Una rete capillare di diffusione territoriale di defibrillatori semiautomatici, “manovrabili” anche da personale addestrato non medico e localizzati, oltre che nelle tradizionali sedi sanitarie, anche nei luoghi di lavoro, di studio e, in generale, pubblici. L’obiettivo è di giungere ad una riduzione in percentuale significativa delle morti per infarto al miocardio e dei danni, soprattutto di carattere neurologico, conseguenti. E’ quanto si propone di realizzare la Giunta regionale dell’Umbria che, su proposta dell’assessore alla sanità Franco Tomassoni, ha deciso di procedere alla progettazione e concreta realizzazione del “Progetto Umbria diffusione dei defibrillatori esterni (DAE)”. Una prima esplicitazione del progetto è stata già inviata al Ministero per la salute al fine di concorrere alla erogazione dei finanziamenti governativi previsti dalla legge finanziaria 2010 e ammontanti per la Regione Umbria a 110.000,00 euro per gli anni 2011 e 2012.
La svolta alla possibilità di un utilizzo diffuso, non necessariamente eseguito da personale medico, dei defibrillatori si è avuta con la legge 120, risalente al 2001, che, alla luce delle nuove tecnologie disponibili che hanno dotato gli strumenti della capacità di “riconoscere” la patologia cardiaca, ha reso possibile e autorizzato l’intervento di personale infermieristico o laico addestrato.
L’infarto al miocardio, in Italia e negli altri Paesi industrializzati, figura, come è noto, tra le principali e ormai, per fortuna ridotte, cause di decesso. Le possibilità di sopravvivenza in caso di attacco cardiaco sono strettamente correlate alla rapidità dell’intervento terapeutico, il più efficace del quale risulta essere la scarica elettrica, l’unica in grado di correggere l’aritmia mortale o riavviare l’organo colpito da arresto.
La defibrillazione elettrica può risultare, nella maggior parte dei casi, risolutiva a patto che venga attuata entro cinque, sei minuti dal blocco cardiaco. Studi clinici hanno stabilito che la sua efficacia diminuisce del 10% per ogni minuto che passa dal momento dell’arresto e che, in caso di intervento tardivo, il paziente può essere forse salvato, ma sarà destinato a rimanere vittima di gravi handicap fisici o psichici.
L’obiettivo della Giunta regionale, che sarà inevitabilmente costruito con gradualità, è quello di realizzare nel territorio una rete di defibrillatori da rendere compatibili con i tempi necessari al primo intervento di soccorso.
Il Piano prevede la attuazione di tre fasi: innanzitutto saranno dotati delle apparecchiature terapeutiche tutte le ambulanze del sistema “Emergenza Urgenza”, quelle delle associazioni del volontariato, dei Vigili del Fuoco e delle forze dell’ordine. Nella seconda fase i defibrillatori semiautomatici saranno dislocati nelle sedi di tutti i soggetti a vario titolo interessate alla “Emergenza”. A regime il sistema fornirà e prevedrà l’uso di defibrillatori nei luoghi di lavoro, centri commerciali, stazioni ferroviarie e sedi di transito, istituti di studio, farmacie, centri di recupero, penitenziari e altro ancora.
Le tre centrali operative del 118 avranno un ruolo chiave nella realizzazione della rete, a cominciare dalla progettazione che è stata affidata dalla Giunta regionale ad una commissione formata dai loro responsabili. Le ASL avranno invece il compito di formare il personale non medico, mentre la Agenzia Umbria Sanità svolgerà le gare d’appalto per l’acquisto dei preziosi strumenti salvavita.
Naturalmente il sistema dovrà essere sottoposto a regole e modalità severe e meticolose di funzionamento e manutenzione. Le apparecchiature saranno periodicamente controllate e gli operatori frequenteranno corsi di aggiornamento e verifica.