Nel 2018 aumenta in Umbria il numero dei contratti di lavoro attivati, ma la qualità è strutturalmente peggiore della media nazionale. Lo rileva l’Ires Cgil Umbria, che ha elaborato i dati dell’Osservatorio Nazionale sul precariato dell’Inps.
“Ragionando – commenta il presidente Mario Bravi – su un arco non trimestrale ma annuale, relativi, a tutto il 2018, emerge il dato che nell’anno appena concluso, sono stati attivati complessivamente nella nostra regione 87.788, più del 2017 quando i contratti di lavoro attivati erano stati 81.426. Quindi nell’arco dell’anno 2018 il numero dei contratti attivati è aumentato, ma sono aumentate anche le cessazioni che nel 2018 sono state 81.712 contro le 75.617 del 2017“.
Oltre al dato complessivo e di sintesi, per cercare di capire le trasformazioni in atto nel nostro mercato del lavoro è opportuno vedere le varie tipologie contrattuali. Infatti, delle 87.788 attivazioni del 2018, 11.667 si riferiscono ai contratti a tempo indeterminato, mentre 37.744 a contratti a tempo determinato, l’apprendistato ha riguardato 5.971 contratti, gli stagionali sono 3.185, li contratti di somministrazione 15.176 e i contratti intermittenti 14.043. Inoltre, sempre nel 2018, 5.781 contratti sono stati trasformati a tempo indeterminato provenendo da altre tipologie contrattuali.
“Per valutare attentamente l’andamento del mercato del lavoro umbro – prosegue Bravi – non bisogna fare l’errore di sovrapporre il numero dei contratti alle persone coinvolte, perché il 30% dei contratti ha una durata attorno ai due giorni e sicuramente nell’arco dell’anno più persone sono costrette ad attivare più contratti di lavoro. È purtroppo evidente che il lavoro che aumenta è quello povero e precario. E le fasce più colpite dalla precarizzazione oramai strutturali del mondo del lavoro sono quelle femminili e giovanili. Infatti, la percentuale di contratti a tempo indeterminato attivati nella nostra regione si stabilizza su un dato addirittura inferiore rispetto alla media nazionale, già molto bassa. Tenendo conto anche delle trasformazioni, le attivazioni di contratti a tempo indeterminato rappresentano il 19,8% del totale in Umbria, contro una media nazionale del 23,66%. Un’ulteriore conferma – conclude Bravi – della necessità di cambiare profondamente le politiche del lavoro in Italia e in Umbria“.