Sabato 16 dicembre 2017 nella chiesa parrocchiale di S. Brizio di Spoleto l’arcivescovo Renato Boccardo ha celebrato la Messa in preparazione al Natale con gli ospiti e rispettive famiglie, operatori e amici del Centro di Solidarietà (CeIS) “Don Guerrino Rota” di Spoleto, da oltre trenta anni impegnato nel ridare speranza a giovani caduti nel tunnel della droga o di altre dipendenze. Gli onori di casa sono stati fatti dal presidente del Centro mons. Eugenio Bartoli, che è anche parroco di Montebibico, Strettura e Valle S. Martino nel Comune di Spoleto, di Cecalocco di Terni e cappellano del Carcere di Spoleto. Nella celebrazione è stato anche ricordato il fondatore del CeIS, don Guerrino Rota, a 28 anni dalla morte. Al termine, sono stati consegnati a 30 ragazzi gli attestati di conclusione del programma terapeutico “Progetto Uomo”.
Saluto Presidente Centro. Mons. Bartoli nel saluto iniziale si è così rivolto all’Arcivescovo: «Grazie Eccellenza per la paterna vicinanza e il generoso sostegno alle attività del Centro soprattutto nei momenti di solitudine, di difficoltà economica, in un contesto in cui c’è indifferenza sul problema delle dipendenze. Purtroppo – ha sottolineato don Bartoli – l’attuale società non vuol vedere come le dipendenze siano ancora una piaga attuale e grave».
Organizzazione Centro. Il CeIS attualmente accoglie 140 persone che stanno facendo il percorso terapeutico e garantisce il posto di lavoro a 50 operatori. Sei sono le strutture: Osservazione e doppia diagnosi a Terraia di Spoleto; Accoglienza residenziale “Il Mulino” a Protte di Spoleto; Accoglienza residenziale femminile a Castel Ritaldi; Comunità terapeutica a Cortaccione di Spoleto; Comunità di doppia diagnosi a Fabbreria di Spoleto; Comunità di reinserimento a Maiano di Spoleto. Una delle difficoltà più grandi è il ritardo nel pagamento delle rette da parte delle Asl di provenienza degli ospiti, ma il Presidente mons. Bartoli è impegnato ogni giorno in tavoli istituzionali, nella relazione di progetti, nel chiedere contributi ad Enti e Fondazioni pur di continuare questa missione, nelle periferie esistenziali dell’uomo direbbe papa Francesco, e di garantire ogni mese lo stipendio ai dipendenti e il pagamento delle fatture ai vari fornitori.
Le parole dell’Arcivescovo. Mons. Boccardo nell’omelia ha ringraziato don Eugenio e tutte le persone che ruotano intorno al CeIS per il delicato e prezioso servizio che svolgono: «La presenza dell’Arcivescovo nelle strutture del Centro o in occasioni di celebrazione come questa – ha detto – , al di là della sua persona, dice la vicinanza e la solidarietà di tutta la Diocesi di Spoleto-Norcia nei confronti di questi giovani feriti nel corpo e nello spirito dalla vicende della vita e che oggi sono in cammino per ritrovare un’esistenza bella e piena. Gesù che viene nel Natale – ha concluso il Presule – è il medico che viene a curare anche le nostre ferite e che viene a restituirci la bellezza originaria, quella pensata da Dio, con la quale ciascuno di noi è stato creato».
Testimonianza. Al termine della Messa ci sono state le testimonianze, molto commoventi, degli ospiti che hanno finito il percorso terapeutico. Riportiamo alcuni passaggi di ciò che ha detto una ragazza: «Il mio percorso è stato un amore-odio con la città di Spoleto, col Centro, con gli operatori. Quando sono entrata la salita era troppo ripida da affrontare e io, come chi è dipendente da qualcosa, non ero abituata ad affrontare le situazioni, ma scappavo dalle responsabilità. Alla fine però ho deciso di non arrendermi. Gli operatori mi hanno seguita in ogni istante, mi hanno portato per mano, hanno sempre creduto in me anche quando combinavo pasticci, diventavo isterica, quando piangevo, quando ridevo, quando urlavo. Ringrazio anche i miei genitori che hanno condiviso il mio inferno e hanno provato a salvarmi con ogni mezzo. Non riesco a mettermi nei loro panni, hanno vissuto forse un inferno più duro del mio. Da quando ho iniziato a lottare per riprendere in mano la mia vita, è stato un continuo riscoprire emozioni, sensazioni e sentimenti che avevo soffocato. È stato nascere una seconda volta. Posso dire ai tanti giovani dipendenti da qualcosa che è possibile farcela, anche se è più facile pensare il contrario. Quello che non conosciamo e ci spaventa è l’amore, per noi stessi, per la nostra famiglia, per le piccole cose. Se io oggi credo in me, se cammino a testa alta, se ogni giorno sono più forte lo devo al Centro di Spoleto, a don Eugenio e a tutti gli operatori. Vi porterà sempre nel mio cuore».