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L'ATTUALITÀ DI ALDO MORO NEGLI SCRITTI GIORNALISTICI ( 1937 – 1978)

Recensione di Marisa Angelini

“Su Aldo Moro è stato detto e scritto molto: articoli, libri, poesie, memoriali, interviste. Addirittura opere teatrali e film.(…)Chi scrive lo ricorda assorto nei suoi pensieri, in un’ora luminosa del primo pomeriggio, intento a camminare sulla battigia del lungomare di Terracina; un’altra volta immobile sul balcone della sua casa intento a fissare i contorni del Monte Circeo come “un bronzo egizio più antico della storia “…Chi lo ricorda è Antonio Giulio Di Mario, giornalista professionista presso la Uilm, nel testo “L'attualità di Aldo Moro negli scritti giornalistici dal 1937 al 1978” (Tullio Pironti editore, 170 pagine, 12 euro). Il libro si apre con una prefazione di Nicola Mancino, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, la presentazione di Claudio Vasale, ordinario di Storia delle dottrine politiche presso “La Sapienza” di Roma, e l'introduzione di Agnese Moro, terzogenita dello statista.Di Mario ripercorre e analizza gli scritti del politico pugliese da “Azione Fucina”, “Studium”, “Ricerca”, “La Rassegna”, “Pensiero e Vita”, “Il Giorno” – facendo emergere la storia più personale di Aldo Moro ed insieme la storia rencente d’Italia attraverso un’attenta disamina dei fenomeni politici e sociali descritti nella quarantennale attività pubblicistica dello Statista. Il testo dal linguaggio emozionale attesta il significato più autentico dell’impegno civile di Aldo Moro, nei suoi diversi ruoli :docente universitario ,parlamentare,costituente,ministro,capo del governo segretario e presidente del consiglio nazionale Dc; in ogni ruolo imprime il proprio ragionamento cristiano di cui gli fu maestro e guida Papa Montini , come pure fu ispirato dal filosofo francese Jacques Maritain, teologo e vicino agli ambienti intellettuali cattolici. Il libro, originale e fresco nella stesura, perfettamente coerente nel contenuto per le attese che annuncia il titolo, si presenta con un’immagine di copertina di Moro degli anni 70, accostato ad un giovane ,nell’atto di una premiazione. Scrive Di Mario:” Moro crede in quel che il sociale va di per sé costruendo ed ha fiducia soprattutto nei giovani(…)”Moro insegnava Istituzioni di diritto e procedura presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Roma, Franco Tritto suo assistente universitario scomparso nell estate del 2005 riferiva : “Era un grande educatore,capace di scrutare nelle cose terrene e di esplorare i meandri delle coscienze umane. Attraverso questa propensione consigliava amici ed avversari politici.L’umanità caratteerizzava questo aspetto del suo essere. La figura dell’educatore traspare dal Moro filosofo a quello penalista,dal Moro maestro di studi e di vita a quello politico e statista:in lui tutto sapeva di umanità,tutto era riferibile ai valori della persona che erano correlati alla sua concezione dell’uomo .In questo quadro si inserisce il suo particolare rapporto con gli studenti ai quali non fece mai mancare le sue lezioni all’università anche quando ricopriva importanti incarichi di governo. Donava a tutti quello che era giusto donare: era uno dei suoi modi per realizzare la giustizia”. E ancora: “proprio in un suo articolo su “Azione Fucina” del 1944 risalta il suo modo di intendere l'insegnamento universitario e la sua tensione verso il mondo giovanile: “Il tuo professore – scrive Aldo Moro – è un uomo di scienza, più o meno grande naturalmente come è diverso l'ingegno umano e varia la forza del buon volere; ma è un uomo che ha dedicato la sua vita alla scienza, un sacerdote della verità. Ciò contribuirà qualche volta a fartelo sentire lontano con le sue astrazioni, strumenti inutili per una tecnica professionale troppo ristretta. Ma anche questo aspetto richiede una migliore comprensione da parte tua, perché in tale modo di essere del professore c'è un insegnamento definitivo per te. Ed è insegnamento ad amare e coltivare la verità per se stessa, per ciò solo che fa spaziare la tua intelligenza e le permette di rispondere al suo compito e rende piena e buona la tua vita. Se questo amore di verità che avrai imparato a contatto dell'uomo di scienza non ti servirà forse per la tua tecnica abilità di professionista, sarà però sempre patrimonio prezioso della tua umanità, senza la quale non potrai essere neppure professionista, perché la professione è come uno svolgimento particolare della tua umanità e la suppone”.Il valore del testo di Antonio Giulio Di Mario è quello di restituire all’attualità il pensiero Moroteo: un pensiero profetico di una lettura autentica ed analitica della realtà che a poco a poco è mutata assecondando i tempi che lo statista aveva previsto, i tempi della riflessione,della maturazione e non dell’inerzia che gli era stata ingiustamente imputata . Estratti dal capitolo quintoMoro trascorre interamente in Puglia il servizio militare.