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L'Università di Perugia applaude il procuratore nazionale antimafia Grasso e i principi della legalità – FOTO

C'erano tantissime persone in piedi nella grande aula di Scienze Politiche dove stamattina il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha tenuto un incontro organizzato da Libera Umbria sulla cultura della legalità, sulla storia e sullo stato della lotta alla mafia.

“Questo lavoro mi ha fatto capire il valore della legalità come principio assoluto”, ha detto Grasso a una platea di studenti e non solo, che ha seguito oltre un'ora di intervento con partecipe attenzione. “Una legalità che va difesa nel vissuto quotidiano, anche quando tutti intorno ci spingono per scelte diverse, come una raccomandazione”, ha detto il magistrato.

Grasso, accompagnato da alcuni uomini di scorta, ha parlato a fianco a Fausto Cardella, capo della procura di Terni, per anni impegnato nelle indagini sulla morte di Falcone nella procura di Caltanissetta.

“La cultura della legalità non vuol dire soltanto osservanza delle regole, come è scontato che sia”, ha detto ancora il procuratore, “ma aderire ad un sistema di principi, di idee e comportamenti che devono tendere ai valori della libertà della persona, dei diritti umani, della democrazia, della tolleranza, della pace, della non violenza”.

Evasori, comitati d'affare e la lotta per la sicurezza – Il discorso di Grasso si è incentrato su quanto sia basilare l'importanza di un sistema “pulito” per permettere la diffusione di una simile cultura.

“Non si può parlare di legalità a una persona che lotta per il pane”, ha detto. “C'è il problema dei giovani, del lavoro. Quanti sono costretti a emigrare? Finché al sud potranno restare soltanto i giovani che si adeguano a quel sistema, non potrà mai esserci un cambiamento”.

Grasso ha indicato come responsabile di questa situazione un “area grigia”, fuori dalla mafia, di imprenditori, burocrati, funzionari, comitati d'affari che per perseguire i propri interessi operano in favore della mafia. “Oggi la corruzione opera attraverso i comitati d'affari, in cui spesso non c'è un rapporto diretto tra chi corrompe e chi trae il beneficio”, ha detto. Un metodo che si è andato consolidando anche in quelle regioni dove non c'è (una presenza sul terriotorio della) mafia”.
Il procuratore poi ha puntato il dito contro gli evasori, che ha definito “criminali”, in quanto sono una delle cause dell'insicurezza economica di un'intera comunità, che andrebbe considerata almeno quanto il problema della sicurezza dovuta alla microcriminalità.

L'utopia – “In questi termini, può sembrare un'utopia parlare di lotta alla mafia”, ha detto Grasso in conclusione. “Ma sono le utopie che fanno la storia”.

“Non possiamo dire di aver sconfitto la mafia oggi, ma possiamo dire che tutti i risultati della lotta alla mafia che oggi stiamo ottenendo sono il risultato innanzitutto di quel lavoro svolto da Falcone e Borsellino”. I due magistrati, che il procuratore cita spesso come “punti di riferimento che mi hanno spesso aiutare a resistere nei momenti difficili, quando ho dato tutto per raggiungere un obbiettivo che invece non ho ottenuto”.

“L'uomo lasciato senza un ideale si riduce ad una creatura spinta dagli impulsi. Lasciato senza utopia perde l'interesse al cambiamento della storia”, ha detto.

Francesco de Augustinis