E’ stata rinviata a giudizio per stalking, aggravato dal rapporto di familiarità e dall’uso di strumenti telematici, diffamazione e appropriazione indebita, la spoletina 48enne denunciata dall’ex compagno 63enne dopo che l’uomo ha subito una serie di atti persecutori, anche sui social. Un rapporto difficile tra i due, con scambi di accuse e denunce nel tempo.
Poi però era seguita una persecuzione da parte della donna. Con azioni a seguito delle quali la scorsa estate il gip aveva fatto scattare le misure previste dal Codice rosso, disponendo nei confronti della donna il divieto di avvicinare l’ex compagno e di comunicare con lui. Ordinandone anche l’oscuramente del profilo Facebook. Meta ha però risposto che la filosofia aziendale prevede la rimozione di singoli post offensivi, ma non l’oscuramento dei profili. Ed anche il sequestro di un cane, conteso dalla coppia dopo la separazione.
Il giorno stesso in cui sono scattate le misure la donna aveva trasgredito all’ordine del giudice. Da qui la presentazione di una nuova denuncia da parte dell’uomo, attraverso il proprio legale, Fabrizio Gentili.
Ad ottobre c’era stato un accordo, anche in merito alla custodia dell’animale. Ma poi erano seguiti nuovi insulti e minacce da parte della donna (che in passato avrebbe anche inseguito e speronato il suo ex con l’auto, secondo quanto denunciato dall’uomo). Il 2 maggio il pm aveva chiesto gli arresti domiciliari nei confronti della donna, ma il gup aveva disposto nuovamente il divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico e un nuovo divieto di utilizzare i social, oltre che di cercare di mettersi in contatto con l’ex.
Ora la donna è stata rinviata a giudizio. Dovrà comparire di fronte al giudice il prossimo 19 settembre.
“La violenza – commenta l’avvocato Fabrizio Gentili – non ha genere, ma può essere compiuta in varie forme da persone di entrambi i sessi. Purtroppo il mio assistito è stato fortemente segnato da questa vicenda. Ora è in cura per problemi psicologici. La Procura ha subito capito la gravità e la potenziale pericolosità delle azioni in atto, dando una risposta chiara e celere a difesa del mio assistito”.
C’è poi l’aspetto legato alle minacce e alle diffamazioni, accertate in fase di indagine, attraverso i social. “Mi stupisco – dichiara a questo proposito il legale – che Meta non abbia ottemperato a un provvedimento dell’autorità italiana a tutela della persona. Stiamo valutando quindi anche un’azione nei confronti di Meta, perché ha contribuito a trasformare il profilo Facebook in uno strumento di diffamazione e di offesa.