Città di Castello

Morte Alexandre in Colombia “E’ stato ammazzato di botte” | Movente resta un giallo

Sarebbe stato ammazzato di botte a Medellin, in Colombia, il 33enne Alexandre Mennesson, di origini francesi ma residente ad Umbertide dal 2020.

Ad annunciarlo direttamente sui social di alcuni conoscenti italiani sarebbe stato proprio un amico colombiano, probabile testimone dell’aggressione ad Alex. Il 33enne – arrivato in Sudamerica da appena un mese in cerca di un nuovo lavoro – sarebbe stato ritrovato riverso a terra in gravi condizioni lungo una strada lunedì scorso (24 luglio). Ricoverato nell’ospedale della città è poi spirato – da quanto emerge dalle pochissime informazioni che trapelano da oltreoceano – dopo un brevissimo ricovero per il complicarsi del quadro clinico.

Le forze dell’ordine colombiane (e francesi) stanno cercando di verificare proprio l’ipotesi pestaggio, ancora non del tutto accertata e sono tuttora al lavoro per cercare di capire il movente di una morte così violenta, soprattutto perché la vittima era davvero un ragazzo piacevole e cordiale con tutti. Potrebbe infatti trattarsi di una rapina finita male o un semplice diverbio accesosi per futili motivi. Al momento il mistero continua. Intanto le autorità colombiane hanno già richiesto i documenti e le impronte digitali ai militari di Umbertide per gli accertamenti sull’identità del ragazzo.

Nei prossimi giorni, invece, potrebbe essere svolta l’autopsia, fase dopo la quale si dovrebbe pensare anche al rimpatrio della salma. Trapela infatti che il corpo di Alexandre possa essere tumulato proprio nel cimitero di Umbertide, dove riposano già alcuni parenti.

La cittadina altotiberina – dove Mennesson ha vissuto e lavorato dal 2020 come conducente di ambulanze – è ancora sconvolta per questa tragica e inaspettata notizia. Di Umbertide è originaria la madre Irene mentre il padre e il fratello vivono in Francia. Grande lo sconcerto e l’incredulità per chi ha conosciuto e vissuto Alex, ragazzo dal cuore d’oro che nei giorni del terremoto di Pierantonio ha ospitato, senza chiedere nulla in cambio, un’intera famiglia sfollata. Il 33enne, con il suo lavoro di conducente di mezzi di soccorso, era stato anche tra i primi soccorritori nell’attentato del 14 luglio 2016, quando un camion, piombato a tutta velocità sulla folla, provocò oltre 80 vittime e più di 470 feriti.