Cinema

“L’umanità in fuga”, la crisi globale che più ci appartiene

Tra i molteplici eventi che hanno avuto luogo presso la Sala Pegasus di Spoleto, in questo ultimo mese dell’anno 2017 arriva una rassegna su uno dei temi più attuali e discussi della realtà mondiale.

Una sfida morale

La rassegna si chiama “L’umanità in fuga” e presenterà tre proiezioni di due diverse pellicole, capaci di mettere in scena l’odissea dei migranti da un punto di vista strettamente umanistico.

Politici, sociologi, giornalisti, opinionisti di varia natura hanno parlato e straparlato della migrazione. A volte distorcendo il fenomeno secondo i propri interessi, a volte cercando di spiegarlo attraverso dati, cifre e predizioni e a volte ancora per cercare di trovare una soluzione.

Il merito di questa rassegna e il grande potere dei film che ne faranno parte è quella di andare oltre ogni tipo di filtro sociale, politico ed analitico per raccontare da vicino il dramma personale di questi esseri umani, senza pensare di poter dare soluzioni e senza la presunzione di commuovere, ma solamente per far prendere coscienza di un fenomeno che prima di tutto distrugge delle vite e impedisce ad altre di nascere, senza scrupoli e senza sensi di colpa da parte di nessuno.

Quello che si vuole portare agli occhi dello spettatore è la forza dello spirito umano che caratterizza i protagonisti, loro malgrado, di queste vicende. Figure stoiche, piene di ottimismo, di sogni e di voglia di vivere la propria vita esprimendo sé stessi e lottando con i denti per la propria dignità.

Si tratta di un dramma umano che dà nuovo vigore alla fiamma che abbiamo dentro di noi; una fiamma che ci unisce tutti e ci ricorda che la tolleranza, la fiducia e soprattutto il rispetto dell’umanità altrui, sono gli unici elementi che permetteranno alla società globale di superare la paura, la diffidenza e l’isolamento, i veri mali del nostro secolo.

I due film presentati saranno “Mediterranea” di Jonas Carpignano, in sala mercoledì 6 dicembre alle ore 21.30 e “Human Flow” del maestro Ai Weiwei, venerdì 15 dicembre e mercoledì 20 dicembre, sempre alle 21.30.

L’odissea di Ayva

In molti conoscono il giovane regista italoamericano Jonas Carpignano per il suo secondo lungometraggio “A Ciambra”, che tratta della comunità di rom situata nei pressi di Gioia Tauro in Calabria, per l’enorme successo riscosso al Festival del cinema di Cannes e per essere uno dei quattordici film scelti per rappresentare l’Italia nella corsa agli Oscar 2018.

Pellicola proiettata, tra l’altro, alla Sala Pegasus la domenica del 15 ottobre scorso, in occasione dell’European Art Cinema Day 2017 (Giornata Europea del Cinema d’Essai), con presente in sala il produttore, nonché padre del regista, Paolo Carpignano.

Quello che invece è passato in sordina è stato il lungometraggio di esordio di Carpignano “Mediterranea”, presentato alla semaine de la critique a Cannes nel 2015, omaggiato dalla critica internazionale, ma mai distribuito nelle sale italiane.

Mediterranea” è invece una pellicola invisibile, una pellicola trattata in modo marginale, proprio come i soggetti che ne sono protagonisti.

Il film prende spunto dai fatti di cronaca del 2010 riguardanti la rivolta di Rosarno, così sono stati chiamati gli scontri tra la popolazione locale e i migranti. Scontri preannunciati dagli attriti che furono resi pubblici anche nel 2008.

La storia tratta di Ayiva ( personaggio che ritorna anche in “A Ciambra”) e il suo amico Abas, che lasciano la loro casa per intraprendere un viaggio verso una terra promessa, rappresentata dall’Italia.

Il film è diviso in tre parti ed inizia dal deserto della Mauritania, per poi passare alla traversata dalla Libia verso le nostre coste ed infine la permanenza in Calabria, a Rosarno.

Nel corso del film andrà in scena il mutamento della visione del Bel Paese da parte dei due ragazzi del Burkina Faso, poichè all’arrivo, dopo le miriadi di fatiche patite, saranno ospitati in un centro di accoglienza, che più che un luogo di speranza apparirà come un luogo di prigionia e di fermo obbligatorio.

Nonostante Ayiva trovi lavoro come raccoglitore di arance e riesca ad inviare soldi alla sorella e alla figlia, non riuscirà ad integrarsi con la popolazione locale in un escalation che porterà agli eventi reali sopracitati.

