Contestata la legittimità del trasferimento di 14,2 milioni all'Arpa dopo la sentenza sul caso Sicilia. La Giunta: riguarda altre Regioni, l'opposizione: inadeguati
La Corte dei conti non è convinta della legittimità dell’atto con il quale la Regione Umbria ha dirottato all’Arpa (l’Agenzia regionale per la protezione ambientale) 14,2 milioni di euro del Fondo sanitario nazionale nel bilancio 2023. Una procedura assunta sulla base della legge regionale del1998, sulla cui legittimità i giudici contabili hanno dubbi, alla luce della sentenza con la quale è stata bocciata l’assegnazione di risorse dalla Regione Siciliana all’Agenzia per l’ambiente dell’isola.
Da qui, la mancata parifica del bilancio consuntivo della Regione Umbria da parte della Corte dei Conti. Già annunciato a Palazzo Donini, dove giovedì, in via prudenziale, è stato dato incarico agli uffici competenti di predisporre entro fine luglio un nuovo Rendiconto generale 2023.
Un problema, evidenzia la Regione Umbria, che coinvolge la gran parte delle Regioni italiane, come sottolineato anche in un comunicato della Conferenza delle Regioni. La Corte dei Conti, infatti, solo nell’adunanza di pre-parifica del 4 luglio scorso, ad esito di una sentenza della Corte Costituzionale di inizio anno che riguarda la Regione Sicilia, ha sollevato eventuali profili di criticità in merito alla possibile legittimità costituzionale dell’articolo 16 della legge regionale “n.9 del 1998” relativo al finanziamento della attività di ARPA, mai rilevati in precedenza, nemmeno a seguito della modifica della medesima legge nel corso del 2020.
Dalla Regione sottolineano che la modalità di finanziamento applicata dalla Regione Umbria è propria della stragrande maggioranza delle Regioni italiane.
“La presenza di un bilancio regionale quanto mai sano, e ancora migliore degli anni precedenti – si legge in una nota dell’ente – ha permesso alla Regione Umbria, sulla base del rilievo del 4 luglio della Corte, di prendere immediati provvedimenti attraverso una delibera che porterà entro il prossimo 31 luglio ad un nuovo DDL di Rendiconto Generale per l’esercizio finanziario 2023 in cui sarà previsto un accantonamento cautelativo e prudenziale di 14,2 milioni di euro, accantonamento pienamente sostenibile visti i dati evidenziati nel Rendiconto stesso. Ciò nelle more della predisposizione delle modifiche da apportare all’articolo 16 della Legge Regionale 9 del 1998, anche a seguito del confronto e delle eventuali osservazioni della Corte dei Conti nonché dell’intervento della Conferenza delle Regioni e delle iniziative che saranno assunte dalla medesima, a livello nazionale, relativamente alle modalità di finanziamento delle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente”.
Dalla Regione evidenziano infine che la questione, che appunto non riguarda solo l’Umbria, è stata “immediatamente affrontata nonostante il ridotto arco temporale a disposizione, in un’ottica cautelativa e prudenziale, grazie ad un bilancio solido, e nella direzione di una concreta collaborazione con la Corte”.
Minoranza all’attacco
Una spiegazione che però non soddisfa le minoranze, che vanno all’attacco e chiedono le dimissioni dell’assessore Paola Agabiti a seguito di “un fatto gravissimo che non è mai successo
nella storia del regionalismo umbro”.
“La mancata parifica, ed il ‘goffo’ ritiro del disegno di legge relativo al rendiconto generale del Bilancio
regionale, dovuto ai gravi rilievi della Corte dei Conti, al di là del merito, certifica il fallimento del governo regionale, che si è dimostrato incapace e dannoso non solo sui temi della sanità e delle politiche
economiche ma anche della finanza pubblica”, scrivono in una nota congiunta i consiglieri del Partito democratico: Fabio Paparelli (portavoce minoranza), Michele Bettarelli, Tommaso Bori e Simona Meloni; Thomas De Luca (M5S) e Donatella Porzi e Vincenzo Bianconi (Gruppo Misto).
“Al di là della sostanza giuridica – scrivono i sette esponenti dell’opposizione – questo episodio rappresenta una macchia nera che segna questa legislatura ed è da considerare come l’ennesima dimostrazione di inadeguatezza della destra. Una destra – commentano – che sta smantellando
progressivamente i servizi e le prestazioni della sanità pubblica regionale, a partire dalle liste d’attesa”.
“Tale fattispecie – mettono in guardia – avrà anche conseguenze dirette in termini di limitazioni di bilancio che, tra le altre, andranno a precludere le assunzioni di personale, a porre limiti all’applicazione dell’avanzo e il divieto di riconoscere gli incentivi al personale sulle entrate. Questo fatto – concludono – attesta quindi il fallimento delle politiche di bilancio tali per cui la stessa Assessora regionale competente dovrebbe trarne le debite conseguenze”.
Presente alla Sala dei Notari di Perugia, dove la Corte dei conti ha ufficializzato la mancata parifica del bilancio, c’era anche il parlamentare umbro del Pd Walter Verini. Che accusa: “Siamo stati testimoni diretti dell’ennesimo episodio di inadeguatezza di questa Giunta Regionale. Il ritiro dell’atto di rendiconto, in seguito ai pesanti rilievi della Corte dei Conti, è stato solo una nuova conferma dell’approssimazione e della scarsa capacità di governo di questa destra, su temi che non sono soltanto contabili, ma riguardano la vita vera delle persone, a partire dalla difesa della salute e della sanità pubblica”.