Il 24 marzo, la scrittrice, giornalista e poetessa Chiara Montenero, che è nata e vive a Roma ma passa gran parte dell’anno a Spoleto, sua città d’adozione, è stata ospite dell'Istituto Comprensivo Alcide De Gasperi di Norcia per incontrare, in mattinata, i bambini della IV e della V elementari e, nel pomeriggio, quelli delle medie. Oggetto degli incontri è stato l’ultimo libro di favole di Chiara Montenero, dal titolo “C’era una volta Macchia”
L'incontro è stato voluto dalla preside della scuola Rossella Tonti e dall'insegnante di lettere Fernanda La Vecchia, con l'intento di stimolare la fantasia dei ragazzi e di coinvolgerli nella creazione di una favola. Una sorta di corso di scrittura creativa rivolto ai piccoli che, peraltro, stanno studiando il testo della Montenero da prima delle feste natalizie. Le insegnanti hanno creato dei gruppi di lavoro che si sono sfidati in alcuni giochi aventi come tema il libro dell'autrice.
L’iniziativa intrapresa dalla preside e dall’insegnante di lettere della scuola di Norcia potrebbe essere certamente presa in considerazione da altre scuole, proprio per far nascere e crescere nei bambini e nei ragazzi la passione per la scrittura e, in ogni caso, per stimolare la loro fantasia e creatività.
I bambini hanno lavorato su alcune delle favole del libro “C’era una volta macchia” tra cui Macchia d’Inchiostro, Macchia di Fango, Macchia d’Olio, Macchia di Vino e Macchia di Cioccolata. Di seguito, il testo integrale di “Macchia di Cioccolata”, buona lettura!
“C'era una volta Macchia di Cioccolata.
Macchia di Cioccolata abitava nel Paese delle Sorprese governato dal terribile Re Sciacqua.
Era stata adottata da una coppia che viveva dall'altra parte del mondo in una grande casa di marzapane rosa, con il tetto rosso e il comignolo verde.
Sua madre adottiva si chiamava Farina e suo padre adottivo, Zucchero.
Farina era una donna semplice e generosa, accomodante e accogliente, una pastafrolla di donna!
Zucchero era un uomo famoso per il suo charme e per essere un rubacuori.
Era dolce e spensierato, aitante e calorico. Faceva amicizia con tutti ed era sempre l'ospite d'onore. Riusciva a placare qualsiasi amarezza e dissapore. Persino l'irascibile Sultano degli Amaretti di Saronno fermentava euforico in sua compagnia.
Zucchero era desiderato da tutti e temuto da molti. Infatti, era talmente buono e generoso, da rimpinzare chiunque di chili superflui fino a farli scoppiare. Alcuni dovettero ricorrere al Dietologo, altri addirittura al Diabetologo, per togliersi il suo peso di dosso.
Comunque, fatto sta, che nessuno poteva resistere alla tentazione di baciarlo a morsi e Zucchero, per farli contenti, si lasciava baciare. Da tutti. Belli e brutti.
Nonnini e nipotini. Furbetti e poveretti. Isterici e anemici. Golosi e noiosi.
Padri e madri. Grassi e bassi. Bionde e tonde. Francesi e Inglesi. Bulli e pupe…
Ogni giorno c'era la stessa processione di gente che bussava alla sua porta. Zucchero accontentava tutti con la sua infinita dolcezza.
Farina ormai ci si era abituata e aveva smesso di essere gelosa del suo sposo affascinante. Sapeva di non avere un fisico da pin-up e di essersi lasciata andare, ma era certa che Zucchero non l'avrebbe mai lasciata per nessun'altra al mondo.
Il loro legame era indissolubile come quello tra Tuorlo e Chiara d'Uovo.
Zucchero la rendeva saporita e lei lo rendeva forte e sicuro di sé.
Erano indispensabili uno all'altra.
Senza Farina, Zucchero sarebbe stato uno sciroppo qualunque, senza etichetta, pronto a sciogliersi nel primo bicchier d'acqua.
Senza Zucchero, Farina sarebbe stata meno di zero, una polvere 00 insapore e inodore, figlia di N.N.
Farina non poteva avere figli e quindi li adottava da ogni parte della terra.
Era bello veder entrare e uscire dal suo abbraccio avvolgente, tanti pargoletti di tutti i colori: i gialli Tuorli del lontano Regno di Uovo, i candidi Fiocchi del gelido Regno di Burro, le Schegge mulatte dell’isola di Cacao, scampate al naufragio dell'ultima tavoletta di salvataggio…
Farina li accoglieva tutti e li amava incondizionatamente, senza mai la benché minima preferenza per uno di loro. Era la loro Grande Mamma capace di amalgamare ogni dissapore e a sciogliere gli eventuali grumi occasionali.
Ma Macchia di Cioccolata non era una creatura facile da domare e creò subito molto scompiglio in famiglia. Faceva dispetti a tutti e si metteva sempre in mezzo. Non poteva stare ferma nemmeno un momento.
Il suo gioco preferito era scivolare lentamente dal corrimano delle dita a chiocciola che portavano al Grande Cono, e poi tuffarsi “a bomba” sulla pancia sopita del Maresciallo Spagnolo Candido Bucatolindo, disteso ad asciugare al sole tra due mollette-niente-male-di-Striscia-la-Notizia.
