Riceviamo e pubblichiamo da Sergio Gunnella – ACR-CONFAVI UMBRIA
Fu la ghigliottina a pareggiare i conti e Luigi XVI, in odore di rivoluzione, lo imparò a sue spese. Historia magistra vitae. Ma era il 1793. Messa in soffitta la macchina mozzateste francese, oggi i conti si pareggiano in occasione delle consultazione elettorali. E’ fatale.
In Umbria i cacciatori, nonostante tutto e tutti, rappresentano ancora qualcosa. Lo sa chi organizza feste & sagre mangerecce per gli appassionati del bosco, e lo sanno anche certi politici che vi partecipano, come il ns/ Assessore Morroni. Lui che non ha mai praticato la caccia in vita sua. Oddio, mangiare, mangiamo tutti. Anche coloro che non hanno mai sostenuto l’esame venatorio. Ma i cacciatori rappresentano voti e un po’ di sacrificio si può pur fare!
Semmai c’è da precisare che i veri festeggiati, i cacciatori, dopo essersi pagati profumatamente ogni cosa in Venaria, quando decidono di partecipare alle “loro feste” si pagano anche l’ oggetto del convivio: la cena. Perché il ns/ settore è bizzarro, non c’è che dire. Tanto bizzarro da innescare anomalie così perniciose da rendere impossibile per chiunque qualsiasi spiegazione.
Veniamo ai fatti. Nel palinsesto politico della regione Umbria, quanti sono i membri della giunta che praticano la Venaria? Non dimentichiamo che tutti i frequentatori dei chiacchieratoi dell’amministrazione regionale – nessuno escluso – partecipano attivamente e con poteri decisionali sugli indirizzi e sulle decisioni del caso. Perfino i consiglieri regionali. Ma cosa riusciranno a “consigliare” di caccia cacciata, i 20 che non si sono mai sognati di scendere in campo alla ricerca di lepri & fagiani?
Per non parlare dell’ufficio preposto, quello che gli appassionati paganti chiamano bonariamente “Assessorato caccia”, dove la caccia, a ben vedere, è posta sul gobbo dell’ assessore pro/tempore al 5° posto delle sue “Deleghe”.
Conclusione: saranno queste le sciagurate coincidenze che hanno affossato il palinsesto della Venaria umbra in una crisi esistenziale senza ritorno? Ritardi amministrativi di ogni genere, invenzioni lessicali, omissione e/o mancata applicazione dei criteri essenziali dettati dalle normative, occasioni di ricorso regalate a ogni Apertura ai nemici giurati della caccia, marchiane soluzioni che finiscono per inquietare i contribuenti lasciandoli basiti e impotenti su decisioni a dir poco demenziali se rapportate alla Venaria. I nostri cani, costretti a scovare il segnale dell’ app, piuttosto che la selvaggina agognata, la tortora (quella che il Calendario continua genericamente a chiamare “selvatica”, dimenticando che perfino Cicerone la conosceva come Streptopelia turtur). Tuttavia, alla faccia del ricorso presentato a loro tutela, a metà di settembre se ne vedono volare nei cieli dell’ Umbria, ancora tante. Ma forse le vedono solo quelli che le conoscono: i cacciatori!
E le quaglie? Anche loro, gabbiarole o selvatiche che siano, in Calendario non sono mai state chiamate col loro nome: Coturnix-coturnix. Ergo, entrambe le specie, oggetto di ricorsi pretestuosi, finiscono per far confusione sulla stessa migrazione suggerita loro da Madre/natura. E le Lepri, i Fagiani e le Starne delle ZRC? Da lustri hanno perso l’ intrinseco significato di “ripopolamento & Cattura”. Da lustri, selvatici & cacciatori volontari non ricordano neppure più il significato dell’ acronimo. Perfino la fauna migratrice è disorientata per la mancanza cronica di siti a essa congeniali, e il cinghiale, con la gabella pretesa se cacciato “a singolo”, si pavoneggia nei confronti dell’ altra selvaggina cacciabile e si sente più prezioso più che mai…Che confusione!
Urge rifondare in Umbria il concetto stesso di Venaria. E’ arrivata l’ ora di moderare la politica partitica a favore di una Politica Venatoria troppo spesso dimenticata. Perché solo chi ha la licenza di caccia in tasca può capire a tutto tondo i cacciatori. L’ ho scritto all’ inizio: c’ era una volta un re…che oggi, viva diana!, non c’ è più.
Sergio Gunnella – ACR-CONFAVI UMBRIA