Corruzione, turbativa d'asta e falso tra le accuse imputate agli indagati: nel mirino la gestione del lavanolo sanitario dal 2014 al 2020
Venti persone indagate per gli appalti relativi al cosiddetto “lavanolo” negli ospedali dell’Umbria. La Procura della Repubblica di Perugia ha infatti chiuso le indagini sugli appalti delle aziende sanitarie ed ospedaliere della Regione Umbria affidati attraverso la partecipata regionale Umbria Salute.
Appalti inerenti ai “servizi di pulizia e sanificazione, ‘lavanolo’ e ricondizionamento dei dispositivi tessili e di superfici antidecubito, forniture di apparecchiature medicali, nel periodo dal 2014 al 2020“. Insomma il lavaggio delle divise, delle lenzuola e similari, effettuato per anni dall’azienda Sogesi di Ponte San Giovanni (che non compare nell’inchiesta) e poi passato alla Servizi Ospedalieri, finita al centro delle indagini.
Una vicenda che è finita nei mesi scorsi anche sotto la lente della Corte dei conti, che contesta un presunto danno erariale di 6 milioni di euro a 9 persone (manager della sanità umbra). Nel mirino in quel caso però c’è la proroga di tali servizi all’azienda che già se ne occupava nonostante nel frattempo fosse stata effettuata una nuova gara, aggiudicata definitivamente nel 2018. Soltanto nel 2020, infatti, (complice anche la pandemia da Covid) i servizi di lavanolo sono stati assegnati ad una azienda di fuori regione, la Servizi ospedalieri vincitrice della gara d’appalto in questione. Ed è questa ultima ad essere finita sotto la lente della magistratura penale.
Sul fronte penale, fa sapere il procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone, le attività investigative sono state eseguite dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Perugia, a partire dal 2020, mediante intercettazioni telefoniche, audizione di persone informate sui fatti, analisi di documentazione amministrativa, bancaria, contabile ed extra contabile, acquisita mediante specifiche richieste e rinvenuta nel corso di perquisizioni effettuate presso le stazioni appaltanti e le aziende pubbliche interessate.
“Gli elementi raccolti all’esito delle complesse e articolate indagini di polizia giudiziaria hanno consentito di delineare un solido quadro indiziario, sulla base del quale sono state ascritte, a vario titolo, a 20 persone (tra dirigenti, amministratori, funzionari pubblici ed amministratori, dipendenti delle società coinvolte), le ipotesi di reato di cui agli articoli 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio); 353 (turbata libertà degli incanti); 355 (inadempimento di contratti di pubbliche forniture); 476 (falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale); 479 (falsità ideologica) del codice penale.
Avendo, inoltre, riscontrato l’assenza di modelli organizzativi, alle società appaltatrici – i cui soggetti apicali risultano indagati per i reati sopra indicati – è contestata l’ipotesi di illecito amministrativo dipendente da reato, ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231″.
(ultima modifica alle 20)