Cronaca

La vicenda dell’Albero di Natale a Todi finisce in Procura | Spoleto apre un fascicolo contro ignoti

E meno male che doveva essere, a quanto detto in prima istanza, un abete povero e curvo senza arte ne parte. A Todi è invece accaduto un episodio che ha molto dell’avventura salgariana, con tanto di feroci simil-Dayaki malesi che tagliano senza pietà nientemeno che un cedro (si è ancora in dubbio se del genere Himalaya o del Libano), piantumato in una zona della città sottoposta a vincolo ambientale.

Tanto per riepilogare velocemente, la vicenda prende avvio con il taglio di una pianta (il cedro appunto) che sulle prime doveva servire da albero di Natale per Piazza del Popolo. Dopo una prima manovra non riuscita per il suo posizionamento, e le successive contestazioni sulla provenienza legittima o meno della pianta, nella giornata di sabato 18 novembre sono iniziate le manovre per la messa dimora di un secondo abete, non senza strascichi polemici e cagnara da social assortita.


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Una cosa che se la scriveva appunto Emilio Salgari, avrebbe avuto del mistero e dell’avventuroso in sé, ma che per come l’ha raccontata il sottufficiale dei Carabinieri della Stazione presso la Compagnia di Todi, nei documenti trasmessi alla Procura di Spoleto per gli atti relativi (è stato formalmente aperto un fascicolo contro ignoti), ha lasciato tutti gli addetti ai lavori un pò a bocca aperta per l’evidente assurdo comportamento  dei segatori del Borneo all’opera qualche giorno fa. Pare sia stata proprio una associazione ambientalista locale a promuovere un esposto in tal senso contro il taglio “malese”.

Con tutte le frescacce che uno può fare nella vita, a volte anche motivate da impulsi improvvisi, proprio quella di andare a tagliare un cedro sottoposto a vincolo ambientale ha in se il germe di Tafazzi. Si, esattamente quel signore che si riempiva i cosiddetti di bottigliate a scopo ricreativo. Sarà poi la magistratura ad accertare chi e perchè, ma sopratutto in forza di quale autorizzazione verbale o scritta, si è andati a compiere il gesto incriminato.

L’unica differenza con il Tafazzi originale è che invece della bottiglia si è preferito un prezioso cedro, che nella ritualità perversa del Natale festoso e fastoso, andava utilizzato come simbolico simulacro di palline luccicose in Piazza del Popolo. Morale della favola, amorale ben inteso, è che ora non basta più un abete segato a norma per coprire le pudenda ormai finite sotto il giogo della Procura, ma ci vorrebbe un fico d’india enorme di quelli con quelle belle foglione a paletta piene di spuntoni acuminati.

Ecco con quelle efficaci protuberanze arboree forse ci si potrebbe coprire a dovere, non escluso che se dovesse ripartire improvviso l’impulso tafazzista almeno gli spuntoni ti farebbero capire in che mondo vivi. Segate quelle !!