(…)Lo utilizzano come esperto dei problemi giuridici e, dopo il 1943 ,come addetto stampa del governo Badoglio.(…) Diversi gli aneddoti relativi alla sua attività da sottoufficiale in tribunale; è il 1943: “il 28 luglio,tre giorni dopo la caduta del fascismo, una manifestazione giovanile era stata duramente repressa a pochi passi dalla sede del fascio, in via Niccolò Dell’Arca: venti morti,decine di feriti. fra i dimostranti risultava la presenza di un provocatore ,un marinaio che prima eccitò gli animi e poi passò dall’altra parte,sparando con la sua pistola d’ordinanza. Moro ne chiese la condanna”.Dal ricordo di Piero Accolti: ”un gruppo di medici baresi era stato imprigionato sotto l’accusa di aver fornito, dietro compenso,false documentazioni a quanti volevano evitarsi il servizio militare e,soprattutto,l’avventura del fronte. Il figlio di uno di questi medici, andato a Ponza per salutare il padre,aveva dimenticato in parlatoio una borsa contenente documenti compromettenti e l’elenco di molti iscritti al movimento antifascista clandestino” Giustizia e Libertà” Su quelle carte si istruì un processo che cadde sotto la giurisdizione del tribunale di Bari e, quindi ,per l’istruttoria ,nelle mani del sergente Aldo Moro. Adottando una tattica che,poi,gli sarebbe stata più volte rimproverata nella sua vita politica, Moro prese tempo ,dilazionò ogni passaggio della pratica ,fece intiepidire le cose al punto di lasciarle raffreddare, nonostante ovvie pressioni”. (…) Il 1945 è caratterizzato da un importante avvenimento nella vita privata di Aldo Moro:il matrimonio con Eleonora Chiavarelli.Come ufficiale dell’aeronautica aveva ottenuto dalla Commissione per la requisizione degli alloggi un appartamento in via San Francesco d’Assisi,a quattro passi dal Castello Svevo,nel cuore di Bari.Moro rimette a disposizione del Commissariato l’alloggio e si trasferisce a Roma,sistemandosi per un periodo nell’abitazione dei suoceri, in via Novara,9. La Figlia Agnese così racconta la cerimonia nuziale:”la storia del matrimonio dei miei genitori mi piace tantissimo. Fu celebrato nell’aprile 1945 a Montemarciano, in provincia di ancona,il paese di origine di mia madre, dove lei,con suo fratello e sua madre,ha passato gli anni della guerra. Tra mille difficoltà mio padre arriva fino a lì,con don Guano,sua sorella Marina e due o tre amiche di mia madre.Fa parte del gruppo anche un soldato scozzese del corpo di spedizione inglese. Si presentano in Chiesa per gli accordi dello svolgimento della cerimonia,ma il parroco dice che non si possono sposare perché non sono state fatte le pubblicazioni.Meraviglia e stupore dei miei genitori;come?Non sono state fatte?! Con candore il Parroco dice loro che non le ha fatte perché, secondo lui,loro non si devono sposare. Fanno tanto bene ognuno per conto proprio che non è il caso che si sposino. Sconcerto;sbalordimento. Poi, timidamente,papà dice: “Ci sarebbe l’art. 12”. Sgomento;don Guano è scandalizzatissimo. L’art.12” prevede la possibilità di sposarsi senza pubblicazioni nel caso in cui ci sia già in arrivo un bambino.Naturalmente la cosa non era vera. Ma funziona. Ed è proprio grazie all’art.12 che i miei genitori si sposano. Il loro viaggio di nozze consiste in una passeggiata fino al pozzo e poi,con gli intervenuti, dicono la compietà della liturgia delle ore”. Ricorda Maria Fida Moro della sua primissima infanzia: “Avevo per culla un cassetto, quello di mezzo del comò che ancora oggi troneggia in camera da letto della mamma, perché i miei genitori erano troppo poveri allora per comprarmene una vera, e che il mio osservatorio era sul tavolo dove papà e mamma cercavano di correggere le bozze di uno dei primi libri di diritto penale scritto da papà”. L’anno si chiude con Moro che diventa segretario nazionale del Movimento laureati.(…)