di Leonardo Perini
Allora non eravamo matti, noi di Tuttoggi.info, ad interessarci alle cronache che da diciannove mesi ruotano intorno alla figura del presidentissimo Giovannino Antonini, dominus incontrastato della PopSpoleto, stando almeno alle ipotesi di reato contestate dalla Procura a lui e ad altre 15 persone. E non erano matti neanche quegli altri tre “sfigati” di Simone Filippetti (Sole24Ore), Andrea Montanari (Mercati Finanziari) e Massimo Sbardella (Il Giornale dell’Umbria), le uniche voci, insieme alla nostra, fuori dal coro e dall’assordante silenzio in cui media, politica, sindacati e istituzioni hanno cercato di tenere fin qui blindata la vicenda.
Ovviamente per noi, vale ribadirlo, lo scandalo era nel contenuto di quella famosa Relazione di Bankitalia e nei comportamenti tenuti dalla pletora di amministratori, revisori dei conti, dirigenti e funzionari entrati a far parte del ‘sistema’, di quella piramide grazie alla quale potevano vantarsi con amici e parenti di avere una qualche posizione di influenza in città, provincia e regione. Butta via, sempre meglio forse che fare il cassiere allo sportello, o redigere il 730 agli extracomunitari.
Dunque i comportamenti, non le ipotesi di reato: a queste ci sta pensando, da più di un anno, la magistratura e, dalla scorsa settimana, anche un poderoso nucleo di sei ispettori della Vigilanza (secondo voci non confermate sarebbero invece 8), costretti a tornare nella città del festival ed entrare, per la prima volta nella storia centenaria dell’istituto, anche negli uffici della holding.
Forse palazzo Koch, dopo la scure del defenestramento, sperava di aver liberato Bps da quella presenza “pervasiva, dominante e poco trasparente”, come aveva ribattezzato Antonini al termine dell’ispezione del 2010. Una speranza che non deve esser stata scalfita neanche quando, uscito dalla porta e puntata la finestra della holding, il padre-padrone organizzò un blitz con i fedelissimi che gli consentì di impossessarsi della poltrona più prestigiosa, quella appunto della controllante Spoleto Credito e Servizi.
E deve aver incrociato le dita anche di fronte alla incessante apertura di nuove filiali destinate di sicuro ad aumentare le ‘attività’ a rischio probabilmente della redditività. Stessa speranza deve averla avuta la Consob, anche questa interessata da tempo dalle vicende di Bps-Scs e pare anche da qualche esposto.
Proprio vero, chi visse sperando morì non si può dire, dice il detto nella versione più garbata e profumata.
E’ per questo che l’ispezione in corso potrebbe avere ripercussioni pesanti, tanto da spingere in queste ore amministratori e funzionari a temere, per loro stessa ammissione, lo spettro del commissariamento. Potrebbe anche non essere una sorpresa, a rileggere le carte. Perché Bankit aveva chiesto due cose semplici: “un significativo ricambio nella composizione dell'organo amministrativo, a partire dai componenti di vertice dello stesso”, che in italiano non vuol dire solo il vertice, e maggiori controlli interni così da frenare eventuali operazioni poco trasparenti. Parole al vento.
Uscito il vertice (Antonini e Bellingacci), tutti gli altri vennero riconfermati nonostante Bankitalia avesse in qualche maniera indicato, attraverso la comminazione di multe differenti negli importi, chi aveva meno responsabilità: come nel caso dei consiglieri Raggi, Logi e Di Bello, dell’intero collegio sindacale e dell’ex dg Pallini ai quali furono inflitte multe di 3mila euro ciascuno; agli altri 9 membri del Cda sanzioni per 10.000 euro ciascuno (12mila a Bellingacci, 18mila ad Antonini).
Come sembrano finite al vento anche le rassicurazioni con cui Bps aveva cercato di tranquillizzare palazzo Koch in merito alla attivazione di controlli più estesi, rigidi e capillari, se la Procura di Spoleto riuscirà a dimostrare le ipotesi di appropriazione indebita contestate ai 16 indagati su almeno cinque pratiche creditizie avviate nei primi cinque mesi di quest’anno.
Quale decisione prenderà la Vigilanza lo sapremo solo nei prossimi mesi visto che la governance Bps (nell'inchiesta giudiziaria, vale ricordarlo, l'istituto figura quale parte offesa) parla di una ispezione “lunga almeno 4 mesi”. I riflettori sono dunque destinati a smorzarsi per un pò di tempo; anche sotto il profilo giudiziario, in attesa delle contromosse dei legali delle persone sottoposte ad indagine e dell'eventuale processo.
Più interessante, sotto l’aspetto sociale, l’imponente operazione ‘amnesia’ che era stata avviata a Spoleto e in Umbria dalla schiera di vippette e vipponi, giornalisti e giornalai, politici e politicanti, e chi più ne ha, più ne metta, pronti a sguainare spade, ventagli, articoli, carte bollate, uccelli e tette pur di difendere il ‘sistema’ di cui Antonini sarà pure la punta dell’iceberg, ma non il solo ad aver potuto attuare tutto quello che viene contestato dagli inquirenti.
