Oltre alle telecamere dell’area Giontella i carabinieri stanno vagliando anche il contenuto dei telefonini di alcuni giovani presenti fuori dal Country Cafè di Bastia la notte in cui è morto Filippo Limini. L’idea, infatti, è che qualcuno possa aver filmato la rissa avvenuta fuori dalla discoteca, tra il gruppo di spoletini e i tre ragazzi del posto, ora in carcere a Capanne. I tre giovani (due 19enni e un 23enne) sono indagati per rissa aggravata e omicidio preterintenzionale.
I tre sono stati trasferiti in carcere a Perugia dopo essere stati ascoltati a lungo dal magistrato Paolo Abbritti nella caserma dei carabinieri.
La morte a Bastia di Filippo Limini:
il racconto di un testimone
Lunedì saranno sentiti nuovamente per l’interrogatorio di garanzia, assistiti ancora dai propri legali. Sei in tutto: Adorisio e Calzolari per il 19enne che era alla guida dell’auto che ha investito Filippo Limini; Paccoi e Rondoni per il 23enne; Berretti e Poggioni per l’altro 19enne.
I tre giovani, dopo aver lasciato in auto il parcheggio accanto al Palasport, sono tornati nelle loro case, a dormire. I carabinieri li hanno rintracciati il giorno dopo a casa.
In caserma hanno detto di non essersi accorti di aver investito il giovane spoletino. Secondo la loro versione, la lite con gli spoletini (una decina) sarebbe nata fuori dalla discoteca, perché un gruppo chiedeva strada all’altro. I tre ragazzi del posto (due sono di Bastia, uno è residente ad Assisi), avrebbero avuto paura e si sarebbero rifugiati nell’auto, presa di mira dagli spoletini.
Quando il gruppo proveniente da Spoleto avrebbe rotto – sempre secondo la versione dei tre – i vetri dell’auto, uno sarebbe sceso dalla Opel e avrebbe colpito con un pugno Filippo. Quindi i tre sarebbero fuggiti in auto. Nella manovra, prima in retromarcia per liberare l’auto dal parcheggio e poi innestando la prima, il giovane conducente non si sarebbe accorto di aver travolto una persona. Filippo Limini, appunto, a terra a causa di uno o più colpi subiti.
Una versione che però non convince gli inquirenti, anche sulla base delle altre testimonianze raccolte. Tra gli amici di Filippo, ma anche di alcuni testimoni, completamente estranei alla rissa.
Ora nei cellulari gli inquirenti cercano ulteriori indicazioni utili a far luce su quanto veramente accaduto in quella maledetta notte.
Molte risposte potranno probabilmente arrivare dall’esito dell’autopsia disposta dal magistrato. Che sarà eseguita martedì mattina alle 9,30. Il medico incaricato dovrà stabilire l’ora del decesso di Filippo e le cause della morte. Gli inquirenti vogliono infatti capire se Filippo sia stato colpito da un pugno o da un oggetto e se fosse ancora in vita quando l’auto condotta dal 19enne gli è passata sopra per due volte.
Anche per questo il magistrato ha disposto il sequestro degli abiti indossati dai ragazzi quella notte. Per accertare, evidentemente, se siano presenti tracce di sangue. E di chi.
Intanto non si placa a Spoleto il dolore per una morte incomprensibile. In tanti si sono stretti intorno alla famiglia di Filippo, che risiede a Pompagnano.
Il sindaco Umberto De Augustinis ha espresso alla famiglia il cordoglio dell’intera città: “Un’assurda tragedia per la comunità, un episodio di insensata efferatezza che manifesta le possibili conseguenze di un clima di violenza diffuso e cieco, contro il quale tutta l’Umbria, come ha fatto oggi l’arcivescovo di Spoleto col suo magistero, deve insorgere”.
“Oggi piangono in tanti – ha detto il sindaco – compresa questa Amministrazione che si stringe intorno al dolore della famiglia e delle Comunità di Pompagnano e di Spoleto”.
Anche il sindaco Paola Lungarotti e l’Amministrazione comunale di Bastia Umbra, in una pagina Facebook listata a lutto, hanno espresso vicinanza “alla famiglia del giovane, vittima dello sconvolgente episodio accaduto“.
“Il dolore – termina il breve messaggio – non lascia spazi a commenti o giudizi. Ora è solo dolore”.
“La rissa di Bastia Umbra, nella quale un ragazzo di Spoleto ha perso la vita, mi colpisce profondamente” sono le parole del vescovo Domenico Sorrentino. “Come siano andate le cose, lo stabilirà la magistratura. Intanto – scrive ancora il vescovo – un ragazzo è morto, e immagino che cosa questo possa significare per la sua famiglia. Vorrei innanzitutto far arrivare ad essa sentimenti di vicinanza e di preghiera“.
“Resta il fatto che, ancora una volta – aggiunge – nel clima di un divertimento spericolato, in cui è così facile portare le emozioni all’inverosimile, forse sotto l’effetto di alcool o altre sostanze, può succedere di tutto. Ma che il clima giovanile, e non solo, giunga a questi livelli di imbarbarimento, ci interroga tutti. Come Chiesa ci sentiamo interpellati, dato che l’attenzione al mondo giovanile è sicuramente una delle nostre priorità. Purtroppo la maggior parte dei giovani, dopo l’età della cresima, si allontana dalle parrocchie, e a parte i pochi che frequentano i nostri oratori, il mondo dei giovani è sfuggente e di difficile controllo anche da parte delle famiglie e delle altre agenzie sociali e culturali“.
Il vescovo pone poi degli interrogativi sulla società di oggi, usando dure parole: “Del resto, che cosa ci si può aspettare da una società in cui la stessa famiglia è in crisi così profonda? La scuola fa la sua parte, ma non basta. La politica deve certo interrogarsi sulle opportunità che vengono offerte senza le garanzie di limiti severi e controlli adeguati. Ci stiamo ormai arrendendo a fatti del genere, come se fossero ineluttabili. Mi auguro che anche questo ennesimo episodio di violenza, accaduto così vicino alla Città della Pace, mentre Assisi si prepara a vivere la beatificazione di un ragazzo come Carlo Acutis, modello di santità giovanile, ci faccia riflettere tutti e ci spinga a decisioni salutari. Dopo che il Covid ci ha messi a così dura prova, e ci tiene ancora sulle corde, non possiamo ricominciare tutto come prima. Una riflessione è necessaria nella Chiesa e nella società“.