Ha debuttato ieri sera, 24 settembre, al Chiostro di San Nicolò la 9^ edizione della rassegna Lieder&Lieder in occasione della 68^ Stagione del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, con lo spettacolo Die schöne Müllerin di Franz Schubert su liriche di Wilhelm Muller, con recitazione e immagini a cura di Michelangelo Zurletti e Giorgio Bongiovanni e la voce del baritono Alec Roupen Avedissian, accompagnato al pianoforte dal M° Francesco Massimi.
Una brillante edizione della rassegna impreziosita da una magistrale interpretazione del baritono Avedissian, già vincitore della passata edizione, la 67^, del Concorso “Comunità Europea” bandito dal Lirico.
Il grande appassionato di liederistica tedesca Carmelo Bene, se fosse ancora vivo, avrebbe detto “Il bel canto ha rovinato il canto”, sentenziando così come un epitaffio breve la morte della scuola italiana nata e conosciuta in tutto il mondo grazie anche all’Opera Lirica. Per il celeberrimo “qui presente assente”, un cantante osannato come Dietrich Fischer Dieskau, protagonista di una stagione importante della liederistica tedesca e considerato uno dei migliori da un punto di vista esecutivo, proprio perché influenzato dal repertorio belcantistico di cui era anche interprete straordinario, rappresentava invece la somma degli errori di tecnica da non commettere come il vibrato, o il filato “filatino”, per arrivare poi al riprendere fiato tra frase e frase.
Ma Carmelo Bene considerava la liederistica come una prosecuzione della dizione, tant’è che per lui, anche nel canto, era fondamentale l’uso della voce “in maschera”, con appoggi vocali precisi, come se cantando si rispettasse la metrica poetica recitata, magari di ottonari, senari etc. Dettagli che i cantanti contemporanei normalmente non studiano.
Pur non condividendo del tutto la sentenza di morte del belcanto, e soprattutto considerando il povero Diskau, recentemente scomparso, come una delle più belle voci dello scorso secolo, Bene non aveva tutti i torti sulla dizione.
Affermiamo questo proprio perché ci è apparsa evidente in Alec Roupen Avedissian una certa cura nel porgere la poetica schubertiana attraverso la dizione dei versi di Muller. Per chi conosce il tedesco come lingua, non deve essere sfuggito nel concerto di ieri sera che quest’ultima era tecnicamente molto buona e che gli appoggi vocali del baritono cadevano sempre nei punti giusti. In alcuni passaggi, non esente dal vibrato, forse più per tensione fisica che per volontà dello stesso interprete, Avedissian ha invece eseguito con freschezza il senso di un testo che come giustamente riporta il programma di sala del Lirico, sarebbe stato più adatto per un Melologo o Liederspiel. Molta cura anche nell’analisi del testo in funzione del canto e non esclusivamente viceversa, dando enfasi a tutte quelle parole che nel Romanticismo tedesco sono fondamentali come ad esempio (assolutamente parziale ndr.), wander (passeggiare), rauschen (mormorio), blume (fiore) che quasi sempre sono Blaue (celesti), traume (sogno), singen – klingen ( canto e suono), grun (il colore verde), etc.
Energico con brio il M° Massimi che per suo temperamento, ha fatto sentire a volte la sua presenza con qualche simpatica pedalata, ma indubbiamente un musicista e direttore di comprovata capacità interpretativa.
Necessarie e non invadenti le pause recitative di Giorgio Bongiovanni, che hanno aiutato ad apprezzare la differenza tra il cantato in lingua tedesca e la naturale musicalità dell’italiano.
E’ così che Die schöne Müllerin eseguita al Chiostro di San Nicolò è stata una splendida sorpresa tanto da ottenere gli applausi scroscianti del pubblico e la richiesta di un bis, generosamente offerto da Avedissian, visibilmente stanco al termine di un concerto che sarebbe piaciuto molto anche a Carmelo Bene.
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Foto: Teatro Lirico Sperimentale