Una questione economica. Si risparmiava. Ecco perchè in un territorio già stracolmo di ceneri risultanti dalla combustione della lignite delle locale centrale Enel di Pietrafitta ad un certo punto arrivarono anche quelle della centrale di La Spezia. E sempre economica è la ragione per cui quelle stesse ceneri vennero utilizzate come basi per le strade, per riempire depressioni e per realizzare aree edificabili. Tutta la trafila storica e pratica di come andarono le vicende di cui oggi si torna a parlare dopo oltre trent’anni ce la racconta il titolare dell’azienda di trasporti che iniziò la sua attività proprio per il trasporto delle ceneri della centrale costruita nel 1958. In una prima fase si occupò con i suoi camion solo di trasportare le ceneri dal bunker di raccolta ai terreni che all’epoca erano di proprietà dell’Enel (ed oggi di Valnestore Sviluppo), poi, in una seconda fase lo stesso trasportatore ottenne dalla Regione la regolare autorizzazione per fare di un suo terreno privato una discarica di ceneri e si aggiudicò così la gara di Enel non più solo per il trasporto ma anche per lo smaltimento delle ceneri.
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Poi le cose cambiarono, le ceneri locali finirono e il privato si ritrovò con una discarica autorizzata riempita appena per la metà, così verso il 1984-1985 accadde qualcosa: «Ad un certo momento Enel – racconta il titolare – non aveva più discariche e noi partecipammo alla gara e la vincemmo avevamo una discarica da 150 mila metri cubi e ne avevamo riempita circa la metà e così Enel che si era trovata in difficoltà a La spezia, perché non aveva discariche per lo smaltimento e perché altrove gli venivano chieste 50 mila lire più trasporto a metro cubo, mentre noi con 27 mila lire facevamo tutto, avrà informato la direzione nazionale e gli avranno detto “guardate che c’è un posto per metterla in Umbria a prezzi bassi”».
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In Umbria costava meno. Ecco cosa accadde. Ma le ceneri non finirono solo in discarica. «Le ceneri sono diventate utilizzate senza che nessuno ce lo dicesse – in pratica si trattò di un’intuizione – quando abbiamo visto che erano stabili sotto il peso dei camion e abbiamo fatto la prima strada ci siamo accorti che era un materiale eccezionale. Da quello è venuto fuori l’utilizzo. Era un materiale a basso costo e ottimo come rilevato – continua – Lo stadio di Tavernelle c’ha un rilevato che è tutto cenere è fatto con le ceneri parte di La Spezia e parte di Pietrafitta. Le abbiamo messe sotto le strade, nelle zone industriali, c’abbiamo fatto tante cose in tutta Perugia e se avessi avuto il minimo dubbio sulla possibile pericolosità dell’attività che svolgevamo non solo non l’avrei fatto. Ma l’avrei detto. La cenere è assolutamente innocua. Ma adesso non so se se ne potrebbe fare ancora lo stesso utilizzo». E ai Comuni per fare queste opere venivano praticamente regalate.
Una mappa e un pozzetto. Ma oggi tra le carte che compongono l’esposto che un cittadino ha presentato ai Comuni di Panicale e Piegaro c’è una piantina che traccia tutti i punti dove le ceneri sarebbero state usate per ricoprire anche i rifiuti solidi urbani. Si tratta di almeno due macro aree nella zona non lontana dalla centrale. Se così fosse e le tesi fossero confermate c’è da capire chi autorizzò ed in base a quali normative la miscelazione dei rifiuti solidi urbani ai rifiuti speciali, così come oggi sono classificate le ceneri di risulta. E sopratutto va spiegato per quale ragione non esiste segnalazione nell’area del fatto che quei terreni nel passato sarebbero stati utilizzati come discariche di immondizia. “I rifiuti c’erano – ci viene detto da un cittadino molto informato – cominciavano a diventare tanti e bisognava coprirli, il discorso era semplice, li mettevano lì. Era il periodo prima dell’80 quando ancora non esistevano Gesenu e Tsa. Scaricarono lì sia i comuni di Panicale che di Piegaro. Per coprirli con la cenere venivano usati i mezzi di un privato che erano lì. Semplicemente i camion arrivavano, scaricavano e poi un operaio saliva sulla ruspa e spostava la cenere gettandocela sopra”.
E i rifiuti intanto affiorano anche tra l’erba e c’è un pozzetto a poche decine di metri da un laghetto artificiale, una struttura in cemento alta circa in metro ed oggi piena d’acqua e ci raccontano, “qui sotto a circa venti metri ci sono i rifiuti solidi urbani. Il pozzetto è stato realizzato per consentire uno sfiato. Ho visto metterli con i miei occhi. C’è l’immondizia qui sotto”. Ceneri, rifiuti, inquinamento ambientale: tanti elementi, tutti circostanziati che arrivano a comporre un quadro che merita di essere indagato. Forse è tempo che si tracci un confine certo tra quello che in questa valle viene detto e raccontato da oltre vent’anni e la verità.