In una Venezia invasa da migliaia di appassionati di arte, la mostra “Burri: la pittura, irriducibile presenza” è stato veramente l’appuntamento di maggior appeal. Tutta la giornata di ieri (giovedì 9 maggio) è stata dedicata a ricevere giornalisti, critici, galleristi e collezionisti internazionali, in attesa della grande apertura al pubblico di oggi.
Il Presidente della Fondazione Burri Bruno Corà è stato a disposizione per molte ore di interviste su tutti i media. La stampa internazionale ha dedicato molta attenzione alla mostra, con pezzi di forte spessore. Particolarmente gradita è stata la visita di Georg Baselitz, grande artista protagonista di una importante esposizione all’Accademia. Da segnalare la presenza dello stato maggiore di Banca Intesa, guidato dal Presidente emerito Giovanni Bazoli, accompagnato dal Segretario Generale della Fondazione Cini Pasquale Gagliardi. Alla mostra è intervenuto, a portare il saluto di Città di Castello, anche il sindaco di Città di Castello Luciano Bacchetta.
La Fondazione Giorgio Cini inaugura nell’isola di San Giorgio Maggiore, un’importante retrospettiva antologica dedicata ad Alberto Burri, dal 10 maggio al 28 luglio, a coronamento di una stagione di grandi celebrazioni internazionali per l’artista umbro.
La mostra, curata da Bruno Corà, Presidente della Fondazione Burri, e organizzata dalla Fondazione Giorgio Cini e dalla Fondazione Burri, in collaborazione con Tornabuoni Art e Paola Sapone MCIA, in partnership con Intesa Sanpaolo, è un progetto concepito appositamente per Venezia che ripercorre cronologicamente le più significative tappe del percorso del Maestro della ‘materia’ attraverso molti dei suoi più importanti capolavori. “Burri: la pittura, irriducibile presenza” con circa 50 opere provenienti da importanti musei italiani e stranieri, dalla Fondazione Burri e da prestigiose collezioni private, ricostruisce nella sua interezza la parabola storica di uno dei più grandi protagonisti dell’arte italiana ed europea del XX secolo e riporta Burri a Venezia dopo la memorabile personale che nel 1983 vide protagoniste 18 opere del ciclo Sestante, nel suggestivo edificio degli ex Cantieri Navali alla Giudecca.
Il percorso espositivo offre al visitatore l’opportunità unica di ammirare una selezione inedita di opere che rappresentano tutti i più famosi cicli realizzati da Burri: dai primi e rari Catrami (1948) e dalle Muffe (1948), presentati in stretto confronto con gli iconici Sacchi (1949-50), ai Gobbi (1950), per arrivare alle affascinanti Combustioni (1953), i Legni (1955), i Ferri (1958), le contorte Plastiche (1960) e l’evoluzione straordinaria dei Cretti (1970), divenuti uno dei temi di ricerca più iconici di Burri, fino ai grandi Cellotex, realizzati fino a metà degli anni Novanta. La mostra veneziana – il cui titolo si rifà alla celebre definizione data dallo stesso artista alla sua opera, e alla difficoltà di tradurla in parole – offre così una lettura penetrante del modo in cui questo pioniere della nuova pittura del secondo Novecento ha affrontato il tema centrale del suo tempo: quello dell’utilizzo e della trasformazione della materia in opera d’arte.
“Dopo un quarto di secolo dalla sua scomparsa, avvenuta nel 1995, la mostra pone in evidenza la trasformazione recata da Burri nell’arte del XX secolo – spiega Corà – Non è improprio paragonare l’innovazione linguistica introdotta da Burri con la ‘presentazione’ sistematica della materia reale al posto della mimesi rappresentativa, alla rivoluzione giottesca compiuta nel sostituire ai cieli d’oro della pittura medioevale il celeste che si poteva osservare in natura. In entrambe le innovazioni veniva introdotto il ‘vero’ nella pittura al posto della finzione imitativa di esso. Lo shock prodotto da Burri negli anni dell’immediato dopoguerra si può misurare solo con l’effetto ottenuto in tutto l’arco di esperienze artistiche da lui influenzate: dal New Dada di Rauschenberg, Jonhs e Dine, al Nouveau Réalisme di Klein, César, Arman e Rotella, dall’Arte Povera di Pistoletto, Kounellis, Pascali e Calzolari all’arte processuale e fino al neominimalismo a base monocroma”.