Tutto partì dalla “stanzetta di oculistica”, negli anni ’90, quando lui era ancora primario del pronto soccorso di Spoleto. Poi, con la sua scuola di chirurgia robotica, portò alto il nome di Spoleto nel mondo. Il ricordo del dottor Luciano Casciola, scomparso un anno e mezzo fa, sarà per sempre vivo nel “suo” ospedale San Matteo degli Infermi. Lo sarà ora anche grazie ad una targa apposta all’ingresso del nosocomio cittadino, voluta dall’Usl Umbria 2 che nei mesi scorsi gli ha anche intitolato la casa della comunità di Trevi.
Toccante e partecipata la cerimonia che si è svolta il 22 aprile, alla presenza del direttore generale dell’azienda sanitaria, Massimo De Fino, del vicesindaco di Spoleto Stefano Lisci, del presidente del Consiglio comunale, ma anche medico anestesista, Marco Trippetti, del direttore sanitario del San Matteo, Orietta Rossi, dei tanti medici e infermieri che con lui hanno lavorato, compreso il suo successore, Lelio Di Zitti, ed uno dei suoi allievi più stimati, il dottor Graziano Ceccarelli (primario di chirurgia dell’ospedale di Foligno). Ed ovviamente c’erano – commossi – tutti i familiari di Luciano Casciola, a partire dalla moglie e dalle due figlie.
Il dottor De Fino, nel suo intervento, ha ricordato il “grande professionista che con la sua professionalità ha garantito la buona sanità, non soltanto nel territorio di Spoleto. Oggi siamo qui perché è stato fortemente voluto questo ricordo del dottor Casciola da parte degli operatori ed abbiamo pensato di commemorarlo con una targa all’interno dell’ospedale”. Quindi il ricordo della sua attività di precursore della chirurgia robotica (a Spoleto fu installato, grazie alla donazione della Fondazione Carispo, il secondo robot daVinci d’Italia, dopo quello di Grosseto, tra i primi in Europa): il primo robot dell’Umbria è stato portato al San Matteo degli Infermi, “perché qui c’erano le professionalità per poterlo utilizzare al meglio”, ed anche ora che ci sono 3 robot nel territorio regionale (anche a Perugia e Terni), quello di Spoleto è il primo per attività chirurgica. “Conosciamo tutti le doti di umanità del dottor Casciola – ha aggiunto De Fino – la disponibilità nei confronti dei cittadini, la comprensione, nei rapporti con i colleghi e non solo, oltre alla sua grande professionalità. Questa targa non vuole essere solo un ricordo ma anche uno stimolo per poter andare avanti, per creare squadra: dobbiamo fare cassa di risonanza tutti insieme se vogliamo far sì che l’ospedale di Spoleto possa tornare come ai vecchi tempi. Ancora oggi però il robot daVinci, anche se ne sono presenti 3 in Umbria, è il primo. Ancora oggi le attività che si fanno qua, grazie ai professionisti che hanno preso insegnamento dal professor Casciola e che continuano ad operare all’interno di questo presidio sul robot, fanno sì che numericamente sia il primo utilizzato in Umbria“.
Vari annedoti sul chirurgo scomparso sono stati raccontati prima dal dottor Trippetti e poi dal vicesindaco Lisci, quest’ultimo legato a Luciano Casciola da un rapporto di amicizia. E così il presidente del Consiglio comunale ha ricordato come tutto sia nato dalla “stanzetta di oculistica”, quando ancora il compianto medico era primario del pronto soccorso e non ancora del reparto di chirurgia, ma che con una sua équipe avviò la medicina laparoscopica prima ancora che quella robotica. “Ero un giovane medico quando sono arrivato qui nel 2006 – ha ripercorso Trippetti – e la fama del professore accompagnava l’attività del nostro ospedale. Dietro quell’aspetto apparentemente burbero e duro invece ho trovato una persona che mi ha introdotto all’interno dell’ambiente lavorativo e mi ha fatto sentire a casa. E la domanda che mi facevo ogni giorno era: come è possibile che in un posto così piccolo si facesse tale livello di medicina? L’aver visto poi la formazione di tanti colleghi, che poi sono diventati chirurghi bravissimi, nonché primari, qui c’è il dottor Ceccarelli, c’è stato poi il dottor Patriti, e tutta la sua équipe, Lelio in primis, lo testimoniano. Accanto alla grandezza dell’uomo, c’è stata anche la grandezza della sua scuola“.
