Altro che maalox per i pentastellati di Grillo e Casaleggio. A dover far uso dell’antiacido per digerire delusioni e sconfitte sono in diversi in Umbria, dove il voto di domenica scorsa ha segnato, probabilmente per sempre, la vita di buona classe della dirigenza politica di svariati partiti e movimenti. Se la sono cavata invece bene i democratici di Renzi che un po’ ovunque hanno tenuto il passo, pur ridimensionati rispetto al voto delle europee che ha segnato il trionfo del loro leader. Ma le comunali, è risaputo, sono ben altra cosa. Così anche nei comuni più grandi il piddì si appresta a continuare la sua opera di governo. Tanto che i ballottaggi sembrano nella maggior parte dei casi un mero pro forma, tanto sono distanti i candidati del centrosinistra dai loro avversari. Una cosa comunque è certa: chi pensava che si stesse vivendo il picco dell’antipolitica dovrà ricredersi, a guardare l’esercito di aspiranti a uno scranno. Spesso tirati per la giacchetta pur di inseguire le solite regole e strategie della mala politica.
A Perugia Wladimiro Boccali porta la coalizione al 48,37% (41.129 voti) perdendo 1.500 preferenze sul risultato personale (39.582). Tiene il partito democratico che ottiene il 35,03%, sei punti sotto il risultato delle europee (41,3%). Un risultato comunque sufficiente per guardare con fiducia all’8 giugno quando dovrà vedersela contro Andrea Romizi, candidato del centro destra (22.375) che ottiene 700 voti più della sua coalizione (21.603) ma che registra la debacle di Forza Italia ferma a 11,72%. Chi potrebbe giocare un ruolo nella partita finale potrebbe essere l’M5S ma appare al momento difficile ipotizzare un sostegno a Romizi.
A Terni Leopoldo Di Girolamo è riuscito in una vera e propria impresa se si pensa che doveva vedersela con 11 avversari che inevitabilmente hanno logorato lo scenario politico. Una follia, per una città di 89.765 elettori. Vale ricordarli i numeri della vigilia: 12 candidati a sindaco, 23 liste, ben 640 aspiranti consiglieri comunali, in pratica 1 ogni 137 elettori (a Perugia che di votanti ne conta 128mila erano ‘appena’ 440). Il sindaco uscente, due mesi prima del voto, quando ancora si ipotizzavano 5-6 avversari, era dato dai sondaggi al 52%. Per questo il 48,47% ottenuto dalla coalizione (le 5 liste civiche a sostegno hanno portato quasi il 14%, Sel il 3,7%) assume un significato quasi di ‘miracolo’. L’avversario Paolo Crescimbeni è staccato di ben 27 punti, un abisso praticamente impossibile da colmare. Neanche ipotizzando un accordo con i grillini di Angelica Trenta, la prof che ha conquistato 500 preferenze più della lista (10.519 contro 9.826) insufficienti però a portare il movimento sopra la soglia del 20%.
A Foligno, per restare in tema di follia politica, erano in 428 a correre (7 i concorrenti allo scranno più alto), 1 ogni 104 elettori, come a dire un rappresentante per condiminio. Eppure l’uscente Nando Mismetti, nonostante lo strappo (poi ricucito) con Riommi e quello con la Piccolotti di Sel, ha portato a casa un lusinghiero 41,48% con 12.503 voti personali, 250 in più di quelli ottenuti dalla coalizione dove le quattro liste collegate al piddì hanno ottenuto appena il 10% (i democratici si sono attestati al 32,38%). 17 i punti di distacco dall’agguerrita Stefania Filipponi la quale, sostenuta addirittura da 7 liste, ha guadagnato il 24,43% e 7.363 preferenze personali. Come a Perugia e Terni, il pd folignate non sembra affatto intenzionatoa cercare apparentamenti. Escluso a priori quello con Sel (6,15%), la campagna dei prossimi giorni potrebbe puntare a intercettare i voti dei grillini e quelli di Aldo Amoni la cui lista ha sfiorato il 10%.
