Li abbiamo tifati, incoraggiati, aspettati, idolatrati. E siamo rimasti delusi di fronte alla loro eliminazione, inaspettata e spiazzante. I Melancholia, Benedetta, Fabio e Filippo, sono tornati in Umbria, chiusi negli studi di registrazione della Urban Records, in attesa di poter tornare incontrare i fans. Il tutto in un momento di emergenza sanitaria, in cui gli artisti più di altri soffrono il momento di privazione.
TuttOggi li ha incontrati in una pausa dei lavori e in completa sicurezza, come previsto dalle normative anticovid. In studio Fabio Azzarelli e Filippo Petruccioli, “due terzi dei Melancholia”, scherzeranno. Benedetta Alessi, al telefono in vivavoce, sarà comunque capace di inondare di carica l’intervista.
(Benedetta risponde al volo, e gli altri due scherzano: ‘Si vede che ha fatto il classico eh…) “E’ l’unione di due parole greche: mélas e cholé, che significano letteralmente sangue nero. E’ un termine usato da Ippocrate per spiegare malattie del cervello, depressioni”.
“Il trio inizialmente nasce da Benedetta e Fabio – interviene qui Filippo – conosciuti tramite un’amica comune. Iniziano a provare, a casa di Fabio, in corridoio. Dopo qualche mese ho scritto a Benedetta, perché ho visto le loro cover pubblicate sui social e volevo iniziare a fare parte del progetto. Da lì ci siamo iniziati a vedere, partendo da un’idea piano – acustico – voce“.
Qui torna Benedetta: “Poi a Filippo hanno rubato la chitarra, con il tempo ci siamo spostati sull’attrezzatura elettronica”.
“Tantissimo. A livelli spasmodici proprio. Ci stavamo abituando a suonare tantissimo, ad esibirci. Stiamo cercando di non demordere ma non vediamo l’ora di tornare a fare concerti”.
“In studio, chiusi a scrivere pezzi nuovi e a preparare un live futuro che speriamo si possa fare il prima possibile”.
“Cerchiamo di rendere vivo questo tempo morto – spiega Fabio – che di certo ha inciso sul tipo di creatività a cui stiamo dando vita. La vita dinamica aiuta e dà input diversi“.
“I Twenty One pilots al Mediolanum forum, il primo concerto che abbiamo visto insieme noi tre. Siamo dovuti rimanere di notte alla fermata della metro, è stato bellissimo – ricorda Benedetta – anche se siamo tornati a casa con la bronchite. Tutte le cose che abbiamo vissuto insieme ci hanno legato tantissimo. Non possiamo dimenticare il nostro primo concerto all’Alcatraz, dove saremmo tornati un anno e mezzo dopo ad esibirci”.
“Ogni contest – dice Fabio – ci ha fatto migliorare. Ogni occasione alla quale abbiamo partecipato ci ha fatto crescere. ‘Emergenze’ era un contest che ci ha permesso di farci un nome a livello locale. Ovviamente XFactor ci ha dato una visibilità su larga scala, ma ogni tappa ci ha portato ad essere ciò che siamo”.
Ci pensa Benedetta: “Non facciamo programmi, nella maniera più assoluta. Un anno fa avreste mai detto che ci sarebbe stata la pandemia?” E Filippo e Fabio: “Di certo a fare musica, in qualsiasi forma“.
Benedetta risponde per prima: “Vediamo il buono dell’esperienza fatta. Noi eravamo lì per suonare il più possibile e l’eliminazione è stato come avere una possibilità in meno. L’orgoglio è stato uscire una settimana dopo l’eliminazione con l’album al quale lavoravamo da anni. Ci ha fatto davvero molto piacere“.
Benedetta: “Considera che sono qui con Martina. Ma ci sentiamo anche con Giuseppe. E’ nata una forte amicizia tra tutti noi – prosegue Fabio – ci siamo supportati perché comunque XFactor è un’esperienza forte. Ci si può aspettare rivalità, ma in realtà tra noi concorrenti non c’è mai stata“.
“Le piattaforme stanno prendendo il posto di tutto, è l’unico modo che hanno gli artisti per poter far sentire la propria voce. Speriamo però che dopo lo stallo si possa tornare ai concerti live il più possibile. Speriamo anche che, avendo sentito questa mancanza della musica, la gente voglia andare di più ai concerti. Fermo restando anche l’importanza della sperimentazione, della commistione e delle nuove idee”.
“La nostra base, ora, è l’Urban. Foligno ci ha dato tutto quello che poteva, adesso stiamo cercando di crescere e ampliarci, ma non potremo che non ringraziare Foligno. E’ il momento, per noi, di uscire dal nido“.
“La musica per noi è stato un grande aiuto, un modo per uscire dai nostri gusci. A chi volesse fare musica diciamo che è bene sfruttare ogni occasione per esibirsi, per trovare la propria strada e il proprio modo di fare musica“.