Cronaca

Morte Tiberi, Cristian Salvatori condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione | Concesse le attenuanti

Cristian Salvatori è stato condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione per la morte di Emanuele Tiberi (nella foto). E’ la sentenza emessa venerdì pomeriggio dal giudice Margherita Amodeo. Il 34enne di Norcia è stato riconosciuto colpevole di omicidio preterintenzionale, ma gli sono state concesse le attenuanti generiche stante la sua incensuratezza (avrebbe dei procedimenti penali pendenti ma nessuna condanna finora).

Il pm aveva chiesto una condanna a 8 anni di reclusione, mentre i difensori dell’imputato – gli avvocati David Brunelli e Francesco Crisi – ne avevano chiesto l’assoluzione o, appunto, il riconoscimento delle attenuanti generiche. Richiesta che appunto è stata accolta. Le motivazioni sono attese entro 90 giorni.

Gli avvocati Ranalli ed Andreini ed il pm Ferrigno

Il tribunale di Spoleto ha anche riconosciuto una provvisionale a favore dei genitori del 32enne Emanuele Tiberi (costituitisi attraverso l’avvocato Giovanni Ranalli) pari a 60mila euro e di 40mila euro per i fratelli (difesi dall’avvocato Andrea Andreini). Niente, invece, almeno in questa sede, è stato riconosciuto per gli altri familiari che si erano costituiti parte civile, stante il rito abbreviato.

“Di primo acchitto – è il commento dell’avvocato Andreini – ci sembra assolutamente bassa la pena a cui Salvatori è stato condannato, aspettiamo le motivazioni della sentenza. Va detto che in ogni caso qualsiasi pena sarebbe stata insufficiente per i genitori, niente restituirà loro il figlio”.

All’esito delle motivazioni si vedrà se la Procura (in aula il pm Ferrigno) impugnerà o meno la sentenza di primo grado. Idem per quanto riguarda la difesa di Salvatori.


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Emanuele Tiberi, 33 anni ancora da compiere, è morto il 29 luglio 2018 fuori da un pub di Norcia, dopo aver ricevuto un pugno in volto da Cristian Salvatori. La difesa dell’imputato – attualmente con obbligo di dimora a Saludecio, nel Riminese – aveva sostenuto che quel colpo era stato sferrato per “gioco”, tesi sempre respinta dall’accusa e dai legali dei familiari della vittima.