Nei documenti ufficiali continuerà a chiamarsi Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia. Ma al territorio si presenterà con la denominazione di Fondazione Perugia, con il Grifo rampante, che guarda al futuro, al posto di quello che vigilava sul risparmio. Nel suo trentesimo compleanno (tanto è passato dalla riforma Amato del ’92) la Fondazione di Palazzo Graziani dà una decisa sterzata alla sua storia, smarcandosi idealmente dal legame bancario di emanazione, durato 560 anni e sopravvissuto anche alla stessa Cassa di Risparmio di Perugia, poi confluita in UniCredit, di cui l’istituzione perugina detiene una piccola quota.
Operazioni che hanno consentito alla Fondazione perugina di avere patrimoni per 500 milioni di euro, generando introiti poi investiti sul territorio per circa 300 milioni di euro in questi 30 anni.
Una scelta “non facile”, ha riconosciuto la presidente Cristina Colaiacovo, maturata dopo un lungo percorso e un’indagine all’esterno e all’interno della stessa Fondazione su come l’istituzione viene percepita. Una scelta, però, che è stata accolta dai soci, pronti a questo storico passaggio di identità. Che si fonda, anche graficamente, sulle lettere “Per”, iniziali di Perugia al cui brand si lega, ma anche per dare il senso di quanto la Fondazione sia a servizio di questo territorio, in ambito sociale, economico, culturale e artistico.
Una nuova filosofia, racchiusi nel nome e nel nuovo logo studiato da Inarea, la società di design leader in Italia nell’identità di imprese e istituzioni. Come spiegato dal presidente di Inarea, Antonio Romano, la scelta è stata quella di legare la Fondazione al suo territorio e alla popolazione per la quale opera, nei suoi ambiti di intervento.
Era il 22 maggio 1992 quando, in applicazione della Legge Amato 1990, nacque la Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia in seguito alla separazione tra l’attività creditizia, rimasta in capo alla Cassa di Risparmio di Perugia – della quale ha raccolto l’eredità – e quella filantropica. Da quel giorno la Fondazione ha iniziato adoperare come soggetto non profit, privato e autonomo volto a sostenere lo sviluppo sociale, culturale ed economico del territorio.
Fino ad oggi sono state stanziate risorse per oltre 300 milioni di euro che hanno permesso la realizzazione di oltre 6.000 progetti nei diversi settori di intervento. I principali sono Arte, attività e beni culturali con 114,5 milioni; Salute pubblica con 52,4 milioni; Ricerca scientifica e tecnologica 45,8 milioni; Sviluppo locale con 40,4 milioni; Educazione, istruzione e formazione con 35,7 milioni; Volontariato, Filantropia e Beneficenza con 24 milioni.
Questi, in cifre, i frutti di una gestione virtuosa del patrimonio accumulato negli anni e confluito in parte nel Fondo dedicato “Pinturicchio”, gestione che nonostante le fluttuazioni del mercato azionario dovute in particolar modo alle crisi che si sono susseguite e alla mole degli investimenti, ha permesso alla Fondazione di consolidare e ad accrescere il proprio patrimonio, che ha raggiunto un ammontare complessivo di 514 milioni di euro.
“Aver raggiunto il traguardo dei 30 anni – ha detto la presidente Cristina Colaiacovo – vuol dire essersi confrontati con numerose sfide che i miei predecessori hanno affrontato, non senza difficoltà, contando sulle competenze degli Organi di governo e sul prezioso supporto del personale della struttura, che esprime una qualificata professionalità in tutti i campi di azione dell’Ente. Fondamentale è stata anche la collaborazione anche con le altre Fondazioni di origine bancaria, con le quali sia su scala nazionale guidati da Acri sia a livello regionale come Consulta delle Fondazioni Umbre, condividiamo obiettivi e strategie che in questo difficile momento storico possono portare un contributo significativo alla ripresa del Paese, così come la sta programmando il Governo. Per il futuro sarà dunque ancora più importante la capacità e la volontà di ascoltare, di attivare collaborazioni e sinergie tra pubblico, privato e Terzo Settore per generare una crescita sostenibile e per ridurre le tante disuguaglianze che impediscono la piena valorizzazione delle persone”.