Una città di frontiera, che nei secoli ha visto la confluenza delle culture austriaca, slava e ungherese. Ma anche di quella italiana: a partire dalla fondazione in epoca romana, passando per il Medioevo e poi soprattutto nel primo dopoguerra con l’impresa dannunziana. Fiume è la città che lega i tre ospiti del caffè letterario dell’Isola del Libro di sabato 24 giugno: il docente, filosofo e storico Giovanni Stelli, l’ambasciatore croato a Roma Damir Grubisa e lo scrittore Diego Zandel. I primi due nati a Fiume, l’ultimo di famiglia fiumana. La questione del recupero dell’identità italiana nella città istriana è stata al centro dell’incontro della manifestazione, accolta questa volta dall’hotel Kursaal di Passignano sul Trasimeno, con la presentazione del volume “Storia di Fiume” del professor Stelli, coordinata dal manager Franco Papetti, anche lui nato a Fiume.
Giovanni Stelli è nato nella città istriana da una famiglia in cui convivevano tradizioni autonomiste e irredentiste. Esule nel 1946, è autore di saggi filosofici e studi storici, molti dei quali dedicati alla questione adriatica. Il libro, edito da Biblioteca dell’immagine, è il frutto di una vita di studi sul tema ed è suddiviso in venti capitoli, di cui il primo dedicato all’antenata di Fiume, Tarsatica, e l’ultimo al ritorno culturale degli esuli in città, al ricongiungimento di esuli e rimasti e ai rapporti con l’attuale maggioranza croata.
A Fiume (in croato Rijeka), città croata di 170mila abitanti e secondo porto dopo Spalato, vive ancora una minoranza italiana di circa 5000 persone che parlano ancora la nostra lingua.
Nota per la storia italiana soprattutto dalla prima guerra mondiale in poi – quando Gabriele D’Annunzio la occupò in nome del regno d’Italia – Fiume, dopo una parentesi di autonomia, fu occupata dall’esercito di Tito nel 1945 e fu ceduta alla Jugoslavia. Da quel momento iniziò l’esodo degli italiani che cominciarono a rientrare nello stivale. Nella città, oggi di lingua quasi unicamente croata, rimase solo una minima parte della sua popolazione italiana. Ma un ritorno culturale e intellettuale della cultura del Belpaese a Fiume, dopo 70 anni, è un tema ancora molto sentito.
«Finita l’identificazione italiano-fascista, dal 2004 siamo stati riconosciuti dallo Stato italiano, con l’istituzione del ‘giorno del ricordo’ per il dramma delle foibe e dell’esodo – ha detto il professor Stelli, presidente della Società di studi fiumani, con sede a Roma – il sindaco di Fiume ci ha ricevuto e parlando della candidatura della città a capitale europea della cultura per il 2020, ci ha invitato ad esserne partner perché l’evento possa riuscire nel miglior modo possibile». Nonostante la profonda modifica della fisionomia linguistica ed etnica della città di Fiume, «in Italia abbiamo cercato di costruire e mantenere la memoria storica e a partire dal 1999 abbiamo trovato un interlocutore nella municipalità croata, con la missione di ricostruire insieme una storia condivisa». Un ritorno che, per i fiumani italiani, riguarda i simboli, la toponomastica, la fisionomia multiculturale della città. «Oggi è una città monolingue, croata – ha continuato Stelli – ma la candidatura a capitale europea della cultura acquista valore se si continua in quest’opera di recupero».
Profugo dalla Croazia all’Italia è stato anche l’ambasciatore Grubisa. «Nel 1949 mio padre è finito in carcere e siamo fuggiti a Vicenza – ha raccontato – poi ha deciso di tornare, ma se non lo avesse fatto oggi magari avrei fatto l’ambasciatore italiano in Croazia. In Italia ho incontrato la Società di studi fiumana e ho portato il messaggio di una nuova Fiume, che vuole costruire un presente non sul rigetto del proprio passato ma sugli stimoli alla convivenza e alla multiculturalità, al vivere in comune proprio di una città che è sempre stata crogiolo di lingue e culture». Intanto, ha spiegato l’ambasciatore, «quest’anno in Croazia si svolgerà il Festival della cultura italiana. L’anno prossimo è previsto lo scambio di ruoli, con il festival della cultura croata in Italia».