Terni

Manifatturiero a Terni, Cgil fa il quadro della situazione

“L’industria nella provincia di Terni continua ad essere nelle sabbie mobili, con l’unica differenza che in caso l’immobilismo non serve, anzi può risultare letale”. È una metafora molto eloquente quella con cui la Cgil di Terni torna a descrivere il sistema manifatturiero della provincia, a distanza di 4 mesi dal precedente focus realizzato dal dipartimento industria della Camera del Lavoro.

“Purtroppo – si legge nel documento stilato al termine dei lavori – registrano un ulteriore peggioramento dell’andamento delle attività produttive nei diversi settori. Una situazione che getta ancora di più nell’incertezza migliaia di lavoratrici e lavoratori per la mancanza di prospettive per il futuro dell’industria stessa”.

L’analisi parte naturalmente dal settore siderurgico, che attende ormai da tempo il tanto decantato, ma mai affrontato, accordo di programma, che sarebbe il viatico per un piano industriale “indispensabile per la sussistenza e la prospettiva del più grande polo produttivo della regione”. Ma centrali, per la siderurgia, sono anche i temi legati all’energia e quindi alle aziende che la producono, la trasformano e la distribuiscono.

Nel chimico e manifatturiero, la Cgil sottolinea le difficoltà di diverse multinazionali che “soffrono nel proporre nuovi modelli di produzione”. In alcuni, secondo il sindacato, questo è legato all’incertezza dei mercati, come quello dell’automotive, ma anche alla crisi strutturale che interessa la crescita della nostra regione, con parametri più bassi rispetto al dato nazionale ed al dato delle altre regioni del centro.

Ma ogni singolo settore, secondo il sindacato, dalle costruzioni all’agroalimentare, ha bisogno di attenzioni ed interessi particolari. “Si pensi ad esempio al tema della ricostruzione post-sisma e quindi della messa in sicurezza e adeguamento delle infrastrutture del territorio – si legge nel documento – così come anche le concessioni in scadenza per l’emungimento e il pompaggio delle acque minerali, che determina la vita di un intero settore”.

“Sarebbe opportuno mettere a fattore comune le necessità delle imprese con gli strumenti di sostegno comunitari – scrive ancora la Cgil – per favorire e creare nuovi fattori localizzativi e stimolare così gli investimenti da parte delle imprese che già hanno insediamenti produttivi nei poli industriali chimici (Terni, Narni e Nera Montoro) oltre che per attrarre nuove iniziative imprenditoriali”.

La Cgil rimarca poi come molte aziende e gruppi industriali siano interessati al cambiamento delle politiche europee 2030-2050, ma pochi abbiano una prospettiva che li porti a ragionare in un’ottica di investimento e sviluppo nella nostra regione. “Tutto questo perché – continua il sindacato – come diciamo già da tempo manca una visione di politica industriale che dia proposte credibili e che guardi con progetti veri alla transizione energetica ed ecologica del settore, oltre che alla sostenibilità sociale ed economica, a vantaggio dei cittadini e dei lavoratori”.

Da parte sua, la Cgil da tempo ha avanzato una proposta sull’idea di sviluppo per il territorio: “Un’idea che parte dalla valorizzazione dei settori tradizionali e che guarda ai nuovi processi e percorsi di innovazione dentro un orizzonte che è quello del 2030-2050, con l’obiettivo di cogliere le sfide europee in termini di ambiente e sostenibilità. Proposte che rilanciamo, invitando i soggetti protagonisti del territorio, istituzioni, associazioni ed imprese ad avere un protagonismo diverso, non di facciata, ma con progetti concreti che rimettano al centro investimenti, sviluppo, visione industriale ripartendo dal lavoro”.

“Se ciò non dovesse avvenire – conclude il documento della Cgil – non resteremo certo a guardare. Per il bene dei lavoratori e di tutta la nostra comunità, faremo tutto ciò che è necessario al fine di produrre un cambiamento indispensabile alla rinascita dell’industria nel nostro territorio, anche attraverso la mobilitazione se sarà necessario. Ripartire dal lavoro, quantità e qualità, sicurezza, stabilità e soprattutto valorizzazione delle competenze, affrontando e migliorando diritti e salario: questa è la condizione irrinunciabile per poter cogliere le sfide più complessive della transizione e della sostenibilità”.