Spoleto

La rissa e la morte di Filippo, la ricostruzione del giudice

La rissa fuori dal Country a Bastia Umbra. Il gruppo proveniente da Spoleto che si scontra con i ragazzi del posto. Fino alla tragica morte di Filippo Limini. Nel provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari Natalia Giubilei dispone la scarcerazione di Brendon Kosiqui, Denis Halderlliu e Kevin Malferteiner c’è già una ricostruzione di quanto avvenuto in quella maledetta notte tra il 14 e il 15 agosto.

Filippo e Willy: morti violente di due giovanissimi

Una ricostruzione che si basa sui racconti fatti dai tre indagati al magistrato al momento del fermo e al gip nell’interrogatorio di garanzia. Di alcuni degli amici che erano con Filippo. Dei buttafuori della discoteca. E di testimoni che non hanno avuto alcun ruolo nella rissa.

La testimone

In particolare, il gip, per la sua ricostruzione, in molti punti si avvale della testimonianza di una ragazza che quella sera era andata a ballare insieme alla cugina di Denis. E che ha raccontato, tra le lacrime, la terribile scena del corpo di Filippo sotto la vettura.

La rissa e l’inseguimento

Secondo la ricostruzione del gip, la prima lite tra alcuni ragazzi del posto ed altri provenienti da Spoleto è scoppiata sulla strada, davanti all’ingresso della discoteca Country. Una lite nata a seguito di insulti tra Kevin e un ragazzo N.R., che era a piedi in mezzo alla strada.

Una lite poi scaturita in rissa, nel parcheggio di fianco al Palasport, dove è avvenuto il tragico epilogo.

Botte reciproche, con Brendon, in particolare, che viene colpito allo zigomo e al braccio sinistro. Insieme a Kevin scappa per rifugiarsi nella sua auto, una Opel Corsa, parcheggiata nel vialetto vicino al Palasport. I due ragazzi del posto (Brendon è residente a Bastia, Kevin ad Assisi) vengono inseguiti dal gruppo proveniente da Spoleto, tra cui, secondo il gip, c’era anche Filippo Limini. Cosa questa smentita dal legale della famiglia spoletina, l’avvocato Alberto Maria Onori.

Nell’auto, sul sedile posteriore, è salito anche Denis, giunto sul luogo della rissa. I ragazzi del gruppo di Spoleto (più di cinque, ancora da identificare con certezza) brandendo “oggetti contundenti” raggiungono l’auto. E la colpiscono ripetutamente, mandando in frantumi il lunotto e i finestrini dei vetri posteriori. Elemento, questo, che gli spoletini sentiti però finora hanno contestato, affermando di aver colpito l’auto solo mentre si allontanava, dopo aver travolto Filippo.

Per il gip, invece, gli spoletini colpiscono anche Brendon e Kevin, che erano all’interno dell’auto con i finestrini abbassati perché il primo soffre di claustrofobia.

Denis affronta Filippo

Dennis, che aveva raggiunto i due amici successivamente, esce dall’auto. Si trova davanti Filippo che lo affronta con un “gesto di sfida“, si giustificherà. Lo colpisce prima con un cazzotto al volto e poi, una volta a terra, con un calcio. Ma Denis, che conferma di aver colpito Filippo al volto con un pugno, smentisce di essere stato lui a sferrare il calcio che ha tramortito Filippo.

L’auto in retromarcia

Nel frattempo Brendon riesce a mettere in moto l’auto, innestando la retromarcia per uscire dal parcheggio. Investendo in questa manovra Filippo, che era a terra per i colpi ricevuti. Senza essersi accorto di aver investito una persona, è la versione che continua a ripetere.

La testimonianza del buttafuori

Gli indagati hanno escluso di aver avuto una discussione all’interno del locale. Affermando che la lite è avvenuta per avere spazio sulla strada. Uno dei buttafuori racconta invece che i due gruppi (anche quelli del posto erano una decina) avevano già avuto una discussione all’interno del locale. Che poi era proseguita all’uscita davanti all’ingresso, tant’è che erano dovuti intervenire altri buttafuori per separare i due gruppi e “invitarli a smettere“.

Le versioni di Brendon e Kevin

Brendon e Kevin hanno invece raccontato che non c’è stato alcuno screzio né dentro, né davanti al locale. Di essere usciti per andare a recuperare l’auto. E a quel punto è nata la lite, per avere strada libera.

