Sa.Mi.
Una vera e propria tratta quella sgominata tra Lazio , Campania e Umbria che ha portato ad un totale di 28 arresti per i membri di un'organizzazione specializzata nel reclutare i transessuali nel Sud America per poi farli arrivare in Italia attraverso i confini di altri Paesi europei. Nei colloqui telefonici tra gli indagati, intercettati dai carabinieri, i trans erano ''stracci da portare via'' quando venivano scelti nelle favelas; ''uccellini'' o ''passerotti'' durante il viaggio; ''torte'' una volta arrivati a destinazione. O anche ''figlie'', ''bambole'' e ''farfalle''.
Arresti anche a Perugia- In provincia di Perugia, l'operazione si è concretizzata a Corciano dove i carabinieri hanno supportato i colleghi romani dando esecuzione ad un ordinenanza di custodia cautelare, traendo in arresto Laia Da Silva Nely classe '61 che aveva solo una residenza anagrafica in quel comune, mentre i suoi interessi li svolgeva in provincia di Arezzo. Durante l’attività di indagine è emerso che la Da Silva, più volte aveva procurato case sempre in quella provincia dove sistemare chi doveva esser avviato al meretricio.
L'operazione partita da Roma- I Carabinieri del Comando Provinciale di Roma stanno eseguendo 28 ordinanze di custodia cautelare (24 in carcere e 4 agli arresti domiciliari) per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, al favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione maschile di tipo transessuale, nonché all’introduzione e alla permanenza nel territorio nazionale di transessuali da destinare alla prostituzione. L’operazione, ancora in corso tra il Lazio, la Campania e l’Umbria, ha consentito di accertare che l’organizzazione criminale era composta da italiani e brasiliani.
Le vittime della “tratta”- Per la maggior parte abitanti nelle favelas brasiliane, ricevevano direttamente a casa, via posta, il biglietto aereo con il quale imbarcarsi all’aeroporto di Rio de Janeiro per poi giungere a Parigi, Madrid, Budapest, Bucarest, Zurigo. Decine le perquisizioni in corso , nel Lazio, Campania, Umbria e Toscana, nonché 12 i decreti di sequestro preventivo di immobili già destinati all’illecita attività di meretrici.
I viaggi e le minacce- In aereo da Rio de Janeiro a Parigi, Madrid, Budapest, Bucarest, Zurigo, e da qui in treno o in bus fino a Milano o Firenze sognando per tutto il tragitto un lavoro in un centro estetico o in un night club. Poi, arrivati a Roma, l'amara sorpresa: i soldi del viaggio, tra i 12mila e i 18mila euro, dovevano essere restituiti sino all'ultimo centesimo ''battendo'' i marciapiede dell'Eur-Fungo, di piazza Navigatori e di via Longoni, al Mattatoio. Con i reclutatori, che nella disperazione delle favelas erano apparsi dei benefattori, a mostrare la loro vera faccia: ''Se non pagate, facciamo del male ai vostri familiari in Brasile''.
L'operazione- “Siamo riusciti a smantellare l'intera organizzazione partendo dai vertici, per lo più brasiliani – ha spiegato in una conferenza stampa il colonnello Giuseppe La Gala, comandante del gruppo Roma – con gli italiani inseriti in ruoli intermedi'': il bilancio finale dell'operazione (ribattezzata ''Fungo'', da una delle zone gestite dal racket) comprende 48 indagati, 28 arresti (24 in carcere e 4 ai domiciliari) tra Roma (21), Caserta, Perugia, Pontecorvo e Colleferro, 30 perquisizioni e 14 appartamenti sequestrati.
Dal 2007 a oggi gli arresti sono stati ben 62- ''Sembrava che il fenomeno fosse in esaurimento – ha ammesso La Gala – e invece ci siamo resi conto che nelle aree incriminate i trans erano tornati numerosi: sono stati i colleghi del Nucleo investigativo dell'Eur a ricostruire nei dettagli come l'organizzazione si fosse ricompattata, perdendo in aggressività (la trans Monique, detta ''Pitbull'', era famosa per il bastone usato contro i trans che trasgredivano ai suoi ordini, ndr) e adottando un approccio almeno in apparenza più morbido''.
Gli organizzatori e le vittime- Tre i capi area, tutti finiti con le manette ai polsi la notte scorsa: Sasà, Paola e Carla Preta, trans brasiliani riusciti faticosamente a scalare le gerarchie fino a guadagnarsi l'appellativo di ''madrine'' e il diritto al ''voi''. Subito sotto di loro, nella piramide organizzativa italiana, venivano i ''selettori'', incaricati di scegliere in Brasile i trans da portare in Italia; la ''segretaria'', che teneva tutta la contabilità dell'organizzazione (''per un giro d'affari che in qualche mese poteva sfiorare il milione di euro''); gli ''autisti'', tutti italiani, che per 10 euro a corsa portavano i trans sul luogo di lavoro; gli ''agenti immobiliari abusivi'', che cercavano gli appartamenti sfitti dove sistemare i trans e stipulavano contratti regolari intestati a prestanome italiani; gli ''albergatori atipici'', imprenditori improvvisati che sotto l'attività di ''bed and breakfast'' celavano vere e proprie case d'appuntamento (in almeno un caso a conduzione familiare).
Una volta in Italia- ''le vittime del racket erano costrette a vivere in locali fatiscenti – ha sottolineato il colonnello – per lo più garage e scantinati, fino a sei nello stesso letto a castello. E oltre ai soldi del 'riscatto', dovevano pagare tra i 3mila e i 5mila euro di una tantum per la 'tassa' di utilizzo del suolo pubblico (le posizioni erano assegnate dal capo-area sulla base dell'anzianità di servizio, ndr); tra i 200 e i 250 euro per l'affitto settimanale; tra 200 e 300 euro per l'affitto giornaliero di camere di lusso; e persino tra i 200 e i 300 per la quota di adesione obbligatoria ad una 'riffà che metteva in palio periodicamente fino a 8mila-10mla euro. Peccato che solo sulla carta potessero vincere tutti mentre il montepremi veniva assegnato agli stessi membri dell'organizzazione con estrazioni 'pilotate''.