Carlo Ceraso
Il più bel regalo che Gian Carlo Menotti avrebbe mai potuto desiderare: l’affetto del suo pubblico, della sua Spoleto. E Spoleto ieri non è voluta mancare all’appuntamento destinato ad entrare nella storia del Festival dei Due Mondi, quel “Concerto per Gian Carlo” che, vista la straordinaria partecipazione, si sarebbe anche potuto intitolare “Menotti forever”. Straordinaria la partecipazione di pubblico, senza precedenti per uno spettacolo festivaliero che non sia il Concerto finale. Più di 2.500 spettatori che hanno riempito ogni angolo della Piazza e della scalinata. Ci sono le più alte cariche cittadine e della Regione, governatrice Marini in testa, a confermare che la memoria del fondatore è sotto ‘tutela’, se non bastasse quella della cittadinanza e della storia. Chi sperava ancora di poter, se non annullare, annacquare la figura di Menotti ieri s’è dovuto riprendere da un galante quanto sonoro ceffone. Ad aprire la serata il saluto di Giorgio Ferrara e del sindaco Benedetti che hanno premiato la IV elementare della scuola XX Settembre, vincitrice del concorso “Il festival siamo noi” al quale avevano partecipato tutte le scuole del comprensorio. E ancora la voce del vicesindaco Lisci, del presidente della Associazione Anno Menottiano Giampaolo Emili e del direttore artistico Francesco Corrias, gli artefici di questo evento e di un Cartellone ancora tutto da scoprire realizzato, a dispetto delle apparenze, con poche, pochissime risorse.
La casa di Mercurio – quando il maestro Steven Mercurio è salito sul palco, le lancette del tempo hanno cominciato a girare all’indietro, quando quel giovane direttore fu scoperto e fatto conoscere al mondo intero da Menotti. Lui come tanti altri, come Michael Fitzpatrick, il famoso violoncellista che non ha voluto mancare l’invito (Mercurio e Fitzpatrick si sono esibiti a titolo gratuito) dedicato al Maestro. Il direttore d’orchestra ha dialogato a lungo con il pubblico esordendo con un “finalmente sono a casa” che ha commosso i più. Mercurio illustra il programma sottolineando l’importanza di suonare con una orchestra così giovane, rispettando proprio quello spirito che ha sempre contraddistinto il Maestro Menotti, fra i più grandi talent scout di sempre. “E’ più emozionante suonare con loro – ha detto parlando della Juniorchestra – che con orchestre mature”. Poi il colpo di teatro: “Torno indietro con la mente al passato, mi sembra di vedere il maestro affacciato in finestra, di sentire la sua voce…”. Come d’incanto ecco materializzarsi la voce del Maestro, un frammento di una dichiarazione recuperata da Alessandro Pratelli, titolare della Media Production (vedi sotto nell'articolo correlato)
Il miracolo di Mercurio – Intorno a lui siedono i 120 orchestrali della Juniorchestra del Santa Cecilia, protagonisti di un Concerto indimenticabile. Non una “giovanile”, ma una orchestra di bambini e ragazzi che hanno saputo stupire il pubblico. Il programma di sala non è dei più facili. Apre l’ouverture “Egmont” che Beethoven scrisse sulla eroica figura del conte che sacrificò la propria vita per il suo attaccamento alla patria olandese oppressa dagli spagnoli, e ancora il difficile concerto in do maggiore per violoncello e orchestra di Haydin che ha mesos in risalto la grandezza e il virtuosismo di Fizpatrick. E ancora la Quinta di Beethoven, per chiudere con Barcarole e Pavane tratte dal Sebastian di Menotti. Mercurio usa le mani e ogni muscolo del corpo per dirigere i 120 del Santa Cecilia, raramente ricorre alla bacchetta, se non quando tutti gli orchestrali sono coinvolti e c’è la necessità di farsi notare anche da chi è più lontano o di tener alto il ritmo (come nell’Allegro molto della 5a di Beethoven). Una esecuzione, musicalmente parlando, straordinaria, da brivido, che ha registrato solo qualche sbavatura tecnica che, all’età di questi giovanissimi orchestrali, può esser anche considerata un pregio.
La Juniorchestra – tiravano questi ragazzini, hanno tirato come matti, come se fossero ad una delle prove, anziché davanti al pubblico del Festival. Per nulla intimoriti, attenti agli ordini del loro direttore. Mercurio è riuscito nel miracolo, ha “compreso” quella energia, l’ha assecondata, ha motivato i ragazzi, li ha resi coscienti che il risultato finale era alla loro portata. Un trionfo. Un lavoro didattico svolto in poche ore (il compositore è sbarcato mercoledì scorso a Fiumicino)
E’ nata una stella – bravi questi ragazzini, straordinari. Su tutti Damiano Barreto, il primo violinista, al quale si è stretto alla fine del concerto Mercurio in un abbraccio commovente. Di lui si sentirà parlare, ne siamo certi e non solo per la bravura, ma per la caparbietà con cui ha lavorato ai due brani scritti da Menotti, inseriti all’ultimo momento nel Programma.
Emili-Corrias, duo vincente – il Concerto voluto dall’Anno Menottiano ha praticamente anticipato quello Finale, il vero evento di ogni edizione festivaliera. Hanno lavorato sodo, evitando anche qualche sgambetto di troppo da chi temeva questo spettacolo. Piccoli guai organizzativi che rischiavano di penalizzare il pubblico ma che alla fine si sono risolti. Un banco di prova riuscito in pieno per il presidente Emili e il direttore artistico, il maestro Francesco Corrias. Spoleto ha festeggiato il Maestro, ha risposto all’invito dell’Associazione, spetta ora alle istituzioni (ma ancor prima agli spoletini) non abbandonare questa Associazione che, a dispetto delle attese, conta ancora pochi iscritti.
La festa – Sì, è stata una bella festa di compleanno. Mancava solo la torta, come quelle che da sempre preparava Rosella De Furia e che tanto piacevano al Maestro che amava condividerle in strada insieme a quanti si trovavano per caso a passeggiare di lì. Per il resto c’era davvero tutto ieri in Piazza Duomo. C’era anche lo spirito del Maestro a sorvegliare dall'alto il suo Festival.
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Foto di Jacopo Brugalossi
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