Ha atteso settimane di dibattiti, proposte, battute. Ora il sindaco Andrea Romizi interviene sulla questione del fascio littorio, dipinto insieme al grifo all’interno del Mercato Coperto edificato in epoca fascista, riemerso durante i lavori di restauro.
Non ci sta, Romizi, all’immagine del sindaco “prigioniero di un manipolo di reazionari nostalgici, prevaricatore sovvertitori dell’ordine democratico“.
E smentisce ricostruzioni secondo cui a volere quel recupero sia stata una parte politica, “piuttosto che a quell’assessore (Varasano, ndr), che, tra l’altro, neanche era assessore al momento dei fatti“.
E a proposito del dibattito politico sulla vicenda del fascio, il sindaco scrive: “Vero, in Italia c’è una destra che deve ancora fare i conti con il ventennio e sono il primo a dolermene. Ma è altrettanto vero – aggiunge – che c’è una sinistra che continua a coltivare l’assurda e pericolosa pretesa di essere essa l’esclusiva depositaria dei valori democratici e dei principi costituzionali. C’è una sinistra che coltiva presunzioni assolute e guarda l’altro con circospezione e sospetto“.
Romizi non ci sta, soprattutto quando ad essere bollati come fascisti sono lui e la sua famiglia. “Questi – afferma – sono i miei simboli: la Repubblica e la Costituzione”.
E sulla sua famiglia scrive: “Ricordo come fosse ieri che, alcuni anni fa, in occasione della giornata della memoria, un tale scrisse sui social che ero nipote di un fascista. È bene allora sapere che la nonna Luciana e il nonno Renato, per molti mesi e fino allo sbarco di Anzio, nascosero in casa Giorgio, Eva e la loro bambina Marina, una giovane famiglia ebrea. Come scrisse in quell’occasione mio fratello Francesco, comprensibilmente indignato, “𝑖 𝑛𝑜𝑛𝑛𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑒𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑓𝑎𝑠𝑐𝑖𝑠𝑡𝑖, 𝑛𝑜𝑛 𝑒𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑛𝑒𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑢𝑛𝑖𝑠𝑡𝑖, 𝑒𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑈𝑚𝑎𝑛𝑖”.
Sul recupero del Mercato Coperto di Perugia, Romizi parla di scelta tecnica della Soprintendenza: “Di certo non c’è stata nessuna regia politica, nemmeno occulta”.
“Si è valutato – prosegue il sindaco – di ripristinare i segni del ventennio, tipici di un’opera realizzata nel 1932, semplicemente come testimonianza storica. Averli riportati alla luce non intacca in alcun modo l’adesione ai principi della nostra Carta costituzionale, al valore indiscusso della libertà, al ripudio della dittatura, della violenza e del razzismo”.
Romizinon chiude però al dibattito politico ed alla discussione su alcune delle proposte emerse in queste settimane: “Per quanto la scelta non sia stata politica, nulla osta alla possibilità, alla necessità di un dibattito”.
“Non ritengo però accettabili speculazioni di parte”, aggiunge. Ricordando che la Soprintendenza fa capo al ministro Franceschini, esponente Pd. Scelta, quella della Soprintendenza perugina – evidenza il sindaco – coerenti con quelle fatte in altre parti d’Italia, dove i fasci sono stati mantenuti per il valore artistico o, come per il fascio di Perugia, in quanto elemento di memoria storica.
Romizi, personalmente, concorda con la proposta del prof. Alberto Grohmann: “Alla base dei due fregi si potrebbe applicare un pannello con l’indicazione e la spiegazione storica che ponga in luce perché quella decorazione fu posta in un edificio pubblico del 1932. E, in un luogo così evocativo, quella spiegazione dovrebbe raccontare ciò che ha significato anche nella nostra città il fascismo, con il suo portato di privazioni, persecuzioni e dolore“.
Quanto a chi propone di boicottare l’ingresso al Mercato Coperto, Romizi replica: “Io, portando i miei bimbi al mercato spiegherò loro in quale epoca è stato costruito il mercato, in quale Italia e sotto quale dittatura, pregandoli di non dimenticare quella pagina sofferta ed il tanto sangue versato per riconquistare una libertà che non dobbiamo mai dare per scontata“.
“Perché la storia non si cancella – conclude Romizi – si studia e si affronta. La memoria è il nostro patrimonio più grande. Ed è nella memoria che si compie ogni processo storico“.