Dovrà comparire il 21 febbraio davanti al gup del tribunale di Spoleto Cristian Salvatori, il 33enne nursino accusato della morte del suo coetaneo Emanuele Tiberi. La Procura, infatti, dopo il deposito della perizia del medico legale ha chiuso le indagini sul giovane che con un pugno ha stroncato la vita dell’amico fuori da un locale di Norcia, il 29 luglio scorso. Dopo quel giorno, l’omicida è stato rinchiuso nel carcere di Spoleto per oltre 4 mesi, per poi essere trasferito in una comunità del riminese a metà dicembre.
Vista la situazione, per Salvatori è stato disposto il giudizio immediato per l’accusa di omicidio preterintenzionale, con la difesa (gli avvocati David Brunelli e Francesco Crisi) che ha chiesto il rito abbreviato condizionato ad una nuova perizia sulle cause della morte ed alla richiesta di escussione del consulente di parte. Secondo la difesa, il pugno sarebbe stato sferrato per gioco e non sarebbe stato la causa della morte. Di diversa opinione invece i familiari della giovane vittima, rappresentati dagli avvocati Andrea Andreini, Giovanni Ranalli e Francesco Cipriano, per il quale Emanuele Tiberi sarebbe stato colpito addirittura alle spalle.
Nella perizia del medico legale incaricato dalla Procura, la dottoressa Sara Gioia, viene evidenziato come a causare la morte del 32enne sia stato proprio quel violentissimo pugno alla testa. Di diversa opinione, però, il consulente di parte della difesa, il professor Vincenzo Pascali, che imputa ad altre cause il decesso di Tiberi. Non sarebbe stato, insomma, quel cazzotto a provocare la morte. Tesi opposta e dunque simile a quella del perito, invece, quella del consulente dei familiari di Emanuele, la professoressa Cesarina Colacecchi. Per questo, quindi, la difesa mira ad ottenere da parte del tribunale la nomina di un perito che individui le cause della morte del giovane nursino.
Sulla richiesta di rito abbreviato condizionato dovrà pronunciarsi quindi fra due settimane il gup di Spoleto. Salvatori rischia una condanna che va dai 10 ai 18 anni di reclusione, anche se il rito abbreviato gli consentirebbe, qualora condannato, alla riduzione di un terzo della pena. Nel caso in cui non venisse invece concesso il rito abbreviato, il processo si sposterebbe davanti alla Corte d’assise.