A Spoleto i renziani non dormono sonni particolarmente sereni. Neanche l’aver schierato il segretario provinciale Danta Andrea Rossi – dopo la pugnalata alle spalle all’uscente Daniele Benedetti che per i sondaggi partiva da un +29% – è servito ad ottenere un voto tondo. Chi ventilava la vittoria al primo turno, si è dovuto ricredere di fronte ai 7.954 voti del candidato sindaco (il 38,16%; 333 voti meno della coalizione). Rossi parte in pole con uno scarto di 13 punti dal professor Fabrizio Cardarelli (Rinnovamento, Spoleto popolare) autore di un successo personale quantificato in 5.289 voti personali (25,37%). Ma i problemi per lui potrebbero essere appena cominciati. Il M5S, a quanto può anticipare Tuttoggi, si riunirà giovedì prossimo per decidere il da farsi, ma sembra scontato che la stragrande maggioranza del movimento appoggerà Cardarelli. I pentastellati stanno verificando se c’è la possibilità di un apparentamento o se dovranno limitarsi ad un endorsement che da solo potrebbe teoricamente valere il 12,82%, più che sufficiente a colmare il gap che distanzia il prof dal candidato piddì. C’è poi da capire cosa faranno gli elettori di Forza Italia che ha segnato il risultato peggiore in Umbria con un misero 7,7% ma anche quelli di Spoleto Vince (6,4%) dell’ex sindaco Massimo Brunini, espulso dal piddì un mese fa e difficilmente interessato a portare acqua al mulino di Rossi. Voti che potrebbero piovere dal cielo visto che al momento Cardarelli non sembra disposto a ‘trattare’ con azzurri e bruniniani. La breve ma intensa corsa di Rossi è stata poi costellata da vari problemi: dalla gaffe di Epifani in quel di San Martino, al cambio in corsa del coordinatore della campagna elettorale. Non solo. Il segretario provinciale, prima ancora di fare i conti con un gruppo consiliare debole sotto il profilo dell’esperienza politica e amministrativa, sarà chiamato a tenere unito il partito. Su tutto pesa, e seriamente, la debacle di alcuni candidati a cominciare dal segretario comunale Andrea Bartocci che ieri sera ha annunciato ai fedelissimi l’idea di presentare le dimissioni proponendo al suo posto Maria Margherita Lezi. Una indicazione un po’ azzardata visto che proprio l’ex assessora poche settimane aveva dichiarato che c’era la necessità per la vecchia guardia di farsi da parte, specie “in questo momento in cui regna l’antipolitica”. Nell’ottica di aggregare il partito rientra anche il ‘nodo’ delle poltrone: perché a quelle che sarebbero già state ipotecate da Massimiliano Capitani e Laura Zampa si aggiungerebbero quelle richieste da Stefano Lisci (uscito dai socialisti e che ha portato al piddì un bottino di oltre 600 voti) e del socialista Enzo Alleori (420). Ma su tutto pesa l’ultima nota stampa del partito inviata venerdì scorso, a poche ore dal silenzio stampa, con cui è stato preso di mira l’avversario Cardarelli e i cui contenuti sembrano a dir poco gravi. Leggiamo il brano: “…noi vogliamo riformare l’Italia e questa città – scrivono dal piddì – ma nel rispetto più profondo della democrazia e delle istituzioni. Ciò che è mancato a Spoleto dove alcune forze di opposizione sono ricorse alla magistratura. E’ avvenuto per il cosiddetto buco di bilancio…ma Cardarelli, con la logica ‘muoia Sansone e tutti i filistei’ non si è fatto scrupoli nemmeno quando è ricorso alla Procura della Repubblica anche per presunti illeciti alla Banca Popolare cancellando un istituto di credito con più di cento anni di storia, nato dal sacrificio e dall’impegno degli spoletini”. Frasi farneticanti, da cui Rossi, sentito da TO, ha preso in qualche modo le distanze. Certo è che qualcuno quella nota l’ha scritta stravolgendo di proposito la storia, i fatti e le responsabilità su ciò che è avvenuto alla locale banca che, vale ricordarlo, venne commissariata da Bankitalia cinque mesi prima che la magistratura chiudesse le indagini. Ma anche questo comunicato la dice lunga di come il Pd di Spoleto stia soffrendo questa campagna elettorale e di come i toni siano destinati ad incendiarsi in vista del prossimo 8 maggio.
© Riproduzione riservata