Una difesa, neanche a dirlo, sempre in nome dell’autonomia della banca, il ritornello ripetuto in modo talmente ossessivo da far arrossire le camicie verdi di Bossi, da farti sentire autorizzato a trucidare la prima vecchietta il cui chihuahua vorrebbe fare il bisognino all’angolo di uno sportello Bps.
E deve essere in nome dell’autonomia che la maggior parte dei media (tv, cartacei e on line), sempre pronti a copiare le news senza citare la fonte, ha fatto finta di non vedere la Relazione di Bankit o il video dell’assemblea dello scandalo dello scorso 17 dicembre, entrambi pubblicati da TO®.
In questi giorni poi c’è chi ha cominciato a sparare bordate di fango anche sulla Procura, chi si è spremuto le meningi in iperboli giuridico-letterarie pur di dimostrare che l’accusa degli inquirenti non regge. Ci manca solo di veder pubblicati di che colore sono i pedalini del Procuratore o apprendere che il Sostituto si è tinta i capelli color rosso bocassini e lo scenario sarebbe lo stesso di quelle vicende meneghine che devono aver fatto scuola fra i furbetti di mezza Italia.
Per fortuna una presa di distanza – era ora – è arrivata venerdì scorso dal consiglio comunale spoletino con l’eccezione dei consiglieri del pidielle, Partito che vede proprio in Antonini uno dei maggiori sponsor umbri, e del Terzo Polo, che l’altro pomeriggio, sugli scranni dorati, sembravano somigliare alle 3 scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano. Sia mai prendere una posizione! C’è da comprenderli. Secondo i politologi umbri, infatti, l’eventuale crollo del potere del centrodestra locale porterà nel giro di poco tempo a vedere le macerie anche del centrosinistra, per colpa di quello scellerato ‘patto’ non scritto che vuole il potere economico-finanziario da una riva del fiume, e quello politico dalla parte opposta. In equilibrio precario; il primo dei due che cade, trascinerà con se l’altro.
Che sia la volta buona, al di là di come finirà l’inchiesta, per riportare tutti a svolgere i propri ruoli senza più compromessi, voti di scambio e prebende varie?
Su chi non si è allineato a questo ‘sistema’ come Tuttoggi.info – in virtù di quel patto stretto 5 anni fa con i lettori per un giornale autonomo, libero da lacci e laccetti e che se deve dar notizia di un commerciante che si ammazza per pochi migliaia di euro non può poi far finta di niente di fronte a un vorticoso e poco chiaro giro di soldi – è spirato, e spira tutt’oggi, un vento melmoso. Iniziato diciannove mesi fa con mail minacciose di illustri avvocati e continuato nel tempo con telegrammi di egual stampo, calunnie, probabili denunce presentate con l’unico fine di fiaccarti per le spese legali, pugili irascibili pronti a staccarti la testa, aziende che preferiscono non far comparire più il loro nome su queste colonne, tentativi di subornazione di testimoni, giornalisti e giornalai a far da cassa di risonanza alle calunnie e diversi altri avvertimenti, più o meno sempre teneroni. Da toccarci il cuore.
Il più recente, di pochi giorni fa, fattoci recapitare da parte di uno dei 16 indagati che, a detta del latore, si dice “preoccupato non per l’inchiesta giudiziaria (sigh!, n.d.a.), quanto per certi suoi parenti cui prudono le mani di farla pagare a ‘quello’ di Tuttoggi”.
Va da sé che, rendendosi consigliabile per la salute evitare di prendersela con il direttore editoriale, la scelta deve per forza di cose ricadere, con evidente maggior coraggio, sul nostro fuori forma e misura (per sua stessa ammissione) direttore responsabile, Carlo Ceraso.
Di fronte all’annuncio di un così poderoso dispendio di energie, legali e fisiche, c’è quasi da prendere con il sorriso sulle labbra le accuse di esser stati fautori del “tutto” e delle conseguenze che eventualmente ne deriveranno. Come se la Procura e Bankitalia non avessero niente di meglio da fare che leggere i resoconti di qualche giornalista ‘sfigato’.
Non è tutto ed è giunto il momento di informarne anche i lettori: fra gli altri ‘avvisi’, più o meno cortesi, abbiamo ricevuto anche quello di una audizione da parte della potente Consob che, nel mare magnum del ‘caso Spoleto’, ha trovato indispensabile e urgente interrogare, il 13 giugno scorso a Roma, un paio di cronisti, neanche a dirlo Ceraso e Massimo Sbardella del Gdu, in merito ad una notizia riportata sulle colonne dei rispettivi giornali. Sicuramente un atto dovuto, probabilmente un’audizione scaturita da un esposto. Secondo voi presentato da chi? Noi, e non ci difetta la fantasia, non riusciamo proprio ad immaginarlo.
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