“Nessun pericolo” conclamato in Umbria per le infezioni da meningite. “Nessun segnale d’allarme” seppur l’attenzione “resti alta” da parte della Regione e delle aziende ospedaliere del territorio. A dirlo chiaramente è l’assessore regionale con delega alla sanità, Luca Barberini, al telefono con TuttOggi. Anche dopo gli ultimi casi di meningite di tipo C registrati recentemente in regioni vicine all’Umbria, come la Toscana e l’Emilia Romagna. Solo alcuni giorni fa infatti, le morti di due donne, una a Firenze e una a Livorno, hanno fatto salire a 7 i decessi proprio in Toscana.
Per questo ciò che resta fondamentale per l’assessore Barberini è come le vaccinazioni rappresentino “un’opportunità di salute non solo per sè stessi, ma per la comunità nel suo complesso. Vaccinare i bambini è dunque un atto di responsabilità e un gesto di solidarietà“. E anche per sensibilizzare la popolazione in tal senso, la Regione Umbria, dopo una prima campagna pubblicitaria, ne lancerà un’altra, seguendo le finalità del Piano regionale vaccinazioni studiato e promulgato da Palazzo Donini nelle ultime settimane.
Abbassare la guardia, mai
Nonostante il vaccino contro il meningococco di tipo C sia stato introdotto a partire dal 2008 con offerta attiva. E nonostante l’Umbria sia tra le prime Regioni in Italia per copertura vaccinale, in particolare per quanto riguarda la prevenzione in età pediatrica. La stessa cosa avviene per i dodicenni, a partire dai nati nel mese di gennaio 1997. In entrambi i casi la somministrazione è gratuita. “Nel giugno 2016, abbiamo esteso la possibilità di vaccinarsi gratuitamente ai ragazzi tra gli 11 e 18 anni che non lo avevano ancora fatto, oppure di sottoporsi al richiamo. E abbiamo anche previsto – spiega ancora l’assessore – la possibilità per studenti o lavoratori umbri in Toscana di vaccinarsi contro il meningococco C a prezzo contenuto, cioè in regime di partecipazione della spesa”. A riguardo è importante ricordare come sia l’Organizzazione Mondiale della Sanità a stabilire che la soglia raccomandata per la copertura vaccinale debba posizionarsi ad un livello del 95% dei nuovi nati, in modo da proteggere indirettamente anche coloro che, per motivi di salute, non si possono vaccinare.
Dati alla mano, l’assessore Barberini ha sottolineato come sul tema la comunità umbra dimostri una certa sensibilità: “la copertura media a livello nazionale per poliomielite è del 93,4%, mentre in Umbria è stato raggiunto il 93,9%, così come per morbillo, parotite e rosolia il dato medio nazionale dell’85,3%, nel territorio regionale è superato con l’87,5% di vaccinati. Ciò, ad esempio nel caso della rosolia, ha determinato una riduzione drastica della malattia e nessun caso di rosolia congenita in Umbria negli ultimi anni“. Un ragionamento analogo, almeno in termini di percentuali, può essere fatto per quanto riguarda la campagna di vaccinazione antinfluenzale: in Umbria la copertura in questo caso è del 17,9% contro il 13,9% a livello nazionale, mentre il 62, 2% degli umbri che scelgono di farsi somministrare l’antinfluenzale ha almeno o più di 65 anni.
Vaccini sì, vaccini no
Il problema per Barberini resta comunque “veicolare l’utilità delle vaccinazioni, anche perché a livello nazionale è stata registrata una diminuzione della copertura vaccinale. Le motivazioni di questa tendenza trovano una spiegazione nel fatto che, sull’opportunità di vaccinarsi e, soprattutto di vaccinare i bambini, circolano notizie e informazioni che generano allarmismi e che sono prive di qualsiasi fondamento scientifico”. E’ pur vero, ci precisa, che ad esempio non ci si vaccina più contro il vaiolo, ormai debellato. “Eppure in laboratorio si studia ancora. Va ricordato, che è possibile controllare, eliminare o eradicare alcune malattie infettive proprio grazie alle vaccinazioni”.
Eppure in Regione Umbria non tutti sono d’accordo. Il consigliere regionale di opposizione Emanuele Fiorini ha così incalzato negli ultimi giorni: “l’assessore Barberini – dice Fiorini – insiste in particolare sulla necessità della vaccinazione contro il meningococco C, sul quale, tra l’altro, recenti studi scientifici hanno dimostrato l’inefficacia di un richiamo a lungo termine, indicando come opportuno, invece, un richiamo tra i 15 mesi e i 10 anni di età. Barberini si dimentica di dire che la forma più frequente di meningite in Umbria è quella derivata dal meningococco B, come dimostrano studi recenti. E’ da sei mesi – prosegue Fiorini – che abbiamo presentato una mozione per discutere della questione in aula di Consiglio Regionale. Il costo della vaccinazione contro il meningococco B, infatti, è elevato e non tutti i cittadini se lo possono permettere. Ricordo, tra l’altro, che lo stesso assessore Barberini aveva votato a favore della discussione immediata della nostra mozione. Basta chiacchiere, passiamo ai fatti e pensiamo alla salute dei cittadini”. Tutte affermazioni che Barberini rimanda al mittente: da una parte affermando che si sta studiando, a livello nazionale da ormai un anno, un piano di vaccinazioni che includa anche le dovute misure per il meningococco di tipo B. “In Umbria al momento lo somministriamo con una compartecipazione di spese, in particolare per chi soffre di patologie particolari. A chi richiede tale vaccino, l’Asl chiede il 50% del costo“. E ancora ci dice: “dicono di voler presentare questa mozione ormai da diversi mesi. Perché non la presentano per discuterne? E inoltre vorrei ricordare a Fiorini, che proprio le Regioni governate dalla sua parte politica si sono opposte all’obbligo delle vaccinazioni”.
Perché uno dei punti fondamentali resta proprio tale obbligo, dato che, ci spiega l’assessore Barberini, “non sono previste sanzioni per chi non si vaccina“. A riguardo comunque in Regione Umbria si è aperto un altro fronte, sul quale si continua a lavorare. Proprio in queste ore, spiegano i consiglieri Giacomo Leonelli e Carla Casciari, “con la presentazione al Consiglio delle Autonomie Locali, prosegue a ritmo serrato l’iter per giungere ad un’approvazione nei tempi più rapidi possibili della proposta di legge per rendere l’assolvimento degli obblighi vaccinali da parte del minore requisito di accesso al sistema integrato dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, pubblici e privati. Negli ultimi anni – spiega Leonelli – si è purtroppo registrato in Italia un trend negativo per quanto riguarda il numero di bambini sottoposti sia alle vaccinazioni gratuite obbligatorie sia a quelle raccomandate secondo quanto previsto dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale. L’obbligatorietà delle vaccinazioni per gli iscritti agli asili nido, già introdotta dalla regione Emilia Romagna – prosegue Leonelli – tutela in primo luogo i bambini più deboli. Infatti se il tasso di vaccinazione scende, come in alcune zone sta avvenendo, sotto il 95%, i bambini che non possono vaccinarsi per immunodeficienza o patologie rischiano di contrarre malattie che ormai si pensavano debellate. Rendere obbligatoria sul territorio regionale la vaccinazione dei bambini per la loro ammissione agli asili nudo è quindi una misura di civiltà a tutela della salute pubblica, e quindi delle nostre comunità, utile a preservarle dalla recrudescenza di malattie infettive pericolose anche in altre fasce d’età”.
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