L’Umbria del lavoro si mobilita per chiedere di cambiare la manovra economica del governo Draghi. Cgil, Cisl e Uil regionali manifesteranno a Terni, sabato 27 novembre alle ore 10.00, in piazza dell’Orologio (non più piazza Tacito come previsto, su richiesta della prefettura) insieme a lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati da tutta la regione (molti i pullman predisposti per raggiungere Terni) e con le testimonianze di delegate e delegati dai posti di lavoro e dai territori e le conclusioni di Andrea Cuccello, segretario della Cisl nazionale.
Stamattina, nel corso di una conferenza stampa unitaria, i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil dell’Umbria, Vincenzo Sgalla, Angelo Manzotti e Claudio Bendini, hanno illustrato le ragioni e le modalità della mobilitazione. “Prima di tutto abbiamo scelto Terni perché qui si concentrano alcune delle sfide decisive per il futuro della nostra regione e dell’intero Paese – hanno affermato i tre segretari – e quindi vogliamo lanciare anche a chi governa l’Umbria un messaggio forte sulla necessità di aprirsi alla partecipazione del mondo del lavoro, per costruire un progetto post-pandemia in grado di rilanciare occupazione e sviluppo”. Secondo i tre sindacati, infatti, il rimbalzo economico in atto non è assolutamente sufficiente a stare tranquilli: “Anche se dovessimo riuscire a ritornare ai livelli di Pil del 2019 – hanno osservato Sgalla, Manzotti e Bendini – saremmo comunque 15 punti al di sotto rispetto al 2008. Questo rende evidente la necessità di scelte importanti e coraggiose”.
Ma la manifestazione di Terni, che si svolgerà in contemporanea con quelle delle altre regioni italiane (ad eccezione di Marche e Veneto che hanno manifestato sabato scorso) sarà rivolta soprattutto a chiedere una modifica della legge di stabilità, in vista del suo approdo in Parlamento, anche in considerazione della disponibilità senza precedenti di risorse economiche. Cinque i temi centrali per le tre confederazioni sindacali. Sulle pensioni Cgil, Cisl e Uil dicono no a quota 102 e propongono la possibilità di andare in pensione con maggiore flessibilità in uscita, a partire da 62 anni o con 41 anni di contributi senza limiti di età. Va inoltre migliorata l’Opzione donna, prevista una pensione di garanzia per i giovani precari e rafforzata l’APE sociale estendendo la platea dei lavori gravosi e usuranti.
“Sul fronte del fisco – si legge in una congiunta dei sindacati – per i sindacati è prioritario garantire le risorse da destinare alla riduzione delle tasse a lavoratori e pensionati (quindi, in sostanza, sì al taglio dell’Irpef e no a quello dell’Irap). Vanno poi contrastati lavoro nero, evasione ed elusione fiscale e superato il meccanismo degli incentivi a pioggia.
Sul tema del lavoro servono investimenti per creare buona occupazione, ammortizzatori sociali universali e politiche attive, in modo prioritario per donne e giovani. Sono obbiettivi fondamentali il contrasto della precarietà e il rilancio del potere d’acquisto di salari e pensioni. Occorre stabilizzare il lavoro e rilanciare le assunzioni nei settori pubblici, a partire da sanità e scuola”.
“Per lo sviluppo è necessario rafforzare le politiche industriali; sbloccare gli investimenti in ricerca, innovazione e formazione; affrontare le sfide della transizione ambientale e digitale; risolvere le crisi aziendali ferme al Mise. Sui temi sociali – concludono Cgil, Cisl e Uil – rimane fondamentale incrementare le risorse e introdurre i livelli essenziali in vista della legge sulla non autosufficienza; contrastare la povertà, anche migliorando il reddito di cittadinanza e potenziando le politiche di inclusione”.