Tempo fa avevamo evidenziato, osservando un video amatoriale, il degradante fenomeno di turisti che con incompetenza ed eccesso di animalismo nutrivano alcune marmotte in attesa sulla strada con biscotti, dolci e altri alimenti umani, destabilizzando la selvaticità e il normale istinto naturale di questi animali. Manco a farlo apposta in Val di Fassa, nei pressi di Canazei, un’associazione animalista ha messo in allarme le autorità forestali della zona per l’eccessiva intrusione di turisti, e pseudo-amatori degli animali, per la continua offerta di cibo nei confronti della popolazione di marmotte di quelle zone. Che ormai non cercano più cibo in Natura aspettando invece fiduciose l’arrivo degli umani. Naturalmente nessuno porta dietro cibo naturale, ma propone quello che si ha. Infatti attualmente gli animali si stanno rimpinzando di pane, biscotti, brioche e carote. Risultato? Si stanno sempre più individuando esemplari con crescite anomale degli incisivi. In questa specie, normalmente, gli incisivi sono tenuti sotto controllo, ovvero consumati e mitigati nella crescita, dal continuo lavoro a cui li sottopongono le marmotte stesse. Che nutrendosi di cibi duri e consistenti, quali radici e altri prodotti naturali, li mantengono di lunghezza adeguata. L’alimentazione “umana” degli animali coinvolge ovviamente altre specie in altri ambiti: dagli orsi del parco d’Abruzzo, dove i pietisti nutrono di nascosto i plantigradi, provocando poi la permanenza dei plantigradi e la ricerca di quel tipo di cibo nei paesi o nei punti preposti per essere catturati dai videomalati del momento. O ai cervi di Villalago, di Villetta Barrea o altri paesi della zona, o agli stambecchi del parco del Gran Paradiso ridotti a mendicanti in mezzo ai turisti entusiasti. Il parco stesso continuamente mette in guardia a questo fenomeno, anche verso le volpi ormai “clienti fisse” dei bordo strada: “Dare da mangiare alle volpi equivale a condannarle a morte”, si legge in un comunicato del Parco, “sono selvatici e così devono essere trattati. Altrimenti si rischia di mettere in pericolo la loro sopravvivenza”. Anche se adesso l’associazione animalista, nel caso delle marmotte, diffida giustamente i turisti dall’attuare simili pratiche, l’abitudine è figlia diretta del sentimentalismo istillato dalle stesse associazioni che propagano la tesi degli animali indifesi, vittime dei cambiamenti climatici, assediati dai cacciatori crudeli e assassini, lasciati morire di fame dai responsabili dei parchi che si “ostinano” a non nutrirli artificialmente per superare gli inverni e le altre difficoltà. Sarebbe ora infatti di passare dall’animalismo ad una sana informazione e divulgazione di quello che dicono l’Ispra, i responsabili dei parchi, la forestale e gli esperti veri, non collusi con l’animalismo associativo.
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