Meno male che ci pensa il Lirico Sperimentale a mettere in scena gli Intermezzi del ‘700, un genere sempre considerato minore, ma che a Spoleto da anni riceve un trattamento di lusso, come è giusto che sia, tanto da avere uno spazio dedicato nella programmazione della Stagione dell’Ente lirico. Qualcosa in più in tal senso, ma sporadico, ha iniziato a fare anche il Festival dei Due Mondi. Ma indubbiamente il primato e l’esperienza restano saldi nelle mani del Lirico Sperimentale.
Il gradimento di questo genere di spettacolo, nato storicamente per intrattenere il pubblico tra un atto e l’altro delle grandi Opere, nel mentre alcuni spettatori, come d’uso all’epoca, si rifocillavano persino, ha ritrovato spazio e verve inesauribile nei palcoscenici spoletini. E a Spoleto si cura con attenzione certosina anche l’edizione da mettere in scena, quasi sempre rivista e corretta da giovanissimi studiosi o da centri di ricerca prestigiosi.
Per La furba e lo sciocco di Domenico Sarri, al suo debutto ieri sera, 14 settembre, al Teatro Caio Melisso, la nuova edizione critica rappresentata è stata curata dal giovanissimo Eric Boaro, con la collaborazione del Centro Studi Pergolesi, Università degli Studi di Milano e del suo Direttore Claudio Toscani. Una attenta ed approfondita ricerca sul testo e sulla partitura di questo autore napoletano, poco rappresentato ai nostri giorni, ma che nel 1731, anno della creazione dell’Intermezzo Buffo, furoreggiava per la qualità musicale delle sue composizioni.
E’ così dunque, che molto spesso l’Intermezzo superava nel gradimento la stessa Opera maestra a cui in realtà avrebbe dovuto solo reggere “la sottana”.
Se la durata dell’Intermezzo non supera mai i 4o-50 minuti, altrettanto semplice, al limite dell’improbabile, è la trama che ruota inesorabile e senza sbandamenti su due personaggi principali, ovvero il tontolone di turno, meglio se vecchio oppure giovane inesperto amoroso, e una furbissima giovinetta, spesso adusa a mille sotterfugi e forse anche navigata o tribolata, ma immancabilmente servetta o finta nobile in difficoltà. Intorno a loro tutto l’armamentario dei furbacchioni, arruffapopolo, truffatori o navigati uomini di legge, caratteristici di ogni epoca. L’unica cosa che non è mai tramontata dopo la scomparsa dell’Impero Romano.
Tale e quale dunque a ciò che accade in La furba e lo sciocco, dove il Conte Barlacco si mette appresso a Madama Sofia, spiantatissima e in cerca di marito facoltoso per risollevare le sorti del tutto, attorniata da due servitori muti, al massimo gesticolanti, che provano a rendere difficoltosa la conquista della Madama.
Se la storia nel libretto di Tommaso Mariani, rasenta l’inconsistenza nella trama, fino al punto in cui con un guizzo di lucidità Messer Barlacco intuisce che Madama Sofia sta per fargliela, ma lui in cuor suo spera che tutto finisca con i confetti, ciò che rende fulgida e preziosa l’intera pantomima è la musica di Sarri ed il linguaggio usato scena per scena. Caso per caso però, occorre anche l’intelligenza di chi guida la messa in scena dell’Intermezzo. E al Lirico le cose sanno farle bene.
Per gli intenditori è già un cameo il fatto che si rappresenti una nuova edizione critica del lavoro di Sarri, ma la direzione dell’Ensemble Strumentale del Lirico Sperimentale (Lorenzo Derinni-violinoI, Anna Del Bon- violinoII, Adelaide Pizzi-Viola, Matteo Maria Zurletti-violoncello, Andrea Cesaretti-contrabbasso), affidata nelle mani dell’esperto e straordinario Pierfrancesco Borrelli, è una certezza inossidabile
Borrelli, rispetto ad altre versioni dell’Intermezzo ascoltate, usa una briosità dei tempi che si abbina magnificamente a ciò che accade in scena. Ed è qui che l’altra intelligenza, quella del regista Andrea Stanisci, rende l’Intermezzo una gustosissima piece che potrebbe essere rappresentata anche senza musica o con i soli concertati accompagnati dalla bravissima e puntuale Livia Guarino–Maestro al Cembalo che segue senza sosta e impuntature i cantanti. Stanisci compie il miracolo di rendere vivo l’intermezzo e non un ammasso di guitterie settecentesche.
