Interrogatori di garanzia in carcere a Capanne per i tre giovani indagati per la morte di Filippo Limini Senapa, il giovane 25enne spoletino ucciso la notte di Ferragosto a Bastia Umbria fuori dal Country Cafè.
Filippo e Willy: morti violente di due giovanissimi
Rissa aggravata da omicidio e omicidio preterintenzionale i reati che il sostituto procuratore della Repubblica, Paolo Abbritti – che coordina le indagini dei carabinieri di Assisi, al seguito del tenente colonnello Marco Vetrulli – contesta ai tre giovani italiani, di origine straniera, arrestati sabato pomeriggio dai carabinieri.
“Hanno confermato le dichiarazioni rese il giorno di Ferragosto e ora sarà l’autopsia, che si svolgerà giovedì (l’esame autoptico è stato differito di due giorni perché uno dei periti ha avuto un piccolo problema di salute), a stabilire la verità“, spiega l’avvocato Daniela Paccoi, legale di Denis (insieme a Salvatore Adorisio) all’uscita dal carcere di Capanne.
Per il momento, sembrerebbe che Filippo abbia ricevuto un pugno da Denis (“ma il mio assistito è di corporatura minuta, non pratica arti marziali o karate e mi ha detto che dopo il suo pugno Filippo ha tentato di rialzarsi“) e poi un calcio, che sarebbe stato sferrato da un’altra persona.
Il legale conferma che i due gruppi di giovani si erano azzuffati e si erano presi a male parole, “ma come siano andate le cose Denis non lo sa, gli altri erano usciti prima, Denis è uscito in un secondo momento con il buttafuori chiamato per sedare rissa all’esterno. Non sappiamo quale sia stata la molla“, aggiunge il legale.
Il gruppo dei giovani bastioli sarebbe stato aggredito all’interno dell’auto, anche con delle pietre. Secondo la ricostruzione di Denis Hajderlliu, il 19enne si sarebbe spaventato. Una volta sceso dalla macchina, per “liberarsi” di chi stava circondando l’auto ha dato un pugno al “povero Filippo“, per “liberarsi dalla morsa degli aggressori: loro erano tre, gli altri dieci“.
Il giovane era arrivato al Country con la sua auto, ma era entrato nell’auto degli amici, guidata da Brendon, per allontanarsi dalla rissa. “Volevano allontanarsi, ma erano attorniati da tantissime persone. Ma poi Denis – precisa l’avvocato Paccoi – è salito sulla sua macchina. È andato a casa di amici dove ha raccontato l’accaduto e poi è tornato a casa dei suoi. Non era a bordo mentre l’auto faceva manovra e colpiva Filippo“.
Secondo alcune testimonianze Filippo Limini, una volta a terra, sarebbe stato colpito anche da un calcio. Che non sarebbe stato però sferrato da Denis. Un altro aspetto, questo che l’autopsia dovrà chiarire.
Sentito dal gip anche Brendon Kosiqi, il 19enne che era alla guida dell’auto che ha investito Filippo Limini.
“Brendon, l’assistito che difendo con il collega Poggioni – dice l’avvocato Delfo Berretti – ha chiarito in maniera puntuale la dinamica della vicenda. Non si è proprio accorto di aver ‘sormontato’ la povera vittima. È piuttosto credibile, perché ha subito una grande aggressione. Si è sempre difeso, gli è stata distrutta la macchina, probabilmente il corpo della vittima era già in terra. E poi c’è anche un cordolo, poteva pensare di aver urtato quello“.
“Il povero Filippo – la ricostruzione di Berretti – ha ricevuto un pugno al volto e poi un calcio che lo ha fatto cadere a terra. Brendon è molto segnato, tra le altre ha una ferita all’arcata sopracciliare. Erano 10 contro due. La sua auto totalmente distrutta: certo, non giustifica quanto accaduto, ma Brendon voleva salvarsi”.
Sulla lite: “Non è chiaro – prosegue il legale – come si sia generata la lite. La posizione di Brendon è che non ha assistito all’inizio della rissa, né vi ha partecipato: prima ha cercato di dividere i litiganti e poi si è rifugiato nell’auto. E, anche per questo abbiamo contestato al pubblico ministero il capo di imputazione di rissa“.
Il 23enne Kevin Malferteiner, difeso dall’avvocato Guido Rondoni, ha raccontato che quando lui era nella Opel fuori c’era già una lite. E che il diverbio con gli spoletini è nato perché l’amico alla guida chiedeva spazio per fare manovra.
I legali dei tre ragazzi hanno chiesto la misura degli arresti domiciliari per i propri assistiti. Il pm Abbritti ritiene invece che debbano restare in carcere, per la pericolosità sociale e per il rischio che possano reiterare i reati di cui sono accusati.
Per Denis, in particolare, l’avvocato Paccoi ha chiesto i domiciliari, considerato che “non ha mai avuto un problema con la giustizia e ha un lavoro. I domiciliari impedirebbero la reiterazione del reato. Il mio assistito è molto dispiaciuto per vittima e famiglia, è un dramma che si muoia per così poco“.
Si attende ora la decisione del giudice per le indagini preliminari Natalia Giubilei.
(aggiornamento ore 21.00)
(nella foto l’avvocato Daniela Paccoi all’uscita dal carcere a Capanne)