Categorie: Salute & Benessere Spoleto

L’ospedale di Spoleto aderisce al progetto ‘Rianimazione aperta’

Da alcuni mesi la Rianimazione dell’Ospedale di Spoleto ha aderito al progetto “Rianimazione Aperta” attuato in Italia solo nel 15-20% delle Terapie intensive e presente più diffusamente in alcuni paesi del Nord-Europa. Le Rianimazioni in genere sono tradizionalmente strutture “chiuse”, presentano regole d’accesso molto restrittive e l’ingresso e la presenza dei familiari sono limitati. La “chiusura” è evidente anche sul piano fisico (assenza di contatto diretto col paziente) e relazionale (comunicazione compressa, frammentata o addirittura abolita tra paziente, équipe e familiari).

“Tutti sanno – spiega il direttore sanitario dell’ospedale di Spoleto dr. Luca Sapori – che con il ricovero in Rianimazione, pazienti e familiari si trovano improvvisamente in un ambiente altamente medicalizzato,con monitor, strumentazioni ad elevata tecnologia con allarmi sonori e visivi e con rigide regole di isolamento; tutto questo determina un ulteriore carico emotivo sugli stessi, già provati dallo stato di malattia. Esperienze innovative in diverse strutture ospedaliere hanno evidenziato che è possibile promuovere una maggiore umanizzazione dell’assistenza in questo luogo di cura, salvaguardando allo stesso tempo il controllo del rischio infettivo”.

Una rianimazione “aperta “ può essere definita come una struttura di cure intensive dove la presenza di parenti e familiari non viene più considerata un “intralcio”o un rischio ma piuttosto una componente necessaria per il miglioramento delle cure e il benessere sia del paziente che della sua famiglia. Il lavoro svolto in Rianimazione sotto gli occhi dei familiari contribuisce anche a dare loro rassicurazione, rafforzando la convinzione che il proprio congiunto è seguito con impegno e in modo continuativo. Infine, l’accesso “aperto” favorisce una comunicazione più adeguata con i sanitari e accresce la fiducia e l’apprezzamento per l’équipe medico-infermieristica.

“Aprire la rianimazione all’Ospedale di Spoleto – prosegue il dr. Sapori – ha significato affrontare una serie di problemi e applicare tutte una serie di cambiamenti organizzativi e gestionali. Oltre a rimettere in gioco ritmi e regole, che appartengono ad una tradizione medica ed infermieristica, si è reso necessario un forte cambiamento di tipo culturale sia degli operatori che degli stessi familiari”.

E’ stato indispensabile adottare procedure innovative di sicurezza e d’igiene. Per questo è stato creato un Gruppo di Lavoro formato da medici ed infermieri del Servizio di Rianimazione che oltre ad elaborare un programma operativo, ha redatto un opuscolo con le informazioni necessarie da consegnare ai familiari dei pazienti ed un questionario per verificare il gradimento dei familiari dei ricoverati verso l’apertura, al fine delle opportune revisioni. L’evento e i dati del questionario,che hanno rilevato un elevato gradimento, sono stati presentati alla Tavola Rotonda “Aprire o non aprire le rianimazioni” Dialogo tra le Rianimazioni nella USL n°2 Regione Umbria “tenutosi a Spoleto alla fine di Novembre; i relatori sono stati il Responsabile dell’U.O. di Anestesia e Rianimazione dr. Giulio Tazza, la Coordinatrice infermieristica Francesca Ciani e l’Infermiere Francesco Vanacore.

Attualmente nella Rianimazione di Spoleto è possibile visitare il proprio congiunto per gran parte della giornata dando la possibilità al paziente ricoverato di non sentirsi solo ma di essere circondato, ascoltato, guardato, accarezzato e confortato dalle persone a lui più vicine, di continuare quindi la relazione parentale che diventa una risorsa indispensabile nella cura della persona; inoltre dà la possibilità di sviluppare un nuovo rapporto di relazione, informazione e comunicazione reciproca tra medici, infermieri e familiari.

“Con questo progetto – conclude il direttore generale dell’Azienda Usl Umbria 2 dr. Sandro Fratini – si accresce ulteriormente il livello di umanizzazione delle cure dell’Ospedale di Spoleto, livello confermato non solo dagli indicatori di qualità ma riconosciuto da anni dagli stessi pazienti e familiari”.