Spoleto

Memoria e futuro della Valle Spoletina nel nuovo libro di Domenico Manna | Umbria 10 e Lode

In piena crisi politica ed istituzionale a Spoleto, con il comune commissariato ed in attesa di poter di nuovo consentire ai cittadini di esprimersi con il voto per la scelta di una nuova guida della città, si susseguono le riflessioni, le prese di posizione e le discussioni generali ed anche, ahinoi, generaliste sul futuro del territorio.

Frequentemente, per dare un contesto geografico alle sorti dell’area, si parla indistintamente di Valle Spoletina, ma ancor più spesso chi ne parla ignora, o peggio descrive in maniera “grossiere”, la vicenda di un territorio e dei suoi abitanti che ha invece una ricchezza di origini e sviluppo ed anche una delimitazione geografica che è molto diversa dalla vulgata popolare.

Ecco allora che poter fare una sorta di scorribanda nel passato, anche recente, di questo territorio quasi sempre mal interpretato, aiuta a fare giustizia di alcuni luoghi comuni e di ricostruzioni anche parziali, e tirate per la giacchetta, come spesso invece piace fare alla categoria dei generalisti citati sopra.

Domenico Manna

L’occasione ci viene data dalla recente pubblicazione di un libro edito da Unitre Spoleto ( Università delle Tre Età) e scritto dal Dott. Domenico Manna, “La valle spoletina-Ambiente, paesaggio, risorse, emergenze dell’area montana e collinare”.

Domenico Manna è stato protagonista, con l’incarico di Direttore, dell’ultima stagione della Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano, prima che una discutibile riforma, ridefinendo i confini dei territori di intervento delle Comunità montane, producesse un generale stato di decadimento ed abbandono della Valle e la cancellazione dell’istituzione con sede a Spoleto.

Prima ancora la sua formazione professionale si era arricchita con incarichi di responsabilità presso l’Ispettorato Distrettuale delle Foreste a Spoleto e nell’Ufficio Forestale regionale di Spoleto.

Ed è così che Tuttoggi.info, per la rubrica Umbria 10 e Lode, ha pensato di fare una piccola chiacchierata con l’autore per comprendere meglio l’importanza del suo lavoro di ricerca e memoria, anche in relazione all’attuale situazione di stallo politico ed istituzionale e nella prospettiva di un ripensamento, soprattutto economico, del ruolo della Valle Spoletina

Tutto cominciò con tre eroici personaggi

Il lavoro di Domenico Manna appare da subito centrato sul tema fondamentale della discussione, ovvero il valore della memoria dei luoghi, inteso come nutrimento della loro conoscenza una sorta di antefatto, che vede protagonisti con il loro lavoro, ma soprattutto con le le loro intuizioni, tre personaggi: Pietro Fontana, Francesco Francolini e Flaminio Bracci.

Pietro Fontana è stato l’autore, nel 1806, del trattato “Lezioni agrarie”, un testo fondamentale per lo studio del territorio e la pratica dell’agricoltura, pubblicato ben prima di altri importanti scritti arrivati tutti dopo alcuni anni dal lavoro di Fontana. Conoscendo dunque l’importanza decisiva del mondo agricolo per l’economia locale si può ben capire quale sia il lascito di Lezione Agrarie.

Francesco Francolini fu invece lo straordinario creatore della Cattedra Ambulante di Agricoltura, attiva a Spoleto dal 1910 al 1927 ed autore di un testo fondamentale intitolato “La Valle Spoletina e le sue condizioni Economiche-Agricole” e artefice della prima tartufaia coltivata in Italia e impiantata a Poreta.

Ed infine il Prof. Flaminio Bracci, fautore e direttore del Regio Oleificio Sperimentale di Spoleto, creato dopo che l’omologo Regio Oleificio di Palmi (Calabria) fu dapprima spostato a Cosenza ed infine allocato definitivamente in terra umbra, nella Valle Spoletina.

Tre protagonisti per tre ambiti di intervento culturale ed operativo che sono stati determinanti per lo sviluppo del territorio.