“E’ stato un uomo – ha aggiunto Trippetti – che ha traguardato il futuro, ma al di là della grandezza dell’uomo di scienza, mi piace ricordare la grandezza del medico, è stato un maestro di medicina: vedevi il rapporto che instaurava con i pazienti, che poteva apparire distaccato ad una vista più superficiale, ma in realtà il paziente si affidava totalmente a lui. Questo insegnamento, la disponibilità, la mancanza di orari, l’essere sempre presente all’interno dell’ospedale, lo ha trasmesso a tutti i chirurghi che hanno lavorato con lui e anche questo è un dono che il professore ci ha lasciato: avere dei chirurghi che hanno quella formazione è una sicurezza per tutti noi”.
Racconti a cui si sono aggiunti quelli del vicesindaco di Spoleto, Stefano Lisci. Che ha ricordato come il professor Luciano Casciola “ha portato in giro per il mondo il nome di Spoleto, a dimostrazione di quanto voleva bene alla città ed alla sua professione. Mi diceva: come mi trovo bene in questo ospedale, non lo lascerò mai. E ricordo, quando era arrivato il momento della pensione, che sono state cercate tutte le strade per far sì che potesse rimanere ancora. Aveva paura per la tenuta del San Matteo degli Infermi una volta che se ne fosse andato”.
E di vicissitudini per il nosocomio e per il “suo” reparto di chirurgia, infatti, ce ne sono state molte dopo il suo pensionamento, nel 2013, e molto ci sarebbe stato da dire e scrivere. Ma durante la cerimonia non c’è stato spazio per le recriminazioni, soltanto per i bei ricordi ed il presente.
Tra gli intervenuti – oltre all’attuale direttore del reparto di chirurgia dell’ospedale di Spoleto, Giampaolo Castagnoli, che ha ricordato il dottor Luciano Casciola come tra i pochissimi che hanno “lasciato il segno in Umbria negli ultimi 50 anni” per la sua capacità tecnica ma anche il carisma – anche colui che, subito dopo il pensionamento del professore, prese le sue redini come facente funzione del reparto, il dottor Lelio Di Zitti. “Ricordo quando, era il 1995, alle 3,30 di notte Luciano mi arruolò – ha ricordato Di Zitti – per quella splendida avventura, quella che sarebbe stata poi capace di proiettare lui, dalla stanzetta dell’oculistica, ai vertici delle più grandi istituzioni ed associazioni chirurgi, a riscuotere apprezzamenti ed applausi anche in America e che ha condotto noi, la gran parte dell’équipe che storicamente lo accompagnò dall’inizio, a vivere una sorta di esaltazione, di perenne stato di sovraeccitazione necessaria semplicemente a seguire i suoi ritmi. Era una macchina da guerra, ti faceva sentire inadeguato per quanto era pimpante e pieno di energia.
Quando ci troviamo costretti a ripensare a qualcuno come ad una assenza, – ha osservato – c’è un parametro che ti fornisce la cifra dell’impronta che questa assenza ha lasciato nella tua vita: le volte che lo ricordi, le volte che lo citi e ti torna in mente, sono quelle che ti danno il senso preciso di quanto la sua presenza nella vita abbia in maniera, allora inapparente, lasciato un piccolo segno. Mi fa piacere notare che la maggior parte delle persone che hanno avuto la fortuna di vivere con lui questa avventura, ansie, fatiche, fallimenti, testardaggine, la vedo qui e questo è il più grande regalo che gli si possa fare”.
Infine, dopo la scopertura della targa, c’è stato il toccante intervento di una delle figlie, a nome della famiglia di Luciano Casciola. “Questo è un luogo per me, mia sorella e mamma pieno di una infinità di ricordi – ha spiegato – e ricordo perfettamente il giorno in cui è diventato primario: è tornato a casa con una grande gioia, pieno di idee, di speranze e desideri. Devo dire che con il passare degli anni questi desideri li ha realizzati tutti, non solo perché aveva una grande forza di volontà e voleva portare Spoleto ad essere una eccellenza non solo in Italia ma anche all’estero, ma anche perché è stato sempre supportato da tutti voi. Alcune volte poteva essere anche pazzia la sua innovazione, però è stato sempre appoggiato. I suoi collaboratori erano i suoi figli, hanno gioito e pianto con lui, erano le sue creature. Se ne è andato troppo presto, ma ha lasciato una grande eredità”. La figlia ha voluto ricordare anche come, dopo la carriera a Spoleto, sia morto nella stessa città, all’hospice, ringraziando il personale di quest’ultima struttura.