Gli investigatori della Polizia Postale e delle Comunicazioni di Perugia, nei giorni scorsi hanno felicemente portato a termine una laboriosa indagine finalizzata ad individuare il “persecutore” di una giovane studentessa.
E’ stata la 20enne a rivolgersi ai poliziotti denunciando di essere “assillata” da continui SMS minacciosi ed ingiuriosi che le venivano inviati sulla sua utenza cellulare privata.
Tali messaggi erano inoltrati da varie utenze a lei sconosciute e, riferendo dettagli della sua vita quotidiana, non si limitavano ad offenderla ed ingiuriarla ma anche a minacciare la sua incolumità.
Ovviamente questa situazione le provocava fortissima ansia anche perché ogni tentativo di individuare il responsabile da lei sperimentato era risultato vano.
Dopo la denuncia della giovane gli specialisti del traffico telefonico della Polizia Postale hanno avviato le prime indagini e immediatamente si sono ritrovati dinanzi ad un vero “rompicapo” in quanto le cinque utenze principali utilizzate per l’invio dei messaggi minatori non avevano alcun legame, non evidenziavano alcun tratto comune ed appartenevano a persone che, con stili di vita irreprensibili, non avevano alcuna connessione con gli ambienti e i luoghi frequentati dalla vittima .
Pertanto gli agenti, coordinati dal Vice Questore Aggiunto Annalisa Lillini, hanno dovuto escutere tutti i titolari delle utenze ma anche questa attività si è rivelata in un primo momento improduttiva sino a quando non è emerso un particolare inizialmente ritenuto non influente ma successivamente rivelatosi determinante: tutti avevano recentemente frequentato, per varie ragioni, lo stesso ospedale.
A questo punto per gli agenti è stato agevole concentrare gli accertamenti su questo indizio che velocemente ha portato alla soluzione del caso. Infatti, tutti i telefonini utilizzati per l’attività criminale erano “transitati”, per ragioni varie, nelle date di interesse nello stesso ospedale ed erano in uso a degenti o ai loro assistenti o parenti, dello stesso reparto. E’ stato quindi da tutti confermato o che un giovane infermiere aveva chiesto di effettuare una comunicazione urgente con il loro telefonino o che lo avevano lasciato incustodito per qualche minuto nella stanza di degenza.
Messo di fronte all’evidenza, presso gli uffici della Polizia Postale, l’infermiere non ha potuto fare altro che confessare di avere conosciuto la ragazza, sua coetanea, di essere stato da lei “respinto“ dopo un “approccio” e di aver meditato questa vendetta per punizione. Adesso è indagato, in stato di libertà, per i reati di molestia, ingiuria e minaccia.