Malattie rare, internista Palladini: "Amiloidosi più frequenti nei maschi" - Tuttoggi.info

Malattie rare, internista Palladini: “Amiloidosi più frequenti nei maschi”

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Malattie rare, internista Palladini: “Amiloidosi più frequenti nei maschi”

Mer, 11/06/2025 - 12:03

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(Adnkronos) – “Le amiloidosi sono un gruppo di malattie rare che tendono a essere più frequenti tra i maschi. In particolare, nella forma da transtiretina wild-type, cioè non ereditaria, i maschi sono colpiti 10 volte più frequentemente delle femmine. La causa di queste malattie sta nella deposizione di proteine, prodotte dal nostro corpo, nei tessuti”. Così Giovanni Palladini, medico internista, direttore del Centro amiloidosi sistemiche e malattie ad alta complessità della Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia e professore ordinario di Biochimica clinica e Biologia molecolare clinica presso l’università di Pavia, in occasione dell’incontro con la stampa dal titolo ‘Amiloidosi cardiaca: quando il cuore nasconde una malattia rara’, che si è tenuto a Milano presso la sede di Bayer Italia. 

“Sono patologie difficili da diagnosticare perché assomigliano a malattie più comuni – prosegue Palladini – I sintomi si possono presentare in associazione e questo deve suscitare sospetto perché è difficile che si trovino sintomi di interessamento di diversi organi nella stessa persona senza una causa comune. I sintomi che suonano da campanello d’allarme – illustra – sono lo scompenso cardiaco che i cardiologi chiamano ‘a frazione di eiezione conservata’ e il formicolio a mani e piedi”. 

Si tratta di una malattia sistemica rara, progressiva e degenerativa. caratterizzata dalla deposizione di proteine filamentose, chiamate fibrille amiloidi, in vari organi e soprattutto nel cuore. “Le terapie per l’amiloidosi – chiarisce Palladini – hanno l’obiettivo di togliere la disponibilità della molecola che forma i depositi. Questo è possibile farlo in modo efficace nelle due forme di amiloidosi più comuni. Nel campo della amiloidosi da transtiretina, ci sono degli stabilizzatori molto efficaci da assumere per via orale. Si tratta di una terapia che stiamo cercando di trasferire, a livello sperimentale, anche nella amiloidosi da catena leggera. Tutto ciò – conclude – significa che non siamo più disarmati”. 

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