Nel quadro degli Eventi di Fine anno, la parte dedicata all'arte è forse sempre quella che induce di più ” in tentazione”. Su ogni iniziativa in tal senso pende sempre il giudizio inappellabile di chi ha visto mostre più belle o più interessanti o più “fighe”. Se fosse questo, alla fine tutto si limiterebbe al senso estetico di ognuno di noi, ma il bello è che quasi mai si finisce col parlare di estetica, ma ci si infila dentro di tutto: dall'ideologia, alla politica fino alle convinzioni religiose.
“Mater Dulcissima” è stata come il cacio sui maccheroni e così, intenzionalmente, l'abbiamo visitata. Lungi da noi un catalogo ragionato in poche righe delle opere esposte e di cui evitiamo appunto di mettere anche le foto. In questo vale rispettare il lavoro altrui invitiando tutti a fare una visita alla mostra, in modo che ognuno si crei la sua opinione estetica ed emozionale.
Possiamo riferire ciò che ci è passato per la testa visitandola, alla luce della nostra sensibilità e del nostro vissuto personale, della nostra conoscenza o meno di temi come appunto la Natività, a cui è dedicata l'opera dei 26 artisti contemporanei presenti alla Mostra.
La prima sensazione è stata di grande attenzione alla parte spirituale del tema. In ogni opera, nessuna esclusa, si respira una concentrazione massima al mistero della Nascita, l'importanza dell'attimo, la responsabilità di chi, trattando il tema in termini creativi, riproduce appunto un evento universale.
Accanto ad ogni opera si trova una piccola pergamena scritta di pugno dall'artista che imprime la sua descrizione o la sua sensazione o anche solo delle parole in libertà sul tema, quasi a voler condurre il visitatore per mano e fargli sentire tutta la passione creatrice del gesto artistico.
Le stanze di Palazzo Collicola dedicate alla mostra potevano francamente essere attrezzate un po' meglio, un tocco di scenografia in più non ci sarebbe stato male. Il risultato della location è fin troppo minimale e deconcentra un po', come l'illuminazione un po' troppo omogenea. Peccato perché le opere meritano.
Citarle tutte sarebbe opportuno ma non in linea con l'intenzione appena detta, senza retropensieri e con spontanea e a volte stupita attenzione.
Bellissima la scultura di Germano Cilento che fissa nella materia l'attimo e lascia rapito il visitatore a immaginare il vertice delle sue figure. La passione morbida e avvolgente dell'opera scultorea di Aurelio de Felice come quella quasi drammatica ma amorevole di Giuseppe Gallo.
L'incomparabile tratto di Pietro Raspi e di Afro, al secolo Afranio Metelli. Gli echi metafisici, alla De Chirico, dell'opera di Stefano di Stasio e quelli quasi antroposofici di Paolo Liberati e Virginia Ryan.
Ci ha lasciati perplessi la pergamena a corredo dell'opera di Paola Gandolfi, nella quale si evidenzia la Natività, ovvero la nascita, come momento drammatico a cui segue l'entusiasmante avventura della vita.
Nelle nostre conoscenze la nascita appare come una scelta decisiva e semmai è la vita succesiva fonte di “appesantimento materiale” rispetto alla purezza di una vita intonsa al suo inizio, sino al momento in cui non pronunciamo per la prima volta la parola ” io… “.
Ma forse il dolore della nascita inteso dall'artista è quello fisico, straziante a volte, della donna nel momento finale del concepimento.
Ma è una personale sensazione di un visitatore, nulla più!
Invece la parte più curiosa della mostra è stata il lungo testo ” murale”, quasi un Dazibao, di Lamberto Gentili.
All'inizio il visitatore curioso si ferma davanti al carrello della spesa, ripieno di un po' di tutto e posto sotto il lungo testo e và a ” smisticare”, compreso un bambino che dice entusiasta: ” Papà…guarda i giocattoli per i bambini…..” .
Poi alla lettura ci si spazientisce un po' per via delle persone cha passano davanti agli occhi incessantemente per raggiungere le altre stanze della mostra, interrompendo il filo della lettura. Una posizione infausta del Dazibao insomma.
Alla fine, il testo riassume una singolare natività all'Autogrill, con tutto il campionario di ” riflessioni” indotte sul consumismo e la poca attenzione sociale a urgenze e necessità di chi ha difficoltà o ha di meno.
Già visto e forse non all'altezza delle altre opere presenti? Ma in fondo de gustibus…
E quindi, indenni nel pensiero, non trasformati ne indottrinati, siamo soddisfatti della visita, intenzionale.
CarVan