Assisi

La verità della famiglia di Davide Piampiano: “Sms durante autopsia e lamentele su inchiesta”

Avevano “deciso di restare in silenzio lasciando che la giustizia facesse il suo corso”, consapevoli che purtroppo, al di là del corso della giustizia, “Davide non tornerà più e niente, nemmeno la più esemplare delle sentenze, potrà cambiare questo o affievolire il nostro dolore”. Ma dopo l’ennesima ricostruzione letta sui giornali e diffusa dall’avvocato Luca Maori, difensore di Piero Fabbri, la famiglia di Davide Piampiano ha preso carta e penna per scrivere una lettera che mette i puntini sulle i su alcuni aspetti della vicenda.

Non intendiamo fare i processi in TV e nemmeno sulla carta stampata, perché si fanno nelle aule di Tribunale, ma alcune affermazioni apparse in questi giorni non corrispondono alla realtà dei fatti”, la premessa della famiglia di Davide Piampiano, che ricorda come “Erano le ore 17,10 dell’11 gennaio 2023 e non, quindi, le 17,30 come asserito, quando Piero Fabbri ha sparato a Davide. Non era certamente ancora buio, né sul posto vi è folta vegetazione, come abbiamo potuto constatare andando sul posto, né vi è stato alcun latrato di cane. Davide era un ragazzo alto mt 1,84 e indossava un giaccone ad alta visibilità”.

I soccorsi non chiamati e le bugie

Per quanto riguarda l’assenza di una chiamata ai soccorsi, la famiglia di Davide Piampiano ricorda che il giovane “È stato gravemente ferito ma Fabbri non ha chiamato i soccorsi, anche per guidarli, essendo un profondo conoscitore della zona abitandoci. Ancora non sappiamo se per Davide non ci fosse nulla da fare, ma se anche l’esito a posteriori fosse risultato scontato, Piero Fabbri, il muratore di Assisi, come definito dagli organi di stampa, che competenza aveva per stabilirlo a priori? Sapeva con cognizione di causa quale organo era stato colpito e che ogni tentativo sarebbe risultato inutile? Se vi fosse stata anche solo una possibilità su un milione che Davide si salvasse, lui doveva fare tutto ciò che era ‘umanamente’ possibile fare e, anzi, tentare l’impossibile”.

E invece, scrive la famiglia di Davide Piampiano, “Non solo non ha chiamato i soccorsi ma, di fronte a Davide ancora cosciente e che implorava il suo aiuto, con un cinismo senza pari, ha iniziato a raccontare al telefono che Davide, ripetiamo ancora cosciente e vicino a lui, si era sparato da solo, ha scaricato il suo fucile e ha iniziato a manomettere la scena del delitto. Se anche fosse stato convinto che di lì a poco Davide sarebbe morto, ci saremmo aspettati per il legame che c’era tra loro, che stesse lì a tenergli la mano, ad accompagnarlo, ad accarezzarlo, invece che dare inizio a quella serie di menzogne, perpetuate per quasi venti giorni e che ancora oggi continuerebbe a ripetere, se non vi fossero state le immagini della Go-Pro, che lo hanno inchiodato inequivocabilmente”. A chi dice che Fabbri fosse scioccato (Maori ha spiegato che il muratore sarebbe “provatissimo” dalle accuse), la famiglia ricorda che il 56enne “ha avuto la lucidità necessaria per scaricare il fucile di Davide e per nascondere il suo, che aveva sparato, insieme alla giacca da caccia e così raccontare al telefono che Davide si era sparato da solo. Aveva la lucidità necessaria per pensare, prima di tutto, a salvare sé stesso”.

“Da Fabbri comportamento biasimevole”

Altrettanto biasimevole” viene definito “il comportamento dei giorni successivi. Dice di non aver detto la verità perché non aveva il coraggio di dire ai genitori che aveva ucciso Davide, ma ha avuto il coraggio, questo sì, di raccontare loro un sacco di bugie, tante storielle ridicole”, arrivando a “lamentarsi con la famiglia di Davide, perché, a causa del colpo che Davide si era sparato da solo, ‘ora era venuto fuori un gran casino’ e lui, del tutto innocente e unico soccorritore, si trovava ad essere ‘il primo indagato’. Quanto meno perplessi per la dichiarazione che sembrava assolutamente fuori luogo – si legge nella lettera della famiglia di Davide Piampiano – gli è stato risposto dalla mamma di Davide ‘magari oggi Davide fosse un indagato’. Raccontava e raccontava e diceva che era una fortuna che lui fosse intervenuto sul posto, così Davide non era morto da solo”.

Gli sms alla famiglia di Davide Piampiano durante l’autopsia: “Saputo qualcosa?”

Il giorno dell’autopsia, “mentre la famiglia era insieme a parenti ed amici a pregare per Davide, è arrivato un messaggio sul cellulare di uno dei genitori, del tenore… ‘saputo qualcosa?’. Un comportamento inquisitorio, continuato per giorni e giorni, volto solo a scoprire con estrema freddezza e lucidità, del tutto incurante del dolore dei familiari, eventuali sospetti e stato delle indagini”. E pochi giorni dopo “sono stati lui e la moglie a sollecitare insistentemente il papà e la mamma in tal senso: ‘se volete sapere qualcosa su come è accaduto…chiedete pure’, frase ripetuta almeno cinque o sei volte”.

La famiglia di Davide Piampiano ribadisce di “non cercare vendetta, ma solo giustizia. (…) Non che questo sfogo cambi qualcosa, sappiamo che il baratro in cui siamo sprofondati probabilmente non avrà fine, ma crediamo sia giusto rappresentare i comportamenti di Fabbri così come sono stati nei confronti di un ragazzo gioioso e pieno di vita, che lui diceva essere il figlio che non aveva mai avuto e nei confronti della sua famiglia. Fabbri avrebbe almeno potuto tendergli la mano, rassicurarlo, assisterlo…ha preferito fare o non fare ciò che ha fatto, pensando esclusivamente a sé stesso, avendo il coraggio di farlo morire nella menzogna che ‘Davide si è sparato una botta’”.