Ed è su questo aspetto che iniziamo la chiacchierata don Domenico Manna che sin dalle prime battute ci fa capire come sia fondamentale il rispetto della memoria.

Il rispetto della memoria

“Nel nostro territorio abbiamo delle produzioni di qualità come il tartufo, l’olio, i marroni e abbiamo il vino, il Trebbiano spoletino e così via. Ora se abbiamo dei prodotti di qualità significa che c’è stato qualcuno, nel tempo passato, che ha lavorato su questi prodotti per migliorarli. E oltre il lavoro oscuro e meno noto fatto dagli agricoltori in prima persona, ci sono state poi delle istituzioni che hanno lavorato per anni per divulgare le conoscenze frutto della ricerca.”

Un aspetto questo, sottolineato da Manna, che viene anche ripreso e ribadito nella Postfazione del libro dal Prof. Luciano Giacchè che riferendosi ad una caratteristica del percorso di recupero della memoria fatta nel testo, accenna anche al passo successivo che è “la patrimonializzazione delle conoscenze rivolta soprattutto alle coltivazioni tipiche, o meglio tradizionali, del territorio”.

Sull’argomento è importante il passaggio che Domenico Manna fa quando ricorda come finì, malamente, l’esperienza straordinaria della Cattedra Ambulante di Agricoltura di Spoleto, retrocessa a Sezione di quella di Perugia, con la riduzione del territorio di competenza addirittura ad 1/3 di quello iniziale. “Per il territorio ed il prestigio di Spoleto fu un colpo durissimo e Francolini fu trasferito ad Ascoli Piceno. Le comunicazioni del tempo non permettevano uno scambio Spoleto-Ascoli molto facilemte, ed anche la tartufaia sperimentale fu abbandonata e poi distrutta”.

Tutto si ripete nel tempo

Si ripropone dunque, come una sorta di incredibile similitudine, ma con più di 100 anni di differenza temporale in mezzo, la situazione di scontro e acredine che attualmente sta caratterizzando la vicenda politica e sociale spoletina dopo i recenti provvedimenti in materia di sanità, ma che non sono altro che la lunga coda di una erosione costante, istituzionale ed economica del territorio sulle cui responsabilità però va fatta una riflessione profondamente diversa da quella della semplice reazione di pancia alla sottrazione di qualcosa.

Ci sono delle cause storiche, ormai note, del perchè Spoleto sin dal 1860 ( Unità d’Italia) non è mai entrata nel novero delle città di cui “fidarsi” politicamente e dunque anche amministrativamente.

Intanto la prima e più “morale” causa fu la bassa partecipazione di spoletini alle vicende militari della guerra all’odiato potere papale. Il che stava a significare che il territorio non era poi così convinto di immolarsi per una causa laica, o peggio, era furbescamente renitente del tipo “andate avanti voi che a me viene da ridere”.

A cose fatte però, non si poteva fare a meno di Spoleto, per il solo fatto che non ci si fidava e così, dopo aver spostato l’orbita amministrativa su Perugia che invece aveva messo a disposizione moltissima carne umana ed anche ingenti risorse economiche ed organizzative, si passò alla classica operazione della spoliazione per trasformare la città da ex avamposto papale, in una città cuscinetto di confine per opporre un freno alle forti pulsioni monarchiche e clericali che ancora ammorbavano e allungavano le mani quando potevano.

A Spoleto dunque non è bastato nemmeno un personaggio come Luigi Pianciani che consumò un intero patrimonio pur di fare qualcosa, per il territorio e la causa della Repubblica, figuriamoci se potevano aver migliore sorte i nostri benemeriti Francolini e Bracci, lasciando in pace il povero Fontana per pura questione anagrafica.

La vicenda dell’Oleificio Sperimentale

Sulla dinamica della “spoliazione sistematica” è importante il racconto di Domenico Manna circa la vicenda dell’Oleificio Sperimentale che riuscì a innalzare nei primi 20 anni del ‘900 la qualità della produzione olearia locale ad un livello di eccellenza nazionale senza eguali, proseguendo nel costante miglioramento della coltivazione e della lavorazione.

