma della ricchezza della cultura tipografica tifernate ed umbra”.
Alla presentazione è intervenuto il professor Alessandro Scarsella della Università Ca’ Foscari di Venezia, che ha illustrato il momento storico in cui Ippolito de’ Medici decise di trascrivere il II libro dell’Eneide in lingua volgare. Nell’atmosfera cupa del contrasto tra Impero e Papato, la storia, per il giovane cardinale, era forse interpretata come “strage“.
Scarsella ha parlato di “un’edizione diplomatica”, lodando la cura della trascrizione ad opera della professoressa Zaganelli e della dottoressa Pazzi. E si è poi soffermato sui saggi critici della professoressa Zaganelli, di Sarah Bonciarelli e di Chiara Gaiardoni. Non solo, secondo il professor Scarsella, quest’opera rappresenta una testimonianza dell’espansione nel Rinascimento della poesia di Virgilio, ma costituisce un documento linguistico importantissimo con riferimento al toscano vivo, ovvero al fiorentino che si parlava alla corte di Clemente VII. Un libro che per questo si proietta dal Tifernate verso l’Europa.
“Siamo onorati – le parole del sindaco Luciano Bacchetta – di aver presentato un evento storico-culturale di portata nazionale nella nostra città, in cui la tradizione plurisecolare della scuola grafica rappresenta un grande valore che vogliamo preservare e consolidare. Occasioni come quella di oggi, scoperte e contributi di grande livello culturale, ci spingono a tutelare e rafforzare una scuola che abbiamo sempre difeso e che è erede di una tradizione forte sostenuta da un distretto industriale ancora molto radicato”.
“La lavorazione della cinquecentina – ha precisato con orgoglio, Giorgio Zangarelli, titolare dello Stabilimento Tipografico “Pliniana” e presidente della Sezione Grafica e Cartotecnica di Confindustria Umbria – ha coinciso con l’emergenza Covid, ma per fortuna ‘Altra stampa’, il codice Ateco sotto il quale è da sempre classificata la nostra attività, è stata ritenuta essenziale e quindi esentata, insieme all’intera filiera, dalla sospensione della produzione decretata il 22 marzo scorso. Pertanto in pieno periodo di lockdown, pur adottando tutte le misure di contenimento necessarie, siamo riusciti comunque a portare a termine questa edizione di alto profilo letterario“.