C’erano anche due istruttori di arrampicata dell’Umbria domenica sulla Marmolada quando si è verificato il distacco del ghiacciaio che ha provocato almeno 7 vittime, 8 feriti e diversi dispersi. Si tratta di Alessandro Sigismondi e Stefano Baldini, istruttori nazionali di arrampicata libera della sezione Cai di Spoleto (anche se Baldini vive a Foligno).
I due giovani – Sigismondi è molto conosciuto a Spoleto anche in quanto medico di medicina generale e volontario attivo nel periodo di trasformazione dell’ospedale in Covid hospital – si trovavano fortunatamente nell’altro versante della Marmolada rispetto a dove è avvenuta la tragedia.
A dare notizia della presenza dei due alpinisti umbri sulla Marmolada questo fine settimana è la Scuola di Arrampicata Libera Monteluco del Cai di Spoleto di cui fanno parte. Spiegando appunto che Alessandro Sigismondi e Stefano Baldini si trovavano nel versante opposto della montagna, quello sud appunto, rispetto a quello in cui è avvenuto il distacco del ghiacciaio.
Si sono accorti di quanto accaduto mentre erano sulla vetta. Dalla cima, con due calate “in corda doppia” e attraversando a piedi il ghiacciaio sotto a punta Ombretta, – spiegano dal Cai – sono arrivati alla stazione intermedia della funivia, dove hanno imboccato il sentiero in discesa che, fiancheggiando Pian dei Fiacconi, li ha portati in sicurezza fino a Passo Fedaia, lontano dalla traiettoria del crollo. Avevano passato la notte in quota, nei sacchi a pelo, senza bisogno di tende. Un fatto che rende bene l’idea come anche lassù, nonostante il freddo, le temperature siano molto più alte della media.
A ripercorrere quanto accaduto, ed a spiegare cosa significhi la Marmolada per gli alpinisti, è la Scuola di alpinismo del Cai di Spoleto sui social network: “La Marmolada, che i locali chiamano la Regina delle Dolomiti, ha una cima che si trova a 3343 m slm e porta in sé numerose contraddizioni. La prima è che si trova in mezzo a più territori che a seconda del tempo e degli eventi se ne contendono l’identità. La seconda è che, pur essendo la Regina delle dolomiti, non è fatta di dolomia, ma di solo calcare, grigio e molto compatto e contiene un ghiacciaio al suo interno che è il più grande di tutte le dolomiti.
La salita in arrampicata libera della Marmolada rappresenta per ogni alpinista di alto livello un passaggio obbligato attraverso la storia, ma soprattutto nel reale; le vie classiche hanno nomi che segnano istanti e connettono spiritualmente le persone all’ambiente: “tempi moderni”, “attraverso il pesce”, “don quixote”, “la cattedrale” e “ultima foglia d’autunno,” solo per citarne alcune. La chiamano la parete d’argento il versante sud della Marmolada; centinaia di metri di roccia, attraversati da una grossa cengia, un terrazzo, che accoglie, spaventa e ristora gli alpinisti che di lì passano e spesso sostano per una notte nel buio totale del cielo iperstellato.
Nelle giornate del 2 e 3 luglio, Stefano Baldini e Alessandro Sigismondi, istruttori nazionali di arrampicata libera della nostra sezione Cai di Spoleto, hanno arrampicato la via “Don Quixote” sulla parete sud della Marmolada, via classica aperta da Heinz Mariacher, Reinhard Schiestl nel 24 giugno 1979, quando nessuno dei due nostri era ancora nato. La via si estende per oltre 900m divisi in 23 tiri con grado variabile fino al VI+. E’ una via classica, per la sua bellezza tra le più ripetute, per salire in vetta alla Regina. Sognata, attesa e preparata negli ultimi tre anni, compiuta in una delle giornate più dolorose nella storia delle nostre montagne e del rapporto tra donne, uomini e natura.
Al di là della cima, sull’altro versante, quello nord, mentre i due nostri alpinisti salivano, un’enorme pezzo di ghiacciaio si staccava ingoiando alcune delle alpiniste e degli alpinisti che erano lì per nutrire la dimensione verticale della ricerca del senso e della trascendenza di se stessi. Qualcuno ha già scritto che il ghiacciaio è morto, che la colpa è del riscaldamento globale e che la responsabilità di quanto accaduto è di ognuna e ognuno di noi. Le roi est mort, vive le roi dicevano i francesi durante la monarchia per annunciare la morte di un sovrano e augurare buona vita al suo successore. Ma se la Regina è morta, non ce ne può essere una pronta a prenderne il posto. Va salvato quello che già esiste, perché questa non è la fine del mondo e noi abbiamo già iniziato a ricostruirne uno diverso. Si può sognare per anni di fare qualcosa che appartiene al passato e fare contemporaneamente di tutto perché diventi parte del presente nostro e del futuro dell’umanità intera”.