Come quando al consueto parlar forbito, si mescolano onomatopee cardiache, come nell’aria di Barlacco “Mi rimbomba dentro il core un rumore…” in cui il messere racconta con dovizia da elettrocardiogramma il ticchettio del muscolo cardiaco per causa dell’amore “bestiale” che lo ha preso per Donna Sofia.
Oppure come nel caso in cui, giusto per rendere meno facili le cose al tontolone, Sofia si traveste da Ussaro ed inizia a biascicare uno scilinguagnolo italo-franco-spagnoleggiante che suscità l’ilarità della platea “Non fuggire mamalucca, qua venire e cacciar spada che vedere chi star io e tu chi stare; due sciablate voler dare, ttiffe ttaffe, e sminuzzar…” .
Uno dei trucchi abituali degli Intermezzi, dove travestitismo, misteriosi linguaggi e colpi a sorpresa sono l’ordito abituale del prodotto.
Non è una bizzarria commentare insieme il cast dei cantanti ed i costumi. Nella messa in scena spoletina i due elementi hanno rappresentato un punto fermo, con l’aiuto delle luci ben congegnate di Eva Bruno.
La costumista Clelia De Angelis, è abituata da tempo a fare i salti mortali per ottenere con poca materia il massimo della resa scenica. E in La furba e lo sciocco, l’operazione ha toccato un punto alto, grazie alla intrigante scelta di utilizzare la carta in ogni sua forma e consistenza per costruire i dettagli dei costumi storici. Parrucche ricciolute e vertiginosamente verticali, scarpe comuni che si trasformano in scarpini vezzosi e fronzoluti, corpetti adornati di foglietti uso post-it, il tutto talmente ben assemblato e ben illuminato che la resa è straordinaria, nella sua assoluta falsità. Geniale.
E come suol dirsi, dulcis in fundo, i due protagonisti, e i loro due comprimari muti.
La soprano Susanna Wolff-Madama Sofia, il baritono Paolo Ciavarelli–Conte Barlacco, ed i mimi-servitori Carlo Bonilli e Massimiliano Caporaletti.
Susanna Wolff, norvegese, è la vincitrice del 72° Concorso per cantanti lirici “Comunità Europea”. Una voce dalla timbrica straordinaria, già ascoltata in Ba-Ta-Clan di Jaques Offenbach sempre a Spoleto per il Lirico Sperimentale (CLICCA QUI).
Una padronanza scenica e attoriale notevolissima e una precisione nel cantato e nei recitati che fanno dimenticare rapidamente le piccole cadenze della lingua di origine. La Wolff ha inoltre una tecnica vocale e di respirazione di tutto rispetto, cosa questa che le permette di cantare senza sbavature anche distesa completamente a terra e con sopra il diaframma Ciavarelli-Barlacco (come è possibile vedere nella photogallery dell’articolo). Una carriera la sua tutta da costruire ma con uno strumento vocale dalle grandi possibilità.
Del baritono Paolo Ciavarelli, non finiremo mai di dire tutto il meglio possibile. Voce potente, puntuale e mai doma. Ma sopratutto una grandissima capacità attoriale che nel caso de La furba e lo sciocco ne fanno un caratterista divertente ed empatico con il pubblico. Senza esagerare troppo e tenendo alta la missione del ruolo di cantante lirico, prima di tutto. Abbiamo visto all’opera Ciavarelli in più occasioni, seppure anche lui giovane e con un carriera da costruire compiutamente, e indubbiamente la sua presenza in scena, vocale e fisica, è sempre stata rimarchevole.
Vale la pena vedere l’ultima replica, domenica 16 settembre alle 17, di questa delizia settecentesca messa in scena dal Lirico Sperimentale, anche solo per godere delle due maschere, i mimi Carlo Bonilli e Massimiliano Caporaletti. Due “appendici” che il regista Stanisci rende talmente divertenti nel loro essere allampanati e stralunati che il rischio è che si aspetti il loro ingresso dalle quinte per divertirsi. Rischio che naturalmente viene sventato ogniqualvolta Ciavarelli-Conte Barlacco e Wolff-Madama Sofia iniziano a cantare.
Tanti gli applausi e le attestazioni di gradimento per questo interessante lavoro. Una giusta gratificazione per chi con fatica immane sta tentando di resistere alla crisi che mai, come in questo caso, sembra essere una ingiustizia insensata.
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Foto: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)