Legambiente in una nota, “Finito il lockdown e iniziata l’estate, sono arrivati dati e documenti sulla gestione dei rifiuti che stanno animando in queste ore il dibattito pubblico.”
Il primo ad essere uscito è il rapporto della Commissione Parlamentare sulle ecomafie e sul ciclo dei rifiuti nella nostra regione che ha confermato che l’Umbria, pur avendo visto crescere generalmente le quantità di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, è ancora colpevolmente in ritardo rispetto alla qualità della raccolta.
Esattamente quello che Legambiente va ripetendo ormai da anni con il rapporto Comuni Ricicloni e con l’Ecoforum.
La Commissione pone l’attenzione anche sulla scarsa programmazione strategica e sul deficit impiantistico per il riciclo delle frazioni secche, soprattutto della plastica che difatti presenta dati modesti di avvio al riciclo, e sull’obsolescenza degli impianti che trattano il rifiuto indifferenziato.
Nelle conclusioni la Commissione Parlamentare fa cenno anche a generiche soluzioni dei problemi, che però non rispondono alle criticità rilevate che prevederebbero un impegno puntuale e specifico da parte dei decisori politici, delle amministrazioni e dei Gestori, ma si appella a una non meglio specificata “chiusura del ciclo secondo i principi europei”.
“Un leitmotiv degli ultimi mesi (e anni) che ogni tanto ritorna al centro del dibattito tra associazioni, comitati di cittadini e politica – commenta Maurizio Zara, presidente di Legambiente Umbria – che risulta di scarsa comprensione e che però, crediamo, si traduca banalmente in impianti di incenerimento con un po’ di recupero energetico”
“Una discussione – continua Zara – che secondo Legambiente Umbria andrebbe affrontata, eventualmente, solo a valle di un completo e più ampio possibile recupero di materia, realizzando una capillare raccolta differenziata su tutto il territorio regionale e con adeguati e innovativi impianti di riciclo per tutte le frazioni”.
Una situazione, quella auspicata da Legambiente Umbria, che al momento in Umbria non è stata raggiunta perché le Raccolte Differenziate progrediscono poco e male e anche perché gli impianti di Trattamento Meccanico biologico TMB che permettano il recupero di materia anche dai rifiuti indifferenziati (le cosiddette fabbriche dei materiali) sono obsoleti e non sono mai stati adeguati, malgrado presentazioni e promesse nei vari convegni degli ultimi anni. Anche per la plastica, una frazione che ha il misero indice di riciclo del 21% (dato al 2018 di ARPA Umbria), si ha una raccolta ancora di bassa qualità e soprattutto zero impianti di riciclo nel territorio (di fatto l’unica frazione a non poter essere riciclata in Umbria)”.
Situazione ben diversa da quella del riciclo dell’organico, per la quale in Umbria si registra una capacità impiantistica sicuramente sovradimensionata rispetto al fabbisogno umbro (anche a detta della Commissione Parlamentare sul Ciclo dei rifiuti), ma che comunque rappresenta un tassello di quell’economia circolare che può essere di servizio anche per territori prossimali (alto Lazio), oltre che una risorsa per il comparto agricolo, e che quindi è più un elemento positivo che un fattore di rischio.
Tutte le problematiche impiantistiche e di progettualità rilevate anche dalla commissione antimafia, non giustificano però il forte ritardo nel raggiungimento degli obiettivi minimi di Raccolta Differenziata del 72,3% imposti dalla Delibera regionale numero 34 del 2016, considerando soprattutto che questa sarebbe la misura più significativa per allungare i tempi di vita delle discariche e per affrontare la progettualità dei flussi e della chiusura del ciclo con un certo respiro.
L’altro elemento di discussione e riflessione di questi giorni sono i dati ufficiali pubblicati sul portale di ARPA relativi alla produzione e raccolta differenziata dei rifiuti dell’anno appena passato.
Questi dimostrano chiaramente, che sebbene la raccolta differenziata in Umbria sia complessivamente aumentata di 2,7 punti percentuali rispetto al 2018 (oggi siamo a un dignitoso 66,1% ), interi territori, come quello folignate-spoletino, gestito dalla VUS, sono in colpevole ritardo e anzi rappresentano un freno importante per tutta la Regione.
L’Umbria attuale infatti va dal quasi 90% di differenziata di comuni del ternano come Calvi dell’Umbria, Otricoli e Arrone, a percentuali pessime di differenziata per di più associate ad elevati valori di produzione rifiuti pro capite, come avviene in comuni di discrete dimensioni come Nocera Umbra e Montefalco.
Sul fronte qualità, soprattutto della frazione organica, che ha sempre rappresentato un punto di debolezza del sistema Umbria essendo storicamente legato a modelli di raccolta stradale, le cose stanno migliorando un po’ ovunque perché in molti comuni si è passati al porta a porta.
Comuni come Assisi, Todi, Perugia e altri, hanno fatto balzi in avanti, mostrando un miglioramento sia nelle % delle raccolte che nella qualità della frazione organica.
Anche per quanto riguarda la raccolta dell’organico, i comuni gestiti da VUS confermano la maglia nera, con una qualità media del 90% (10% di materiale non compostabile nel rifiuto organico è un dato molto negativo e in peggioramento rispetto al 2019) pur avendo nel proprio territorio un impianto di trattamento della frazione organica all’avanguardia che potrebbe valorizzare particolarmente una raccolta fatta bene.
Sappiamo bene infatti che la frazione organica è la driving force della raccolta differenziata e che la presenza di inquinanti quali la plastica nell’organico è ancora molto alta (come indicato nel recente studio CIC-Corepla) anche a livello nazionale.
Presi tutti e tre insieme questi studi e dati, possono rappresentare una base importante per analizzare in modo puntuale le criticità dei territori e agire con azioni dirette affinché vengano superati i ritardi accumulati negli anni.
“Vanno rimodulati i servizi rendendoli più efficienti – spiega Maurizio Zara – accompagnandoli ad una importante azione di comunicazione per aumentare la qualità della frazione organica in tutti i territori. Eliminare la plastica dall’organico consente anche di ridurre lo scarto che torna in discarica, nonché ottenere un compost di qualità che potrà essere usato come fertilizzante organico per i suoli. E poi va definita l’impiantistica e flussi in ottica di recupero di materia sia per il secco residuo sia per la plastica che rimane quasi esclusa dal circuito del riciclo”.