Spoleto

La strana voglia del tricolore: dalla Meloni Spoleto schiera un consigliere del Pd

Pazza voglia di indossare il tricolore: la canterebbe così la mitica Patty Pravo la moda tutta spoletina, pardon degli amministratori del Comune di Spoleto che, in barba anche alle più elementari regole civiche, hanno fatto della fascia tricolore una specie di capo esclusivo, da indossare anche a rotazione pur di mettersi in mostra. Ignari o, peggio, indifferenti anche nello sfiorare il ridicolo.

L’ultima perla l’ha denunciata l’opposizione (che ricordiamo schiera 6 liste di centrodestra e centrosinistra) dopo aver scoperto che alla visita istituzionale della Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, al Centro Fiere di Bastia Umbra per la firma di progetti per oltre 200 milioni di euro, il Comune di Spoleto non ha pensato di meglio che schierare il consigliere del Pd Federico Cesaretti. Con l’immancabile fascia tricolore, sigh. In mezzo ai restanti 91 sindaci (o vice sindaci) dell’Umbria invitati per l‘occasione e che a buon titolo lo potevano indossare.

Pensare che il Sindaco Sisti e pure il Vice Lisci non potessero per impegni più importanti è già di per sé difficile da credere. Più probabile che non fosse disponibile il Presidente del Consiglio comunale Trippetti (che, vale ricordarlo, è la seconda carica cittadina) per il rispetto dei turni in Ospedale quale anestesista-rianimatore. Di certo il “sondaggio” di Palazzo si è limitato a queste tre disponibilità.

Il primo cittadino ha infatti pensato di scavalcare i 2 Vice presidenti del Consiglio, Sergio Grifoni e Maura Coltorti (che appresa la boutade hanno fatto mettere a verbale l’insana scelta) e ipotizziamo anche gli assessori. Facendo cadere dall’alto dello scranno, la scelta sul prescelto, Cesaretti appunto, che non si è fatto sfuggire l’occasione.

D’altra parte che l’opposizione non riesca da due anni a “toccar palla” è evidente, tanto da aver cominciato a disertare, in segno di protesta, conferenze di capigruppo e commissioni consiliari. Basterà?

Ma torniamo alla stola bianco-rosso-verde.

In una città dove un posto da presidente, vice presidente o consigliere non si nega a nessuno (che siano poi il circoletto della briscola, il club del tressette o l’AsCadiPo, alias associazione cacciatori di poltrone), vuoi mettere potersi spacciare per sindaco di una città? E quando ricapita.

Il giochino del pret-a-porter alla spoletina va avanti ormai da mesi e sembra non conoscere più limiti. E perché non farla indossare a un dipendente del Municipio che probabilmente la porterebbe con più “disciplina e onore” come vuole la vecchia, cara Carta Costituzionale?

Non a caso c’è chi, a forza di abusarne, si è beccato dai banchi della minoranza il soprannome di “fascione”, non è dato sapere se per il giro-vita o la lunghezza del nastro bianco-rosso-verde.

Eccola così sbucare alle presentazioni più improbabili, come alla presentazione di un libro o a un corteo di protesta contro i governi regionale e centrale o alla fine di una gita perugina per consegnare un documento (che importa se è il consesso sbagliato).

C’è stato persino chi, indossandola, si è fatto immortalare con tanto di calice di vino in mano (arisigh!); foto che in un batter di ciglia è stata, ahinoi, spammata sui propri social.

Fascia tricolore, ignoranza o prepotenza?

Quanta ignoranza! Posso urlare al mondo la mia indignazione?” sbottava nel museo il comico Giovanni ai colleghi Aldo e Giacomo che avevano scambiato la “tela tagliata” di Lucio Fontana, padre dello spazialismo, per il gesto di “un deficiente che ha rovinato la tela con il taglierino”.

Perché se non è ignoranza, è una qualche forma di prepotenza nel fare anche del tricolore una “cosa nostra”. Eppure le norme ci sono, chiare, dettate dal Ministero dell’Interno.

Il tricolore infatti, secondo la Circolare 5/1998 del ministro Rosa Russo Iervolino (in Gazzetta Ufficiale 270/1998), “con lo stemma della Repubblica e lo stemma del Comune è segno distintivo del Sindaco”…”finalizzata a rendere palese la differenza tra il sindaco e gli altri titolari di cariche pubbliche”, legata “alle funzioni sindacali, di capo dell’amministrazione comunale e di ufficiale di governo”.

E ancora: il tricolore richiama “tangibilmente nell’immaginario collettivo il principio costituzionale dell’unità ed indivisibilità della Repubblica. L’alto ruolo istituzionale svolto dal sindaco impone, pertanto, un uso corretto e conveniente della fascia tricolore nell’avvertita consapevolezza della dignità e del decoro della carica, e tale da non scalfire la realtà dello Stato come elemento di unità giuridica”. Immaginarsi vederla spuntar fuori dal palchetto mentre l’indossatore o indossatrice di turno spara a zero contro questa o quella istituzione, questa o quell’amministratore.

Nell’italietta dove c’è chi può e chi non può (altro che 1 vale 1!), il Viminale ha dovuto anche chiarire che solo il vicesindaco, in caso di assenza o impedimento del sindaco, “può fregiarsene…restano validi gli utilizzi stabiliti da esplicite norme (es. art. 70 d.P.R. 396/2000) ove si prevede che l’ufficiale dello stato civile, nel celebrare il matrimonio e nel costituire l’unione civile deve indossare la fascia tricolore…“.

Ironia della sorte a Palazzo dovrebbero ben sapere come funziona visto che all’art. 209 del Rous è dettagliato, anche se non proprio in modo del tutto coerente con i dettati rilasciati dal Ministero ddell’Interno, l’uso della fascia.

A proposito, visto qualche amaro precedente, il Viminale è dovuto intervenire anche sul modo corretto di indossarla: “sulla spalla destra con la parte verde vicino al collo”. A breve bisognerà dettare qualcosa anche sulla grandezza del fiocco, perchè pare che ci sia chi lo apprezza in formato “magnum”, tipo quelli che il marito o la moglie mettono sull’auto nuova da donare al coniuge.

Per dirla alla Aldo Baglio: “Se sei ignorante rimani nella tua ignoranza, invece sei invidioso, geloso e vieni qua dove ci sono persone che vogliono evolgere”.

La soluzione c’è, ma…

In chiusura di questa lezione di educazione civica, pardon articolo, va detto che una soluzione c’è ed è già applicata da molti comuni: con la Legge costituzionale 3/2001 i Municipi possono “disciplinare l’uso dei propri segni distintivi, anche a scopo di rappresentanza, senza così ricorrere all’impiego di un simbolo quale la fascia tricolore, attinente nello specifico al capo dell’amministrazione”. Insomma, basta realizzare una fascia con i colori e lo stemma della città, senza scomodare il tricolore.

Ed è quello a cui da tempo starebbe pensando proprio il Presidente del Consiglio comunale Marco Trippetti, tra i pochi a mantenere da sempre un profilo adeguato alla delicata carica ricoperta, e a cui va sempre più stretto subire certi atteggiamenti della giunta.

Scommettiamo che, se riuscirà nell’impresa, nessuno la vorrà poi più indossare?

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