A nulla valsero i tentativi di Bucatolindo di acchiappare quella piccola peste, Macchia di Cioccolata riusciva sempre a farla franca.
Ma un giorno Candido, stanco di dover subire, per colpa di quella birbante, l'ennesima lavata di capo dal Tenente Colonnello Blanco Lavabo, decise di darle una lezione, una volta per tutte. Nella confusione della cesta di Donna Biancheria, si mescolò al gruppo dei Panni Colorati ed entrò, non visto, nell'Aula Magna della Lavatrice. Una volta dentro, si sedette in un angolo, in attesa dell'inizio del programma. Finalmente i motori si accesero e la giostra iniziò a girare.
Il grande ballo stava per cominciare…
Candido fu trascinato in pista dall'esuberanza dei Panni Colorati e si perse nel ritmo senza finish dell'ammorbidente. Era bello conoscere nuovi indumenti venuti da altri armadi, da altre stagioni, da altre misure…
Poi, d’improvviso, tutto si fermò catapultando tutti i passeggeri sul fondo della Whirlpool. Lo sportello si aprì e due mani sconosciute lo trascinarono fuori dall'oblò insieme ai suoi compagni. Senza fare distinzioni di specie o di colore.
Tutti nel grande cesto di Donna Biancheria che li avrebbe consegnati, lavati e profumati, a Don Stenditoio del Santo Condominio che, da Stracci Bagnati, li avrebbe trasformati in Panni Asciutti, idonei per l’ammissione alla Facoltà di Stiratura.
Non vi dico lo stupore dello stesso Bucatolindo nel vedersi trasformato in un morbido arcobaleno! Era davvero sbalordito. E divertito. A tal punto da iniziare a ridere a crepapelle. Placata l’ilarità, tornò a stendersi al sole fra le due-mollette-niente-male-di-Striscia-la-Notizia e attese, impaziente, l'arrivo di Macchia di Cioccolata.
Come previsto, la piccola peste apparve, di lì a poco, sul solito corrimano, pronta a tuffarsi giù. Ma? Cosa videro i suoi occhi? Chi era quello sconosciuto? Forse un amico Hawaiano di Candido? Dov'era finito il Maresciallo?
Macchia di Cioccolata si avvicinò all’estraneo con aria circospetta. Lo esplorò in lungo e in largo. E lo riconobbe. Bucatolindo era lì, al solito posto, che le sorrideva soddisfatto e variopinto. Quel sorriso, come un raggio di sole, le entrò dentro fino al cuore e, per la prima volta nella sua vita, la piccola peste pianse.
In realtà non fu un vero e proprio pianto, ma solo una piccola lacrima, densa e dolce come lei, sfuggita al suo sguardo di dentro che aveva capito e sentito tutto. Candido era entrato nei Panni Colorati e si era unito a loro solo per punirla, per renderla invisibile sulla sua pancia, gonfia di vento, stesa al sole ad asciugare. Aveva messo fine al suo scherzo che, ormai, non avrebbe più avuto alcun effetto su di lui, né divertimento per lei. Era stato bravo. Sì, le aveva dato proprio una bella lezione… e se la meritava. Eccome se se la meritava! Era stata cattiva e insolente con lui che, invece, era sempre stato paziente e paterno nei suoi confronti…
Macchia di Cioccolata era davvero confusa dai sentimenti che le ingarbugliavano la mente. Cercava una buona ragione per giustificare le sue emozioni e le sue contraddizioni, ma la cioccolata , si sa, dà serenità, euforia e… amore. Come aveva potuto ignorare la sua stessa natura? La verità era semplice e a portata di mano: il Maresciallo Candido Bucatolindo si era innamorato di lei e per lei si era macchiato di tutti i colori possibili. Per lei aveva perso ogni pudore e candore. E persino il suo nome! Non era più niente. Non aveva più niente. Armadio, letto, divano… Nulla di nulla. Forse sarebbe stato tagliato o strappato e ridotto a tanti piccoli strofinacci per pulire le scarpe o l’argenteria… Oppure sarebbe finito nel cassonetto della spazzatura in fondo alla via… Chissà…
Macchia di Cioccolata pensava e pensava. E più pensava, più si scioglieva sulle dita a chiocciola che conducevano al Grande Cono, ma non c’era nulla che lei potesse fare per Bucatolindo e a lui non sembrava importare un granché del destino. Sospirò rassegnata e alzò gli occhi verso di lui. Sorrise a quel faccione multicolore, appeso fra le due-mollette-niente-male-di-Striscia-la-Notizia. Non c’era tristezza sul suo volto e neppure la solita stizza che aveva alimentato per tanto tempo il suo istinto pestifero. Lo guardò e, per la prima volta, lo vide. Quel clown steso al sole, l’amava davvero. Era il solo ad amarla davvero. Era il solo che lei amava davvero. Perché ci aveva messo tanto a capirlo? Guardò il cielo che pareva di carta. Nessuna nuvola di passaggio. Neanche un soffio di vento a gonfiare la pancia del Maresciallo. Il sole era una palla immobile, pareva in apnea per non turbare il fermo immagine universale.
Macchia di Cioccolata scivolò sul corrimano delle dita a chiocciola che conducevano al Grande Cono, ma non si tuffò “a bomba”. No, questa volta si lasciò sciogliere al sole, lentamente, goccia a goccia, sulle labbra del Maresciallo Spagnolo Candido Bucatolindo, senza più nome, candore, pudore…”