Categorie: Istituzioni Umbria | Italia | Mondo

LA LEGGE REGIONALE SULL'OPEN SOURCE E' OPERATIVA.

“Con lo stanziamento dei primi 100 mila euro da parte della Giunta regionale e con la predisposizione del regolamento che individua le modalità di assegnazione dei fondi, la legge sull'open source diventa pienamente operativa”. Lo ha detto il consigliere regionale Oliviero Dottorini (Verdi e civici) presentando questa mattina, insieme all'assessore Maria Prodi, al presidente del Sir, Paolo Barboni e al presidente del Centro di competenza sull'open source (Ccos), Osvaldo Gervasi, il bando per il finanziamento di progetti incentrati sull'uso e la diffusione di software libero previsto dal regolamento emanato dalla Giunta regionale.”Negli uffici del Consiglio regionale – ha spiegato Dottorini – sono già state installate e sono in via di sperimentazione novanta postazioni che utilizzano Open office al posto del programma della Microsoft: si tratta, per ora, di un piccolo risparmio, circa 13 mila euro complessivi. Sono fondi che nel breve periodo dovranno essere reinvestiti nella formazione; nel medio periodo però si arriverà ad un risparmio netto per le casse della Regione e delle pubbliche amministrazioni che adotteranno questo sistema. La Regione Umbria spende circa 2,5 milioni di euro ogni 4 anni per le licenze Microsoft: l'indicazione che viene dalla legge (e dal regolamento attuativo) è di sostituire dove possibile i programmi proprietari con quelli open source. L'Umbria è una delle prime a sperimentare questo percorso, che inevitabilmente anche altre Regioni dovranno seguire”.L'assessore Prodi ha evidenziato che si tratta di “uno strumento importante che consente al pluralismo dei canali informativi di esplicarsi anche nelle scuole; a questo scopo sono stati reperiti dal Piano operativo regionale 2000/2006 circa 400 mila euro da destinare all'acquisto di personal computer ma soprattutto alla formazione. È poi particolarmente rilevante che l'utilizzo di software open source (più 'leggero' degli altri e quindi con minori necessità in fatto di potenza dei computer) consente alle scuole di utilizzare meglio le macchine dei laboratori, anche se queste non sono molto recenti e aggiornate. Di ciò si avvantaggeranno senz'altro gli studenti che potranno anche contare su una formazione ulteriore in campo informatico”.Paolo Barboni ha auspicato che nei prossimi anni siano le Provincie e la Regione a svolgere un'azione di guida verso i comuni più piccoli affinché l'open source trovi una adeguata diffusione su tutto il territorio regionale. Del buon numero di domande ricevute dopo la pubblicazione del bando ha parlato il presidente del Ccos, Osvaldo Gervasi: “tra i progetti pilota più rilevanti ci sono quelli attivati dall'Università degli studi di Perugia (che riguarda l'attivazione di punti di ascolto e di supporto a sostegno della migrazione verso l'open source), dalla Giunta regionale (per un server di gestione della posta elettronica), dal Comune di Perugia (servizi internet) e dalla scuola 'S.Giovanni' di Terni (per il riutilizzo del vecchio hardware)”.I progetti che possono essere finanziati, secondo quanto previsto dal bando, sono quelli finalizzati allo sviluppo, diffusione e conoscenza del software open source, all'utilizzo consapevole di strumenti informatici liberi, alla diffusione di nuove tipologie di licenze d'uso di prodotti software. Saranno sostenute le spese relative alla progettazione esecutiva, all'acquisto e al noleggio delle attrezzature, alla formazione e alla diffusione del progetto e dei risultati. Per gli impegni di spesa inferiori ad 8 mila euro è previsto un cofinanziamento del 70 per cento che scende al 40 per cento per la quota che eccede gli 8 mila euro (fino ad un massimo di 15 mila).La legge Finanziaria 2007 ha stanziato 10 milioni di euro per sostenere lo sviluppo del software open source nelle pubbliche amministrazioni con lo scopo di coinvolgere le Pa nello sviluppo del proprio software; introdurre un elemento di innovazione; valorizzare le competenze locali in materia di information tecnology; utilizzare standard aperti; risparmiare sulle licenze; consentire alle nuove generazioni di “riappropriarsi” delle tecnologie software e competere meglio sul mercato del lavoro.