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Inchiesta Cisam, Gip dispone rinvio a giudizio / Le difese annunciano battaglia

Il presidente del Cisam, il professore Enrico Menestò è stato rinviato a giudizio dal Gip di Spoleto che ha accolto le accuse che la Procura della repubblica gli aveva mosso a seguito dell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Federica Albano. A far avviare le indagini era stata la querela presentata da una dipendente del Centro Italiano per gli Studi sull’Alto Medioevo, che aveva accusato Menestò non solo di averla ingiuriata ma anche di essersi appropriato indebitamente di due quadri, di aver ottenuto rimborsi chilometrici che non gli spettavano e di aver utilizzato in modo non del tutto trasparente il denaro della Fondazione, speso, stando al quadro accusatorio, per favorire una consulenza alla società amministrata dalla moglie, anche lei rinviata oggi a giudizio. La decisione del Gip Federica Fortunati è arrivata dopo un paio di ore di camera di consiglio. Per l’accusa era presente il pm di Perugia Massimo Casucci. Il processo inizierà il prossimo 20 marzo dinnanzi al giudice monocratico Delia Anibaldi.

Sono sorpreso della decisione” ha commentato l’avvocato Franco Libori che assiste la signora Menestò “perchè già nel corso delle indagini e di fronte al Gip abbiamo dimostrato che l’attività dell’azienda della mia assistita era perfettamente lecita, il lavoro è stato svolto come richiesto dal Cisam e il corrispettivo (ca. 18mila euro, n.d.r.) è stato valutato congruo dal Cda. Confidavamo nel proscioglimento perché la stessa indagata ha dimostrato ampiamente la propria innocenza“. “Eravamo e restiamo sereni – dice l’avvocato Flavio Garassini, difensore del professore – avevamo anticipato le prove dell’estraneità del mio assistito già in questa fase; il processo saprà darci ragione“.

Nel novembre 2013 Menestò (al centro della foto) aveva fornito la propria versione dei fatti nel corso di una conferenza stampa  alla quale, in segno di solidarietà, erano intervenuti eminenti studiosi quali Letizia Pani Ermini e Tullio Gregory, rispettivamente vicepresidente e membro del CdA del Cisam. L’Accademico dei Lincei aveva sottolineato come il Cisam, in qualità di soggetto privato, non incorresse nell’obbligo di predisporre procedure di evidenza pubblica per scegliere a chi affidare consulenze, mentre, per quanto riguarda l’ipotesi di appropriazione indebita, mostrò ai giornalisti presenti la ricevuta che attestava la presa in custodia dei quadri per operazioni di restauro. “Mi servivano per un servizio fotografico, con la clausola che avrei dovuto riconsegnarli al comune in caso mi fosse stato richiesto. Esattamente ciò che è avvenuto”.

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