Il modo di girare di Carpignano ricorda molto la corrente cinematografica neorealista, ovvero la tecnica di seguire da vicino i personaggi con inquadrature  strette con la telecamera a mano e numerosi primi piani.

Questa vicinanza permette di arrivare ad un realismo eccezionale e di far saltare agli occhi tutte le fatiche, le paure, le ansie e i pericoli che fanno parte delle vicende dei personaggi su scena.

In più permette al film di rappresentare un fenomeno globale evidenziano il dramma umano del singolo senza voler trasmettere ad ogni costo un certo tipo di messaggio, di giudizio o sentimentalismo di alcun genere.

La scrittura in equilibrio perfetto tra realtà e finzione è figlia di questo modo di girare, tipico anche di “A ciambra”, vera forza del cinema che ha in testa il giovane regista.

Anche il protagonista si sposa perfettamente con la filosofia del film, in quanto l’interprete di Ayiva, Koudous Seihon, mette in scena la sua reale storia, ma attraverso i panni di un altro.

Si tratta di un film potente, trascinante e all’altezza del fenomeno che racconta.

Da vedere assolutamente.

Mediterranea

di Jonas Carpignano

Presentato alla semaine de la critique a Cannes 2015

Cast: Koudous Seihon, Alassane Sy, Francesco Papasergio, Pio Amato, Vincenzina Siciliano

Durata: 107 minuti

Un oceano di cuori pulsanti

Il secondo lungometraggio della rassegna è “Human Flow”, documentario in concorso a Venezia 74, di Ai Weiwei,uno dei maggiori esponenti di registi che hanno deciso di fondere arte e attivismo.

La pellicola percorre un viaggio di un anno in 23 Paesi differenti tra cui Afghanistan, Bangladesh, Francia, Grecia, Germania, Iraq, Israele, Kenya, Messico, Turchia e la nostra Italia; per raccontare il più grande esodo umano dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.

Si tratta di un enorme flusso migratorio di oltre 65 milioni di persone, costrette a lasciare la propria casa a causa di guerre, carestie, persecuzioni, povertà dilagante e cambiamenti climatici.

La pellicola possiede una grande espressività artistica, capace di presentare delle immagini imponenti e mozzafiato per il numero di migranti in movimento e per gli ambienti in cui si muovono, numerosissimi e molto diversificati: dalle traversate di mari, i fermi presso dei campi di accoglienza improvvisati fino a i confini delimitati da chilometri di filo spinato, chiusi e militarizzati.

Nonostante venga messo in scena un vero e proprio oceano di persone, esse rimangono sempre tali, con le loro speranze, la loro voglia di una casa, di una stabilità e di esprimere se stessi.

Il film è strabiliante quando riesce a collegare delle immagini impressionanti per quanto riguarda il numero di persone costrette in questi viaggi lunghissimi e l’approccio personale ed individuale con ognuno di loro.

Viene raccontato l’ottimismo, la speranza, lo spirito di sopravvivenza, la voglia di continuare nonostante tutto e tutti, che possiede ogni singola goccia di questo enorme oceano in movimento.

Ognuno di loro possiede una forza tale da riuscire a superare la paura di non tornare più a casa, la fame, le malattie, le violenze, le persecuzioni, gli stupri e i trafficanti di esseri umani; solo grazie all’unione e al sostegno morale.

Il regista stesso compare in scena diverse volte per cercare di portare lo spettatore all’interno di questo enorme flusso e per farlo sentire esattamente come un altro di questi orfani della società globale.

Non è sicuramente il primo documentario del regista Weiwei, il quale vanta già numerose opere artistiche, soprattutto in patria, ma per l’occasione egli ha deciso di reinventare il proprio stile registico per consegnarci un’opera puntuale e necessaria.

In grado di spaziare dalla singola formica fino alla moltitudine, senza mai far girare la testa, senza mai perdere il filo e soprattutto senza mai far cadere nella banalità, ma cercando sempre di rendere consapevoli, perchè la cosa peggiore è sempre la tendenza a voltarsi dall’altra parte per non guardare.

L’invito è di sedersi e guardare con occhio attento le immagini di questo film, perchè hanno dentro un’intensità incredibile, perchè racchiudono l’animo umano e perchè vanno oltre ogni tipo di strumentalizzazione.

Sono una ricchezza e un tesoro visivo, non ve lo perdete.

Human Flow

Di Ai Weiwei

In concorso a Venezia 74

Durata: 140 minuti


di Jacopo Fioretti

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