“Ma poi, perché avevano tanto a cuore questa legge sull’omofobia…”. In questa valutazione, fatta con serafico tono da un consigliere regionale di maggioranza nell’osservare il giubilo di alcuni colleghi, c’è il senso di come la baruffa che ha impantanato per tre settimane il Consiglio regionale intorno alla norma arcobaleno fosse determinata più da tatticismi politici che da forme di ortodossia etico-religiosa.
Alla fine, l’orlandifobia è prevalsa sull’omofobia. Presunta, quest’ultima. Ed in concomitanza con l’approvazione in Giunta del disegno di legge che riorganizza gli apicali tecnici in Regione, azzerando gli incardinamenti dei dirigenti ai settori assegnati, l’Umbria ha la sua attesa (e discussa) norma contro l’omofobia.
Uno “scambio” (così, a microfoni spenti, lo definiscono alcuni dei protagonisti) che chiude (per ora) il braccio di ferro fra le due anime del Pd umbro, quelle rimaste dopo la fuoriuscita di dalemiani e speranzosi. Dove il risultato è stato accolto con diversi umori e aspettative.
Tra le fila bocciane. Dopo la pax che portò al rientro di Barberini in Giunta, si confidava in verità in una più rapida soluzione dell’impossibile coabitazione con Walter Orlandi. Anche perché la strada che dovrà portare al cambio di caselle tra gli apicali tecnici regionali resta comunque lunga, tra l’approvazione definitiva della legge e quel paletto, piantato lo scorso dicembre, che comunque fissa agli attuali sei il numero dei dirigenti. Pur accelerando al massimo nell’approvazione della legge, condizione che i bocciani avrebbero posto per lo scambio “di favori”, l’operazione potrà essere completamente conclusa tra un annetto, salvo imprevisti. Giusto il tempo di gestire il fine legislatura, il momento comunque più importante, quello in cui si fanno i giochi in vista dell’appuntamento elettorale. E sanità e sociale, come noto, sono argomenti pesanti quando ci si avvicina all’urna.
Bandiera arcobaleno, non bianca. Un’altra parte del Pd ha esultato per l’approvazione della legge contro l’omofobia. A cominciare dalla presidente Marini. “Una legge di civiltà”, uno dei commenti più usati per salutare con soddisfazione (“commozione” qualcuno ha anche scritto sui social) la nuova normativa. E l’accusa, mossa dal centrodestra, di aver così pagato una cambiale elettorale, non ha quindi infastidito più di tanto: l’impegno preso andava nella direzione delle proprie convinzioni etiche.
Certo, qualcuno sperava che invece l’impegno su Orlandi assunto con Bocci-Barberini potesse, col tempo, essere disinnescato. Ma le dinamiche nazionali del partito hanno suggerito di non aprire un altro fronte.
Del resto, non di una resa incondizionata della governatrice si tratta, visti i poteri di “capissimo dei capi” assegnati alla figura del nuovo direttore generale della Presidenza e della Giunta regionale. Poteri che non escludono certo il superdirigente (e quindi colui a cui risponde politicamente) dalla materia della sanità.
A destra si urla… e si sghignazza. Marco Squarta (FdI) in una nota denuncia nero su bianco il “patto” per risolvere i problemi interni al Pd, di cui da martedì mattina (quando si è appreso del ddl sui dirigenti) già tutti parlavano dentro e fuori il Palazzo. Ma il copyright del termine “Orlandellum” è dell’azzurro Raffaele Nevi. Mentre a Sergio De Vincenzi va il premio per la miglior scenografia, col suo indimenticabile lancio di fogli davanti ai banchi della Giunta.
Sotto a tanto furore, però, a destra si sghignazza, perché il “patto”, così poco mal celato, finisce per indebolire ancora una volta l’immagine del Pd umbro.