Fatto questo che ha dato spazio alla creazione sul territorio di alcune aziende che nel tempo sono state e sono ancora leader nazionali della produzione, fino ad arrivare poi alla metà degli anni ’60 quando a causa del progressivo declino prodotto dall’assenza di sostegno politico e progettuale, le funzioni principali dell’Istituto furono trasferite a Cosenza sembra anche per merito di un potente onorevole del tempo.

Sempre il Prof Giacchè, nella sua postfazione, ricorda come quello fosse il momento di dare sostegno per rilanciare e addirittura far crescere la sede di Spoleto come luogo di prestigio per la cultura dell’olio, ma che invece si tramutò nell’inizio dell’abbandono che tutti noi abbiamo conosciuto anche recentemente.

Lo spiraglio per una nuova stagione di successi

Recentemente l’ Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha prodotto una ricerca sul nuovo germoplasma di Liguria e Umbria del Castagno e per la sezione dedicata all’Umbria il prestigioso Istituto nazionale si è rivolto proprio a Domenico Manna per la mappatura locale.

“Nello spoletino abbiamo una coltura molto antica su questo prodotto con piante ultrasecolari. Ce n’è una in particolare a confine tra Montebibico e Battiferro che ha una circonferenza di ben 8 metri e mezzo.

La speranza e che in un prossimo futuro accanto alla Dop del Trebbiano potremmo avere avere anche una Dop del Marrone della Valle Spoletina. Questo sarà possibile se però la spinta verso la valorizzazione e l’importanza del prodotto non avvenga solo per la passione competente di studiosi e testimonial come Domenicoi Manna, ma sia accompaganata anche dalle istituzioni competenti. Putroppo alcune di queste, come la Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano, non esistono più, con tutti gli evidenti danni del caso

Il capitolo triste

“La Comunità Montana per me è un capitolo triste per l’epilogo che ha avuto”. Domenico Manna non nasconde affatto la delusione per una mancata occasione di crescita del territorio legata a vicende più squisitamente di “poltrona” come oggi sembra andare di moda.

Il racconto che Manna ne fa nella nostra chiacchierata online, andrebbe fatto ascoltare nelle scuole, agli studenti delle superiori o anche universitari, per comprendere dalla testimonianza diretta di chi quelle vicende le ha vissute in prima persona, come si possa far finire male una esperienza virtuosa solo per questioni di geopolitica del potere.

Il paradosso infatti di una scelta nefasta per causa di “poltrona” sta nel fatto che la Regione all’epoca della riforma offrì a Spoleto per la riforma della Comunità, un accorpamento con i territori della Valnerina, che quindi con tutti i Moni Martani, le montagne sopra Campello e Trevi e appunto la Valnerina sarebbe diventata la più importante realtà montana e collinare dell’intera regione. Non ci sarebbe stata più partita per nessuno.

Ebbene la scelta fu invece di indirizzarsi verso aree come Bevagna e Montefalco, comuni che gravitano sul territorio folignate e che non hanno un rapporto funzionale con la vera montagna che invece è quella accennata precedentemente, con la beffa finale di avere una sede della nuova Comunità Montana sistemata a Valtopina.

Il risultato pratico di questo sviluppo poco edificante è che il territorio montano vero è rimasto senza un vero governo e sostegno.

Lo spiega ancora una volta molto bene nella Postfazione del libro il Prof. Giacchè che con la consueta lucidità che lo caratterizza puntualizza, “In natura è la funzione che crea l’organo, ma nell’artificio umano può succedere anche l’inverso, può succedere persino che l’organo venga soppresso senza alcuna preoccupazione per le sorti delle funzioni che esercitava.”

E questo è quanto, nella speranza che libri come “La valle spoletina-Ambiente, paesaggio, risorse, emergenze dell’area montana e collinare”, pubblicato dall’Unitre Spoleto e a firma di Domenico Manna possano essere di stimolo per le nuove generazioni nella ricerca di una radice antica che generi futuro.

Proprio come accade in natura quando si reimpianta una coltivazione e se ne vuole migliorare il prodotto

“Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma

(Antoine Lavoisier XVIII secolo)