Angelica, dopo 24 anni, può finalmente riposare in pace. Il mostro infatti che materialmente la uccise – per quello che è stato definito come il più orribile dei delitti della storia italiana per le modalità con cui fu portato a termine – è stato arrestato dai carabinieri del Ros di Lecce, agli ordini del tenente colonnello Paolo Vincenzoni e sotto il coordinamento del pm Giuseppe Capoccia. 24 anni dopo la mattanza (il 20 marzo 1991), in cui perse la vita anche la mamma della bimba, Paola Rizzello di 28 anni.
Mandanti ed esecutori – per quel delitto erano stati arrestati e condannati all’ergastolo il mandante, il boss Luigi Giannelli del clan operante nei comuni della fascia jonica del Basso Salento, l’istigatrice, sua moglie Anna De Matteis, e l’organizzatore del duplice omicidio, Donato Mercuri. Mancava però l’esecutore, incastrato dai carabinieri del Ros dopo una intensa attività di indagine avviata anche a seguito delle dichiarazioni del pentito Luigi De Matteis, fratello di Anna: si tratta di Biagio Toma (nella foto, cognato del De Matteis) nei confronti del quale il Gip di Lecce, Simona Panzera, accogliendo la richiesta del procuratore Capoccia, ha spiccato nelle ultime ore l’ordine di custodia cautelare in carcere.
La scomparsa – è il 20 marzo 1991 quando si perdono le tracce della Rizzello e della piccola Angelica Pirtoli. I congiunti, all’indomani, ritrovano la Fiat Panda ma delle due nessuna traccia. Un mistero che resta tale per quasi sei anni quando – è il 19 febbraio 1997 – durante gli scavi di una cisterna, nel comune di Parabita, viene ritrovato uno scheletro ed alcuni monili d’oro. Le analisi scientifiche sui poveri resti confermarono che si trattava dei resti della giovane mamma e che era stata uccisa con due colpi d’arma da fuoco. Le indagini, rese particolarmente difficili dall’ambiente omertoso, registrano anche i racconti di Luigi De Matteis, divenuto nel frattempo collaboratore di giustizia, che nella primavera del 1999 indica il luogo dove erano stati sepolti i resti della piccola Angelica.
La ‘colpa’ di Paola – la Rizzello, dopo la fine di una convivenza, aveva avuto una relazione con il boss Giannelli (e questo l’aveva resa invisa alla moglie Anna De Matteis) e, subito dopo, con il fiduciario di quest’ultimo Donato Mercuri. Mercuri aveva commesso l’imprudenza di condurre con se la donna solitamente utilizzati dal clan per il ricovero di armi, esplosivo e droga. Paola era a conoscenza così di troppi segreti, il suo passato di tossicodipendente non la rendeva affidabile e, non ultimo, su di lei si erano concentrati i sospetti che avesse sottratto dei quantitativi di droga per uso personale.
La mattanza – la sentenza della Corte d’Assise del 2001, quella di conferma dei 3 ergastoli del 2012 e le successive indagini avviate nel primo semestre del 2014 dai Ros consentono oggi di ricostruire l’orribile duplice delitto. La sola lettura delle carte degli inquirenti fa accapponare la pelle per la barbarie compiuta nei confronti della piccola Angelica. Fu il boss Luigi Giannelli, durante un colloquio in carcere con la moglie, a impartire l’ordine di uccidere la sua ex amante. Compito che avrebbe dovuto compiere Donato Mercuri. Ma l’attendente del capo clan, organizzato il delitto, lo delegò a Luigi De Matteis e a suo cognato, Biagio Toma. Fu cosi che il 20 marzo del 1991 i due convinsero la Rizzello a seguirli in un casolare dove le avrebbero ceduto eroina per uso personale. Lo stratagemma riuscì e per la 28enne non ci fu scampo: due colpi di fucile in pieno petto, uno dei quali ferì ad un piedino la piccola Angelica. I killer decidono così di abbandonare il casolare, senza prestare cure alla bambina. Tornano dal Mercuri che però ordina loro di ‘finire il lavoro’, ovvero di uccidere anche la piccola: “se trovano la bambina in quelle condizioni, automaticamente si capisce che alla madre è successo qualcosa, qualcosa di brutto…no la bambina non si può lasciare. Voi sapete cosa dovete fare” e ancora, senza un minimo di sentimento “…va bè, tanto cresceva come la madre…” si legge nelle carte giudiziarie. Fu così che i due tornano al casolare, il Toma afferra per i piedi la piccolina e comincia a sbatterla contro il muro fracassandole il cranio.
L’autodenuncia di De Matteis e il ritrovamento dei resti della bimba avevano costituito riscontro solo nei confronti dello stesso collaboratore di giustizia, non certo per il Toma che finora non era mai stato indagato. I riscontri alle sue confidenze sono arrivate nel corso di un’altra operazione condotta dal Ros che ha individuato nuovi elementi informativi e ascoltato nuovi testimoni fino ad oggi mai individuati. Fra questi alcuni soggetti contigui al clan Giannelli che nel 1999, durante un periodo di detenzione del Toma (che nutriva sospetti sulla volontà del Giannelli di collaborare) erano stati incaricati di spostare i resti della piccola Angelica, così da rendere non credibili le dichiarazioni del De Matteis.
Il successo dei Ros – l’ordine di cattura rappresenta un altro successo investigativo per il tenente colonnello Paolo Vincenzoni, umbro doc, più precisamente di Spoleto, comandante della sezione interprovinciale dei Ros di Lecce, Taranto e Brindisi. L’ufficiale è già rimbalzato agli onori delle cronache per aver risolto molte inchieste, specie nei confronti della criminalità organizzata (leggi qui e qui)
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