“Togliti dal cazzo”

A un tratto Kevin, dall’auto, avrebbe detto ad un ragazzo N.R., proveniente da Spoleto, che camminava a piedi sulla via davanti al locale: “Togliti dal cazzo“. “Che cazzo vuoi?!” sarebbe stata la risposta dell’altro. Da lì la discussione, con Kevin che scende dall’auto e schiaffeggia N.R.

Brendon a quel punto toglie l’auto dalla strada e la lascia nel vicino parcheggio.

A quel punto amici di N.R. si avvicinano minacciosi. Qualcuno richiede l’intervento dei buttafuori.

Ma la rissa, “con moltissime persone“, scoppia nel parcheggio poco distante, al lato del Palasport. N.R. vede i due ragazzi nell’auto picchiati. Quindi la retromarcia della vettura, che travolge Filippo, a terra. A quel punto cerca di fermare l’auto, che invece si allontana a grande velocità, riuscendo però a prendere il numero di targa, fornito poi ai carabinieri.

Il mistero del calcio a Filippo

Un altro testimone, G.C., conferma la prima discussione sul vialetto, proseguita poi nel parcheggio. Racconta di aver visto Filippo che si picchiava con un ragazzo. Lo spoletino cadeva a terra, colpito poi anche da un calcio al volto. A quel punto l’auto partiva, investendo in retromarcia Filippo a terra e poi colpendo una Fiat Punto parcheggiata, prima di allontanarsi.

I tre a casa di un cugino

Denis non risale nella Opel, che si è allontanata. La cugina e l’amica lo portano via. “Gli ho dato sto cazzotto…” ripete. Denis raggiunge la sua vettura. Con la quale si reca a casa di un cugino di Brendon (anche lui della comitiva nella serata al Country), dove trova lo stesso Brendon e Kevin. Denis racconta loro di aver dato un pugno a un ragazzo (agli inquirenti si giustificherà dicendo che Filippo lo aveva guardato con “un gesto di sfida”). E di averlo poi visto in una pozza di sangue, senza dire che era stato investito dall’auto. E’ però pallido e visibilmente turbato per quanto visto. Vomita.

A casa di Brendon

Denis accompagna quindi Brendon a casa, dove ad attenderlo ci sono i genitori, presumibilmente già avvertiti dell’accaduto.

Fiumi di alcol

In tanti, quella sera, avevano bevuto nella discoteca, rileva il gip. Una decina di ragazzi del posto, tra cui i tre indagati, ordinano al tavolo una bottiglia di champagne e una di vodka. I tre indagati hanno ammesso di aver bevuto.

Del resto, le analisi effettuate su Brendon alle 9,30 del mattino (quindi circa 6 ore dopo la morte di Filippo Limini) registrano ancora un tasso alcolemico di 0,84. “Ed è verosimile ipotizzare che anche i componenti del gruppo avversari, tra cui la vittima – scrive il gip – non fossero totalmente lucidi“. Come evidenzierebbe la reazione estremamente violenta, con l’accerchiamento della vettura allo scopo di picchiare i rivali.

I domiciliari

Il gip Natalia Giubilei ha accolto le istanze dei legali dei tre indagati concedendo loro gli arresti domiciliari. In ragione della giovane età e del fatto che fossero incensurati (non Kevin, ma per reati che non riguardano delitti contro la persona). Confidando nel controllo che potranno operare su di loro i genitori.

Confermando però il quadro con i gravi indizi di colpevolezza a loro carico.

Altri indagati per la rissa

Ma nel provvedimento del gip si profilano anche gli scontati sviluppi delle prossime ore. Quando il pm Paolo Abbritti iscriverà nel registro degli indagati altri giovani che hanno partecipato alla rissa.

Il gip scrive infatti di “un gruppo di persone ben più nutrito, fra cui la vittima” che si è contrapposto ai tre con violenza “addirittura superiore“. Come dimostrerebbero le ferite sui tre indagati e i danni all’auto di Brendon.

Persone che sono in corso di identificazione. I ragazzi provenienti da Spoleto, appunto. Anche loro giovanissimi italiani di famiglie di origine albanese (come quelle degli indagati) e rumena che da tempo vivono in Umbria. Tant’è che, come raccontato da diversi testimoni, i due gruppi si scambiavano insulti e minacce in lingua albanese.

I nodi da sciogliere

Una ricostruzione dove restano però molti aspetti e responsabilità da chiarire. E nomi. Come quello di chi ha sferrato il calcio sul volto che ha tramortito Filippo, impedendogli, forse, di sfuggire all’auto che procedeva in retromarcia. Aspetti che in parte potranno essere chiariti dall’autopsia sul corpo di Filippo Limini.