E' stata inaugurata ieri la mostra dal titolo “La musa addormentata”, che sarà possibile visitare fino al 31 gennaio con ingresso libero al “Caffè letterario” del Teatro Piermarini di Foligno. L'esposizione è incentrata sul rapporto tra la pittura di Marina Seredà, affermata artista che ha il suo studio a Todi, ma che ha già esposto a Roma, Spoleto, Mosca e Kiev e la scrittura della studentessa del liceo classico “Jacopone da Todi”, Alessia Rosati, al suo esordio nell'ambiente letterario. I temi dei quadri esposti spaziano tra soggetti sacri come la “Madonna con bambino”, dipinti di paesaggi a campo lungo e primi piani di alberi, fino a soggetti mitologici e fantastici come il quadro “La sirena”. Alessia Rosati si è ispirata ad alcuni dei soggetti dell'artista di origine russa per composizioni letterarie quali “Giuditta e Oloferne” o “Il gufo” e l'incantata “Il protettore dei gatti randagi” (che riportiamo in calce). A presentare la mostra è intervenuto l'artista e scrittore romano Giuliano Torrebruno, autore di numerose recensioni sulla pittura con lo pseudonimo di Proteo, che ha dato ai ragazzi presenti alcuni strumenti per capire la pittura contemporanea. Il connubio più apprezzato dalle persone presenti alla mostra è stato quello tra il quadro e il racconto intitolati “Inferno”: inizialmente il titolo del quadro era “I quattro elementi”, ma la rilettura dalla giovane scrittrice ha portato la Seredà a cambiare il titolo della propria opera, a testimonianza della profonda compenetrazione che c'è stata nel lavoro delle due artiste. Ha presenziato la mostra anche la Prof.ssa Tiziana Menciotti, insegnante di Alessia, un esempio del ruolo che la scuola può avere nell'incoraggiare le aspirazioni dei ragazzi.
“Il protettore dei gatti randagi”
Le calde giornate romane sono tutte uguali: il tram sfreccia borioso sui suoi binari, le segretarie corrono alla fermata della metro con un bicchiere di latte macchiato in mano tenendosi in perfetto equilibrio sui tacchi 11, il pullman 649 non riesce mai ad arrivare in orario, qualche ragazzino distribuisce volantini, un cane speranzoso gira tra le bancarelle del mercato e qualche gabbiano temerario si posa sui cofani infuocati delle auto. Nel caos cittadino, passando accanto a Castel Sant'Angelo, si incontrano bambini sorridenti e sognanti, tutti intenti a raccontare qualcosa di meraviglioso a mamma e papà. Nel caos cittadino, un suono melodioso e delicato può sembrare fuori luogo, sbagliato. Eppure c'è. Ogni giorno. I bambini osservano come ipnotizzati quell'uomo seduto in un vicolo insolitamente luminoso, amano il suo sorriso sereno e il suo bel violino di acero ed abete, ma soprattutto amano le sue grandi ali candide, gentilmente ripiegate dietro la schiena. Non ne parlano mai, però, ai genitori. Vengono presi per bugiardi. E sgridati. “È solo uno dei tanti barboni che appestano la città”, esclamano, con una smorfia disgustata sul viso. Eppure non riescono a nascondere l'ammirazione quando vedono la leggiadria con cui le sue lunghe dita affusolate accarezzano le corde dello strumento, producendo una melodia ultraterrena, celestiale. I gatti siedono intorno a lui, accarezzano i suoi abiti con i baffi e lo accompagnano nel suo concerto con le loro fusa, incantati dalla notte che il suo stesso corpo sembra emanare. E mentre ogni giorno scintille gioiose ci passano sotto gli occhi, noi, assorbiti dalla nostra quotidianità, piatta e ingorda come un buco nero, non riusciamo a vederle. Non vediamo niente. Nemmeno la bellezza angelica di un barbone violinista, protettore dei gatti randagi.